Madre delle Grazie

Commento al Vangelo della Solennità di Maria Madre delle Grazie.

Celebriamo in questa domenica la solennità della Beata Vergine Maria Madre delle Grazie, patrona dell’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, che ricorre ogni anno il 9 ottobre. Con questo titolo, la Madonna fu dichiarata patrona di Ferrara dal papa Pio IX nel 1849.

La liturgia della solennità odierna ci propone la lettura di Gv 2,1-11, il racconto delle nozze di Cana, in cui Maria è tra i personaggi protagonisti. Un racconto illuminante sul rapporto tra Maria e Gesù e noi.

A Cana avviene la sostituzione dell’antica Alleanza con la Nuova. Lo ‘sposalizio’ tra Dio e il suo popolo fondato sulla Legge antica non ha funzionato. Non c’è vino, segno biblico dell’amore e della gioia; le giare sono vuote, e il maestro di tavola (che rappresenta la classe dirigente del popolo) non se ne è neppure accorto.

È Maria che si accorge della mancanza di vino. Qui è chiamata ‘la madre’: oltre il legame personale con Gesù, Maria rappresenta il popolo di Israele che si accorge della condizione di lontananza del popolo da Dio e che rimane aperta alla iniziativa del suo Figlio. Non sa ancora cosa farà, ma punta l’attenzione su di Lui, attende la sua opera, si fida di quel che Gesù può ‘inventare’ per rinnovare la gioia dell’alleanza sponsale.

Gesù, dal canto suo, non la chiama ‘mamma’, ma ‘donna’ (come farà dalla croce: Gv 19,26), confermando così che Maria rappresenta il nuovo popolo di Israele, l’umanità nuova che sta per essere rinnovata dalla manifestazione dell’amore definitivo di Dio e che si apre a questo amore. Il Signore pare dia una rispostaccia: «Che vuoi da me?» (letteralmente: «che cosa per me e per te?»), ma non è così: la sta educando (e sta educando tutti noi) nella fede. Infatti il senso che Maria dava al vino non è quello che intende Gesù. A Maria non deve più importare del vino vecchio. Infatti Gesù parla della sua «ora» come dell’evento decisivo in cui l’Alleanza verrà rinnovata. Non è ancora giunto questo momento mentre sono a Cana: l’«ora» di Gesù è la crocifissione-risurrezione. Lì il Figlio di Dio ha mostrato in modo massimo l’amore del Padre, versando il suo sangue/vino che noi possiamo bere. A Cana Gesù dà un «segno». Anzi, annota Giovanni che questo è «l’inizio dei segni». Non gli importa della sensazionalità di quello che noi chiamiamo ‘miracolo’: gli importa condurci al mistero più vero, che è quello di un rapporto bellissimo con il Padre, un rapporto così intenso da essere chiamato nuziale.

Alla luce di queste note, dunque, intendiamo la nostra devozione a Maria. Pregare Maria, significa anzitutto entrare nella sua fiducia nei confronti di Gesù, imparare da lei ad attendere tutto dal suo Figlio.

Pregare Maria significa poi, riconoscere la sua premura verso la Chiesa e verso ogni persona umana: lei è così unita al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo da condividerne appieno la compassione. Maria respira profondamente l’amore della Trinità per tutti noi, ed è per questo che è interessata a noi.

Pregare Maria significa sentirci ripetere: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Da lei impariamo a fare la volontà di Dio, con lei ci mettiamo in ascolto di ciò che dice Gesù (si pensi al Rosario, preghiera eminentemente biblica e di meditazione di misteri del Signore!). Maria non ha consigli da dare a Gesù: piuttosto, è espertissima dei consigli che Dio vuole dare a noi!

Pregare Maria significa lasciarci aiutare da lei a purificare i nostri desideri, le nostre idee, in nostri progetti: dialogando con lei e con Gesù, impariamo a discernere le cose buone e le cose che non ci fanno bene, e a chiedere ciò che è in sintonia con l’Alleanza nuova.