Chissà se ci viene in mente di chiedere, ogni tanto, quando partecipiamo alla Messa: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Lo chiedevano discutendo aspramente i Giudei, dopo che Gesù aveva spiegato il segno della moltiplicazione dei pani e dei pesci in un meraviglioso discorso (riportato da Giovanni al capitolo 6) nel quale aveva dichiarato di essere il pane della vita.
Mangiare questo pane vivo disceso dal cielo – a sentire Gesù – non è un vezzo o un optional per chi vuole vivere in eterno. Impressionano sempre queste parole molto schiette del Signore, che paiono non mostrare alternative: o mangi e vivi, o non mangi… e muori.
E ancora: quel pane non è pane, ma è carne. Quel vino non è vino, ma è sangue. Carne sua. Sangue suo. Gesù ci apre gli occhi su un fatto: a dare una vita definitiva al mondo, cioè ad ogni persona umana, è solo Lui. Non ci sono altre fonti di vita che resista alla morte.
Questo vuol dire che dobbiamo superare una illusione quotidiana: quella di avere in noi stessi la vita, di avere una certa autonomia di vita, di essere possessori e signori della nostra vita. In fondo è una cosa ovvia: nessuno ha deciso di darsi la vita o si è messo al mondo da solo. E tanto meno c’è qualcuno che riesce a tirarsi fuori dalla tomba. Tuttavia, mano a mano che cresciamo rischiamo di percepirci con una autonomia tale da ritenere che, in fondo, non abbiamo bisogno che qualcuno ce la dia, la vita.
Dobbiamo poi maturare un’altra consapevolezza: il salvatore di tutto il mondo è Lui. E solo Lui: il Figlio di Dio che ha assunto la nostra carne, è stato crocifisso e ha versato il suo sangue con amore, ed è uscito vittorioso dal sepolcro. Il suo atto d’amore Pasquale è la dichiarazione d’amore e di vita del Padre per tutti gli uomini di tutti i tempi. Per ora solo in pochi lo sanno (e magari lo sanno male). Tanti nostri fratelli non conoscono ancora la potenza salvifica di Gesù, e vivono la loro apertura alla vita definitiva in altre forme religiose. Dio Padre ha dato il Figlio per tutti, e ha inventato la Chiesa perché la notizia di Gesù (buona: è un ‘vangelo’) raggiunga tutti. È nella missione della Chiesa che viene comunicata a tutti la bellezza e la sostanziale necessità della Pasqua di Gesù. Tutta l’umanità dunque è in un cammino di lenta e progressiva conoscenza del Mistero. Questo ci interpella tantissimo, ad essere testimoni del Signore!
Infine, un’altra considerazione, che riguarda il nostro cammino personale: anche noi non siamo ‘nati imparati’. Siamo discepoli, scolari che stanno imparando. Forse non abbiamo ancora capito bene l’importanza di mangiare il Signore: nutrendoci di Parola e di Eucaristia. Ma il Signore è molto paziente, e ci conduce pian piano a capire e a sperimentare la forza della sua Presenza operante nel nostro intimo e nella nostra vita, la bellezza della gestione assieme a lui delle nostre decisioni. Mangiarlo infatti vuol dire decidere di vivere ‘per’ lui. Sia nel senso che senza di lui non possiamo fare nulla, sia nel senso che senza di lui non vogliamo fare nulla. È sempre lui che è chiaro su questo punto: «Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me». Gesù ci propone di vivere esattamente come Lui: tutti sbilanciati su di lui, come lui è tutto sbilanciato sul Padre.
Partecipare alla Messa facendo la comunione è molto compromettente… è ricevere la vita di Dio adesso: è ricevere la persona di Gesù che qualifica la nostra vita di adesso, se viviamo in comunione con lui. E questa è la premessa per partecipare alla risurrezione della carne: chi mi mangia adesso – dice il Signore – io lo risusciterò nell’ultimo giorno.