Non di solo pane

Commento al Vangelo del 5 marzo 2017.

Ci inoltriamo nel cammino della Quaresima, stando in attento ascolto della Parola di Dio. Come sempre, ogni domenica sul foglio parrocchiale si potranno trovare spunti di riflessione per approfondire la meditazione personale e comunitaria. In questo tempo di quaresima gli spunti vengono fuori da un lavoro bello e intenso del Consiglio pastorale parrocchiale che, riunitosi in piccoli gruppi, ha meditato i vangeli domenicali e ha proposto alcune piste di approfondimento che qui vengono riprese. La chiave di lettura è: che cosa ci dice la Parola a riguardo della nostra povertà? Che cosa ci dice a riguardo della ricchezza che Dio ci dona?

Nella prima domenica di quaresima ascoltiamo sempre il racconto delle tentazioni di Gesù nel deserto: tre proposte che Satana fa al Figlio di Dio e che il Figlio di Dio non accetta (Mt 4,1-11). Un testo da capogiro: qualcuno ha detto che «in quelle tre domande tutta la storia successiva dell’umanità viene come predetta e fusa in un unico insieme; in esse sono rivelate le tre forme nelle quali convergeranno tutte le insolubili contraddizioni storiche della natura umana su tutta la terra». Sono in gioco, in queste tentazioni, la verità, la libertà, la fede. Tutte e tre le domande evidenziano la forma più grave della nostra povertà: siamo veramente poveri quando viviamo disinteressandoci di Dio, senza riferimento a lui e alla sua Parola.

Vediamo invece Gesù nelle tentazioni: la sua ricchezza, accolta con incredibile semplicità e naturalezza, è di sentirsi Figlio, serenamente appagato dal fatto di essere Figlio, nutrito dalla Parola del Padre. Gesù semplicemente si fida del Padre, non ha bisogno di metterlo alla prova, talmente è sicuro del suo amore per lui. Per questo, è infinitamente libero da tutto e da tutti, non ha bisogno di fidarsi di nessun altro, di appoggiarsi in nessun altro. La ricchezza di Gesù è veramente l’amore del Padre pieno di provvidenza, che si occupa del cibo materiale e soprattutto del cibo e della bevanda che disseta in profondità il cuore dell’uomo.

Ai bisogni anche più fondamentali (Gesù, dopo quaranta giorni di digiuno, «ebbe fame») il Padre risponde sempre con una relazione, con un rapporto di intima comunione e amore, che fa intendere tutto il resto veramente come dono. Non esiste la parola possesso nel vocabolario del Padre e del Figlio.

E noi? Come dice P. Evdokimov (vedi all’interno del foglio), quel che Satana non è riuscito a fare con Gesù prova continuamente a farlo con noi. Per appagare il nostro bisogno di sicurezza, ci abbaglia, ci propone una ricchezza illusoria, quella del possesso delle cose e delle persone e del tempo. E questo ci schiavizza, ci porta all’affanno, ci porta ad inchinarci a destra e a manca. Ci porta a trascurare quel che conta veramente, a vivere di corsa. Nell’alternativa tra amare e avere scegliamo la seconda. Preferiamo essere i dominatori, i padroni, i capi. E ci arrabbiamo quando gli altri non ci danno retta, quando non abbiamo le cose che desideriamo.

Ma torniamo a Gesù: quel che lui ha vissuto (le tentazioni tipiche della nostra umanità, fin dal tempo di Adamo ed Eva!), l’ha vissuto per noi, per darci la sua vittoria, per farci stare nella sua via. È la via dei figli. E noi, prima di tutto, siamo figli amati. Ne siamo sicuri perché siamo stati battezzati, siamo già rinati a vita nuova, presi tra le braccia del Padre buono e provvidente, che crea e rispetta (lui sì) infinitamente la nostra libertà. È la via della fiducia filiale, che si esprime nell’ascolto della Parola (la ‘luce’ che ci è stata consegnata nel battesimo e che illumina ogni nostro passo), nella certezza della forza di Dio in noi (l’olio della forza con cui siamo stati unti il giorno del nostro battesimo), nella certezza che siamo figli nel Figlio (il santo ‘crisma’, simbolo dello Spirito del Cristo che ci ha impregnato nel battesimo) e siamo chiamati a diventare liberi, forti e coraggiosi nell’amore come lui.

Nella Messa di oggi vivremo in modo particolarmente attento la Professione della nostra fede, rinnovando le nostre promesse battesimali con lo stesso spirito con cui Gesù ha risposto a Satana nel deserto.

Durante la settimana, ci impegniamo insieme a guardare tutto ciò che abbiamo (le persone, le cose, il tempo) come un dono, eliminando dal nostro vocabolario la parola ‘è mio’.