Sei felice?

Commento al Vangelo del 17 febbraio 2019.

È difficile trovare nel vangelo una pagina più scomoda di quella delle beatitudini (Lc 6,17.20-26). Nella loro franchezza e nella loro trasparenza, queste parole del Signore ci sconcertano sempre un poco. E ci verrebbe forse da minimizzarle, da considerarle un ideale certamente affascinante, ma in qualche modo irraggiungibile Come se la salvezza fosse a buon prezzo e la sequela fosse un impegno eccezionale di pochi, invece che comandamento divino per tutti i cristiani. Sono lontane, poi, dalle nostre parti, persecuzioni evidenti nei confronti dei cristiani, e ciò sembra allontanare l’urgenza del vangelo e della via di felicità che in esso il Signore ci propone.

A chi parla Gesù? Luca è molto esplicito: quelli che ascoltano Gesù sono molti, radunati in una pianura adatta per raccogliere folla. I discepoli anzitutto (non solo gli apostoli!). Poi molta folla, non solo di Israeliti, ma anche di stranieri. Non è, insomma, un messaggio ‘riservato’ per gli iniziati. Al contrario: le beatitudini sono il programma di vita per ogni uomo, e per ogni cristiano. Vuoi sapere, chiunque tu sia, come pensa e vive un cristiano? Eccoti le beatitudini. Ecco la parola di Gesù per te, oggi; per te che ti fidi di Dio, per te, che vuoi «gettare le reti» sulla parola del Signore. Quattro «beati» e quattro «guai», in parallelismo perfetto. Il punto di vista di Gesù è quello del Regno di Dio. L’irruzione del Regno nella storia porta Gesù ad affermare il capovolgimento nella logica della felicità. Gesù constata che il Regno è annunciato ai poveri e da loro accolto, ed esulta per questo, e invita ad esultare. Egli non richiede in primo luogo dei comportamenti o dei meriti morali. Il Regno viene, inatteso, gratuito e potente con la sua carica di abbondanza, di gioia e di ricompensa. Solo i poveri (nel senso materiale del termine), gli affamati e i sofferenti hanno il cuore libero per accoglierlo e goderne.

Luca, poi, sembra proporre un altro punto di vista, sviluppando l’ultima beatitudine («quando vi odieranno, vi rifiuteranno, vi insulteranno…»). Non parla di poveri, affamati e afflitti qualsiasi, ma di gente che è tale perché è cristiana, perché ha accolto il Regno e ha rifiutato il mondo, e dal mondo è stata rifiutata! Perché il Regno (cioè un rapporto d’amore vero con Dio) è la vera ricchezza, la vera consolazione, vero cibo, vera gioia. Come si permette Gesù di capovolgere così la logica del mondo? Di fatto, lui ha vissuto così, ed ha vissuto in pienezza! Così vive l’uomo che cerca la pienezza della sua esperienza umana, della sua felicità!

I ricchi, da parte loro, non hanno il cuore libero. E così i sazi e quelli che se la godono ora. Non è la ricchezza in sé che  porta guai. A mettere nei guai è la mentalità autosufficiente del ricco, di chi pensa di non aver bisogno del vangelo, di chi non si cura dell’eternità della vita (oppure ci prova, ma è bloccato proprio dalla comodità delle ricchezze). Quando accade la felicità delle beatitudini? C’è un gioco studiato di verbi al presente e al futuro. Per Luca la prospettiva è escatologica: riguarda cioè il farsi presente definitivo di Dio, il Re buono che si occupa dei poveri. Questa azione culminerà nel giorno finale della retribuzione: in quel giorno Dio innalzerà chi adesso ha fame e soffre e abbasserà chi adesso è sazio e ride. Ma per i poveri e i perseguitati (così come per i ricchi e per quelli che cercano i complimenti degli altri) non è questione di tempo, bensì di scelta: è adesso che si sceglie di accogliere il Regno e fondarsi in Dio, oppure di confidare in se stessi e basta (cf. La prima lettura: Ger 17,5-8). Anche se può portare alla persecuzione. Il Regno di Dio è qui, oggi stesso, tra quelli che lo scelgono, che vogliono entrarvi, che vogliono vivere come Gesù Cristo.