Spezzare e versare…

Commento al Vangelo del 28 marzo 2021.

In questa domenica delle palme, è l’evangelista Marco a raccontarci il cuore della Buona notizia (vangelo) cristiana: Dio si è fatto uomo e ha amato gli uomini anche nella esperienza della passione fino a versare il suo sangue, fino all’ultimo respiro, fino al silenzio della tomba.

Nella essenzialità del suo stile narrativo, Marco ci parla del Signore che si muove con molta libertà e padronanza di sè: proprio ‘il modo’ rivoluzionario in cui soffre e muore per gli altri colpisce i presenti. «Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!”». Gesù ha versato il suo sangue con una forza e una nobiltà impressionanti. Nel percorso della via crucis vive senza tentennamenti il dono di sè anticipato con libertà nell’ultima cena e nel Getsèmani. Muore amando i suoi amici e i suoi nemici. Ama i suoi amici e i suoi nemici anche soffrendo e morendo, con una carica di affetto che non finiremo mai di contemplare.

Quasi nessuno dei discepoli aveva capito questa scelta d’amore e di dono di sè tenero e senza riserve. Ma una donna sì, l’aveva capito. Marco ne parla all’inizio del racconto della passione: a casa di Simone il lebbroso una donna entra con un vaso di alabastro pieno di profumo, spezza il vaso e versa il nardo sul capo di Gesù. Spezza e versa. Come Gesù farà con il pane e il vino. Corpo spezzato, sangue versato. Quella donna ha capito qualcosa di più, di Gesù. E ricambia l’affetto del Signore trattandolo con affetto, con premura. Da amica che si sente amata e fa quel che può per ricambiare. Da amica che intuisce lo svolgersi inesorabile degli eventi della passione, e desidera assicurare al suo maestro la vicinanza e la premura. È Gesù stesso a svelare agli altri il significato profondo del nardo ‘versato’: «ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura».

I discepoli del Signore si possono anche oggi immedesimare in quella donna senza nome. Possono riconoscere nel sangue versato il segno dell’amore folle di Dio per ogni uomo. Possono entrare nella esperienza della reciprocità di questo amore vivendo il dono di sè in modo sempre più radicale. È questa la via per la quale la salvezza si allargherà in questo mondo: la via del dono di sè anche nel dolore, nella sofferenza, nella ingiustizia.

Il sangue versato è particolarmente caro ai discepoli del Signore in terra ferrarese: proprio oggi ricorre l’850° anniversario del miracolo del Prodigioso Sangue a S. Maria in Vado. Era la domenica di Pasqua del 1171 e al prete che celebrava (non tanto convinto della presenza reale del Signore nella eucaristia) è capitato di avere tra le sue mani il mistero dell’amore che si sprigiona dalla eucaristia e che inonda la vita degli amici di Gesù, il Figlio di Dio. Quel sangue uscito dall’ostia consacrata e le cui tracce sono ancora nella volticina nella Basilica cittadina è segno e invito permanente ad accorgersi dell’affetto di Dio e a ricambiarlo con la tenerezza di quella amica di Gesù.