Programmazione Pastorale 2016-2017

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Programmazione pastorale 2016/2017.

Una donna lo ospitò (Lc 10,38)

 38Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. 39Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. 40Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». 41Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, 42ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

– Una crepa si è aperta sul muro della nostra chiesa parrocchiale. La casa del Signore tra le nostre case desta preoccupazione perché pare insicura e da soli non possiamo metterla a posto. Bisogna chiamare qualcuno che se ne intenda, collaborare con qualcuno che abbia gli strumenti giusti per sistemarla.

– Una crepa si è aperta sul muro della nostra chiesa parrocchiale. La casa del Signore tra le nostre case scricchiola. I tecnici dicono che è una questione di fondamenta. Bisogna scavare, vedere che cosa c’è e che cosa non c’è, trovare un livello fermo del terreno, individuare e rimuovere o bloccare ciò che rende debole il terreno. Bisogna rimettere un fondamento solido.

– Una crepa si è aperta sul muro della nostra chiesa parrocchiale. La casa del Signore tra le nostre case, su in alto, lascia intravvedere il cielo. Se ci si mette nella posizione giusta, proprio dalla porta, o presso il battistero, o di fianco all’altare, lo sguardo può andare oltre il muro, e sembra quasi che il cielo inviti ad andare fuori. Pare che la chiesa di mattoni non possa rimanere chiusa, sbarrata. Deve aprirsi per fare entrare la luce  per farla uscire.

Anche la casa di Marta, Maria e Lazzaro è stata la casa del Signore, tra le case di Betania. Gli amici di Gesù lo hanno ospitato volentieri nella loro casa, come vogliamo fare noi. E il Signore viene volentieri in casa nostra e tra le nostre case. La chiesa parrocchiale è il segno visibile, nel quartiere, del Suo desiderio di essere Presente e del nostro desiderio di accoglierlo in profondità. È la Presenza del Figlio di Dio, morto e risorto per noi, che continua a camminare nella storia, nella storia della nostra comunità parrocchiale, nella storia della gente tra cui siamo posti come lievito.

Un ospite che rassicura. Il Signore risorto, che è nostro ospite, ci ripete che non dobbiamo temere: ci aiuta Lui ad affrontare l’arduo cammino della nostra vita personale e comunitaria. Ha gli strumenti per farlo. Solo Lui è capace di rassicurarci. Solo Lui se ne intende di vita, di amore, di maturità. Solo Lui è sapiente e ci comunica il suo Spirito, che è lo Spirito sapiente del Padre. Spesso fatichiamo ad accogliere questa presenza vivace. C’è qualcosa infatti che porta via le nostre sicurezze. Sono le preoccupazioni e i nostri affanni della vita personale, famigliare, comunitaria, sociale. Viviamo un tempo preoccupante. Non siamo semplicemente in un’epoca di cambiamenti, ma in un cambiamento d’epoca, ci ha ricordato Papa Francesco nel Convegno ecclesiale di Firenze (2015). Siamo nel bel mezzo della frammentazione di un sistema di valori condivisi, del rimescolamento nella composizione della nostra società, che diventa sempre più multietnica e multiculturale, preludio di una nuova civiltà di cui nessuno ancora conosce i contorni. Siamo nel bel mezzo anche di una difficile riforma della Chiesa per renderla più adatta ad annunciare la Gioia del Vangelo, pur in un indebolimento delle strutture ecclesiali. La crisi economica è il segno di una crisi più profonda, che tocca la visione intima della persona umana, segnata da forme di immaturità e da difficoltà nelle relazioni. La crisi culturale genera disorientamento, e genera preoccupazione il sospetto di essere in una democrazia sempre più debole, che allontana dalle forme di partecipazione e dalla fiducia nelle istituzioni. Siamo preoccupati e affannati anche per la comunità che vive nel nostro quartiere: per le famiglie in difficoltà economica e spirituale, per i giovani che non hanno punti di riferimento, per le tante persone anziane che vivono la solitudine, per la sfida della integrazione con i tanti immigrati, per il triste e quasi nascosto spettacolo di chi vende morte e di chi costringe altri a svendere il proprio corpo.

Avendo come ospite il Signore, però, questo tempo difficile diventa entusiasmante, perché Lui ci coinvolge nella espansione del Suo regno. Oggi.

Un ospite che parla. Il Signore risorto, che è nostro ospite, si ripropone come il fondamento della nostra vita, e come tale vogliamo accoglierlo, mentre cammina con noi, con le sue esigenze altissime. «Senza di me – dice – non potete fare nulla» (Gv 15,5). Chi sceglie di essere suo discepolo (e noi vogliamo esserlo) è come uno che costruisce la sua casa sulla roccia (cf. Mt 7,24). E più precisamente il Signore spiega che questo avviene per «chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica». Proprio come Maria a Betania. «Seduta ai piedi di Gesù, ascoltava la sua Parola» (Lc 10,39). Questa è la «parte migliore». La Parola, contenuta nella Scrittura e nella Tradizione della Chiesa, è il fondamento di tutto, perché ci comunica i pensieri e i sentimenti di Dio. È ascoltando la Parola che ci si assimila a Gesù. È ascoltando la Parola che si è illuminati su ciò che è vero, buono e giusto. È ascoltando la Parola che si può leggere la storia con gli occhi di Dio. Solo ascoltando la Parola ha senso dire, con l’intelligenza della Madre di Dio, «sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra» (Mt 6,10). Rischiamo, infatti, di vivere senza fondamento. La vita personale e famigliare, lo sport e gli hobbies, l’impegno professionale e civile, e persino l’impegno ecclesiale: tutto può essere superficiale, vissuto con motivazioni di sabbia, anzichè di solida roccia. Rischiamo di vivere illusoriamente per il potere, il successo o il denaro, appiattiti sulle mode del momento.  Rischiamo di vivere sull’onda di facili entusiasmi o tirando la carretta semplicemente perché non si può far altro.

Un ospite che invita ad uscire e servire. Il Signore risorto, che è nostro ospite, ci invita a guardare fuori, stando però con i piedi per terra. Sul fondamento della comunione con la Trinità che ci ha battezzato (cioè tuffato nel suo amore) e della comunione che si realizza nutrendoci allo stesso altare, noi siamo scrutatori e portatori della luce dell’amore di Dio. Essa, che penetra pur dai più piccoli pertugi che si aprono nella nostra anima quando ascoltiamo la Parola e celebriamo i Sacramenti, vuole essere condivisa. Vuole entrare e vuole uscire. Entrare in noi quando siamo in chiesa, uscire con noi e da noi quando siamo fuori, cioè dentro alla nostra vita quotidiana. La luce che è Gesù, nostro ospite, è capace di spaccare i muri dei nostri egoismi e delle nostre paure e pigrizie. E anche le chiusure della nostra comunità. Soprattutto vuole uscire verso i poveri. Riscaldarli e illuminarli e consolarli. E poveri siamo tutti, invitati dal nostro ospite ad alzare lo sguardo, a superare ogni ripiegamento su noi stessi. Come ha fatto con Marta a Betania, Gesù ci libera per vivere il servizio ai poveri con fervore e autenticità.

Un anno a Scuola di preghiera

La casa di Betania è una scuola di preghiera e di servizio. Ci sentiamo chiamati a stare ai piedi di Gesù, e vogliamo investire forze ed energie in questo. Sappiamo che ascoltare Gesù è molto difficile, a causa della confusione, della mancanza di tempo, della superficialità, della paura di andare in profondità. Forse anche perché non sappiamo bene come fare. Forse perché non sappiamo ancora bene che cosa è la preghiera. E perciò dobbiamo sempre e di nuovo imparare a pregare.

La preghiera cristiana ha il suo fondamento in Gesù Cristo. È entrare nel dialogo tra Gesù e il Padre, con la luce e la forza dello Spirito. Il Figlio di Dio incarnato ha portato dentro alla storia questo dialogo d’amore infinito, e desidera ardentemente introdurci in esso. Gli apostoli si ne erano accorti del misterioso ed affascinante incontro tra Gesù e il Padre, magari sbirciandolo solo da lontano. I vangeli testimoniano l’esperienza di preghiera del Signore: mostrano che si tratta sempre di una preghiera filiale. In Gesù la preghiera è espressione della verità della sua persona e del suo rapporto con il Padre. Gesù lo benedice, lo ringrazia, obbedisce a lui, lo sente sempre vicino, specie nel momento terribile della passione e della morte.

È nella Liturgia che noi, membra del Corpo di Cristo, siamo associati sacramentalmente (cioè in modo vivo ed efficace) al nostro Capo. La Messa e le celebrazioni dei Sacramenti sono l’insostituibile evento dell’incontro tra noi e la Trinità. Perché sono azioni di Gesù Cristo e dello Spirito per attirarci al Padre. È nella Liturgia che noi ascoltiamo veramente la Parola di Dio e siamo toccati, anche fisicamente, dalla sua Grazia. È nella Liturgia che noi diventiamo contemporanei della Pasqua di Gesù, della sua morte e risurrezione per noi. È nella Liturgia che noi siamo mirabilmente associati alla comunione degli angeli e dei santi.

È nella Liturgia, nelle sue parole, nei suoi gesti, nei suoi simboli, che impariamo a pregare. Bisogna dunque mettersi bene in testa questo: tutte le altre forme di preghiera personale e comunitaria derivano dalla Liturgia e preparano ad essa. La ricca esperienza della Chiesa ci consegna i tanti modi di pregare che lo Spirito ha suscitato nella storia. Quali sono i nostri, quali quelli che ci aiutano di più? Come facciamo a stare nella comunione intima con il Signore e contemporaneamente immersi nelle faccende di ogni giorno? Come essere ‘monaci nella città’? Si tratta di cercare, sperimentare, scoprire e acquisire pratiche e stili di preghiera quotidiana per singoli, coppie, famiglie e comunità, sfruttando il patrimonio di chi ci ha preceduto e anche cogliendo le novità che lo Spirito suscita.

– Continueremo a curare la liturgia con grande attenzione, riscoprendo in modo particolare il senso e la bellezza di ogni parte della Celebrazione Eucaristica e la necessità di prepararsi bene ad ogni Messa.

– Nello spazio della Adorazione Eucaristica settimanale (il martedì dalle 17 alle 22.30), studieremo e sperimenteremo le principali forme della preghiera cristiana: la lectio divina e i suoi metodi, la Liturgia delle ore, l’esame di coscienza e il discernimento degli spiriti, alcune forme della pietà popolare, l’adorazione e la preghiera del cuore…

– Nei vari gruppi di formazione e di servizio cercheremo di vivere una attenzione particolare alla preghiera.

– Personalmente, ci impegniamo tutti a cercare i tempi e gli spazi per il dialogo con la Trinità.

– In chiesa ci sarà la possibilità di pregare ogni mattina con la Liturgia delle Ore e ogni pomeriggio con il S. Rosario, i Vespri e la S. Messa.

– Gli Esercizi spirituali annuali saranno preziosa occasione di crescita nella preghiera

– Terremo viva la devozione mariana, con il Rosario quotidiano e la cura del mese mariano di maggio.

Formazione profetica

La parrocchia offre percorsi di formazione adatti ad ogni età, perché ognuno possa trovare pane per i suoi denti nel proprio personale cammino di conformazione a Gesù Cristo, nostra via, verità e vita (cf. Gv 14,6). Fondati sull’ascolto della Parola nella preghiera, sentiamo l’esigenza di una più allargata formazione delle nostre persone: per conoscere meglio i misteri della fede, per acquisire uno sguardo più sapiente sulla realtà in cui viviamo, per affrontare da cristiani le sfide del nostro tempo ed essere intelligente fermento culturale.

Non siamo nostalgici di una perfetta e fantomatica società cristiana, né tantomeno possiamo fuggire dal mondo per vivere la fede in modo privatistico. Piuttosto, ci formiamo perché ci sentiamo chiamati ad essere profeti in questo mondo amato dal Signore. E per il battesimo, tutti siamo profeti! È urgente dunque riprendere coscienza della natura profetica della chiesa. Il profetismo nel tempo della chiesa, non è più un’esperienza individuale, isolata, ma un fenomeno collettivo, condiviso da tutti quelli che camminano sulle tracce di Gesù e si lasciano guidare dal soffio del suo Spirito. A partire dalla lettura sapiente del presente, possiamo individuare quale parola e quale azione siano urgenti. Essere profeti oggi può voler dire avere la libertà di essere un’istanza critica, e anche trovare il coraggio di andare contro corrente su alcune questioni. 

Cureremo anzitutto la formazione degli operatori pastorali, dei catechisti e degli educatori. È importante discutere sugli aspetti di metodologia catechistica: darci una comunicazione adatta ai tempi. Sarebbe bene farla in collaborazione con le altre parrocchie del quartiere.

– Ci dedicheremo come sempre alla catechesi dei ragazzi, con l’esperienza della catechesi famigliare (catechisti e genitori formatori insieme).

– Offriremo la proposta dell’ACR come occasione di aggregazione e di formazione per i ragazzi che stanno ricevendo o hanno ricevuto la cresima, fossero anche pochi quelli che aderiscono.

– Continueremo la sfida educativa per i giovanissimi, accompagnandoli in questa fase turbolenta della adolescenza, tempo di ricerca segnato talvolta dalla fatica nella fede e dagli entusiasmi per il servizio verso i poveri o verso i più piccoli: strade per giungere alla profondità della amicizia con Dio. L’Oratorio parrocchiale, con la varietà delle proposte tutte da inventare, può essere il luogo principale dell’incontro e della formazione dei giovanissimi.

– Anche per i giovani continueremo la proposta formativa, con un percorso sulla riscoperta della grandezza della coscienza e della responsabilità morale.

– La formazione delle famiglie passerà anche attraverso la catechesi famigliare e l’itinerario di incontri per le famiglie con i bimbi tra 0 e 6 anni.

– Ci impegniamo a proporre, su tematiche importanti di attualità, anche qualche iniziativa culturale: dal Convegno annuale organizzato dall’Azione Cattolica parrocchiale, ad una serie di Cineforum invernali o estivi, alla segnalazione delle proposte diocesane, alla programmazione di eventi culturali durante la festa di S. Agostino, alla proposta di un laboratorio teatrale per la riscoperta delle tradizioni. 

Poveri, per i poveri

Abbiamo condiviso diffusamente e profondamente l’urgenza di essere attenti ai poveri. Sappiamo che questa è una connotazione essenziale del vangelo, della Chiesa, della storia della nostra parrocchia. Siamo infatti amici del «Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2Cor 8,9). La radice del servizio ai poveri è nel cuore della Trinità: Gesù si fa povero nell’economia della salvezza, perché è Figlio che riceve tutto dal padre e non rivendica nulla, non considera qualcosa che gli possa essere rubato la sua uguaglianza con Dio (cf. Fil 2,6-11). Siamo amici del Signore che in terra ama tutti e preferisce i piccoli e i poveri, fino ad identificarsi con essi: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).

C’è dunque da maturare un atteggiamento di fondo: i poveri non sono solo gli altri che sono in difficoltà economiche o di altro tipo. I poveri siamo noi, bisognosi di tutto e continuamente ricolmati dei doni gratuiti di Dio Padre. «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8).

E c’è da maturare un nuovo sguardo sugli altri, specie sui poveri, che è simile allo sguardo di Gesù. Solo se uno ha il ‘cuore ascoltante’ ha anche gli occhi che vedono le necessità dei poveri! Se non si fonda la vita nella Parola e nei Sacramenti, si fa poca strada!

Preghiera e servizio, come nella casa di Betania, si intrecciano necessariamente e profondamente: le due sorelle, Maria che ascolta e Marta che serve senza affanno, sono l’unica donna che accoglie Gesù. Questa donna è la Chiesa, è anche la nostra comunità parrocchiale. Lo testimonia un’altra donna del nostro tempo, Santa Teresa di Calcutta:      « Senza Dio siamo troppo poveri per poter aiutare i poveri! Ricordati: io sono soltanto una povera donna che prega. Pregando, Dio mi mette il Suo Amore nel cuore e così posso amare i poveri. Pregando!»

La nostra comunità si lascia perciò di nuovo interrogare su come il Signore ci spinge verso i poveri. Ci siamo detti che dobbiamo essere attenti alle persone senza fermarci sbrigativamente ai loro bisogni materiali; che dobbiamo trovare le strategie per promuovere la loro crescita; che dobbiamo avere occhi aperti su tutte le situazioni di povertà umana, culturale, spirituale; che vogliamo coinvolgere in modo sempre più stabile anche i ragazzi e i giovanissimi della parrocchia nelle esperienze di disponibilità verso i poveri; che vogliamo valorizzare e potenziare le forme concrete che già esistono nella nostra comunità per il servizio ai più bisognosi.

– Sosterremo l’impegno della S. Vincenzo a sostegno delle famiglie in difficoltà portando ogni domenica alla Messa generi alimentari da condividere con i poveri e, nella domenica della solidarietà (la terza di ogni mese), contribuendo con una offerta particolare per l’aiuto economico alle famiglie in difficoltà. Tutti si possono sentire invitati a collaborare per la distribuzione degli alimenti nei primi due lunedì del mese e all’incontro mensile di formazione e di organizzazione della S. Vincenzo.

– Continueremo a sostenere l’Associazione Arcobaleno, che svolge un preziosissimo servizio di accoglienza e di doposcuola per i ragazzi: una presenza che ravviva l’Oratorio parrocchiale, nel quale far vivere a questi ragazzi il contatto con altri giovanissimi, giovani e adulti della parrocchia.

– Anche dell’Associazione Viale K, nata in parrocchia, saremo sostenitori e collaboratori, specie della Mensa nell’Area Rivana, che può essere luogo di esercizio del servizio anche per i più giovani.

– Saremo attenti tutti i bisognosi, di qualsiasi «tribù, lingua, popolo e nazione» (Ap 5,9). Continueremo a riflettere sulle motivazioni (se necessario anche intervenendo nel pubblico dibattito) e sulle possibilità di accoglienza dei migranti nella nostra parrocchia e nelle nostre case.

– In collaborazione con l’Unità di strada della Associazione Papa Giovanni XXIII (che un paio di volte al mese si ritrova nella nostra chiesa per pregare prima di visitare le ragazze di strada), ci sensibilizzeremo sul problema della dilagante prostituzione di cui sono teatro le vie del quartiere.

Abitare il quartiere, da cristiani

Il Signore è nostro ospite. Nel senso che Lui si vuole far ospitare da tutti: ogni casa del quartiere è candidata alla Presenza di Colui che dice: «Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20).

Non conosciamo tutti i modi della sua presenza, ma siamo sicuri che con il suo Spirito il Signore sta abitando le case e i cuori di tutti nel nostro quartiere. Sta cercando di suggerire la Parola nell’intimo di ciascuno, sta sostenendo le infinite e quotidiane, piccole o grandi opere di bene e di servizio che tutti, almeno un poco, stanno vivendo.

Noi che siamo il mistico Corpo di Cristo, onorati, senza nostro merito, di essere partecipi più esplicitamente della vita della Chiesa, ci sentiamo chiamati anzitutto ad aprire di più gli occhi sull’opera del Signore in tutti; a risvegliare il senso di questa presenza; ad ‘abitare’ il quartiere più consapevolmente in nome di Dio.

Vogliamo essere il segno che Dio abita da queste parti. La chiesa di mattoni e i locali della parrocchia in cui ci ritroviamo per essere riuniti e nutriti non esauriscono la nostra esperienza di Chiesa. Per la loro vocazione battesimale, i laici nella Chiesa sono mandati a «trattare le cose temporali ordinandole secondo Dio. Vivono nel secolo, cioè implicati in tutti i diversi doveri e lavori del mondo e nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta» (cf Lumen Gentium, 31). E Papa Francesco ci ricorda che «L’intimità della Chiesa con Gesù è un’intimità itinerante, e la comunione si configura essenzialmente come comunione missionaria. Fedele al modello del Maestro, è vitale che oggi la Chiesa esca ad annunciare il Vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio, senza repulsioni e senza paura. La gioia del Vangelo è per tutto il popolo, non può escludere nessuno» (Evangelli Gaudium, 23).

È un cambio di prospettiva. In un certo modo prima viene l’abitare fuori, e dopo si riesce a riempire di contenuti importanti la vita della comunità.

Tra il dentro e il fuori la chiesa, quante cose intermedie accadono: ad esempio il raccontare sull’uscio o per strada quel che abbiamo fatto o imparato in parrocchia. È importante tessere relazioni concrete a partire dagli ambienti in cui viviamo nella nostra parrocchia: quasi tutti abitiamo nei condomini. Dobbiamo continuare la ‘pastorale del campanello’, sentendoci la punta di diamante del regno di Dio che raggiunge tutti, che contrasta la frammentazione e il menefreghismo del ‘fatti gli affari tuoi’…

– Confermeremo e allargheremo la cerchia dei ‘postini parrocchiali’: per portare il giornalino della parrocchia o il foglio parrocchiale, per preparare la benedizione delle case, per far pervenire in parrocchia la notizia di persone ammalate o bisognose…

– Continueremo ad organizzare, nel modo più adatto, la Festa del patrono S. Agostino, formidabile occasione di animazione del quartiere e di tessitura di relazioni a largo raggio.

– Cercheremo di stringere alleanze educative con le scuole del quartiere, anche attraverso la collaborazione con gli insegnanti di religione e la valorizzazione della Biblioteca G. Rodari.

– Studieremo la possibilità di aprire un doposcuola in Oratorio, come servizio per i ragazzi del quartiere e come occasione di aggregazione.

– Continueremo l’esperienza del Gruppo di incontro tra cristiani e musulmani, che curerà occasioni di aggregazione e di amicizia per la conoscenza reciproca, per la condivisione di momenti di formazione e di servizio: piccoli segni in prospettiva di una integrazione nel rispetto delle rispettive identità.

– Saremo attenti ad ‘abitare’ in qualche modo alcuni angoli particolarmente critici del quartiere, come ad esempio la Piazza dei Poeti, che richiama la grossa problematica di molti giovani, specie stranieri, che sono allo sbando.

– Vogliamo ridare voce all’impegno sociale e politico, forma più alta di carità, tenendo desta la partecipazione alla vita del quartiere e dei gruppi o associazioni che vi operano per la sua riqualificazione, e cogliendo profeticamente le occasioni per pronunciarci come comunità parrocchiale sulle questioni di attualità.

– Ripresenteremo al Comune di Ferrara la richiesta di fare dello spazio antistante la chiesa una piazza per il quartiere.

Convergenza sull’oratorio

Ci siamo trovati molto concordi, nelle nostre verifiche e programmazioni, sulla centralità dell’oratorio parrocchiale, come luogo fisico in cui si intrecciano l’incontro e la formazione, l’accoglienza e il dialogo, la proposta culturale e lo svago, le persone di diverse età, i frequentanti e non. Davvero grande è la potenzialità dell’oratorio: la cogliamo ma non sappiamo ancora darle un volto abbastanza compiuto. Abbiamo bisogno di idee e soprattutto di persone che abbiamo tempo, passione ed iniziativa per fare dell’oratorio un luogo educativo. L’educazione, infatti, la fanno le persone e non certo le strutture. Possiamo però partire dal piccolo, confermando, valorizzando e se si riesce ampliando quel che riusciamo già a fare.

– L’ANSPI parrocchiale va rilanciata come associazione che coordina le varie attività dell’oratorio: è possibile allargare il numero dei responsabili e qualificare la loro formazione con i percorsi che l’Associazione offre?

– Continueremo tutte le attività formative ospitate in oratorio: la catechesi, l’ACR, i gruppi giovanissimi e giovani, la scuola di chitarra, il doposcuola per ACR e giovanissimi…

– Cercheremo di organizzare momenti di aggregazione comunitaria (ad esempio la castagnata, la ‘zucca cattolica’, il carnevale…), che raccolgano persone di diverse fasce d’età.

– Cureremo alcuni appuntamenti di aggregazione per gli anziani del quartiere.

– Organizzeremo ancora le attività estive per i ragazzi e i giovani (Campiscuola e Grest)

– Studieremo il modo di tenere rapporti più significativi con il gruppo del Tchoukball.