Messa & vita: Donare la pace!

Continuiamo e concludiamo il nostro ‘studio’ della bellezza e della ricchezza della Messa, per una partecipazione sempre più attiva e consapevole, e perché ci sia un intreccio sempre più forte tra la nostra vita e l’esperienza della Messa domenicale.

In questa settimana guardiamo con calma i ‘Riti di comunione’, la parte della Messa che va dal Padre nostro sino alla orazione dopo la comunione. Leggiamo anzitutto il testo dell’Ordinamento Generale del Messale Romano.

Riti di Comunione

80. Poiché la celebrazione eucaristica è un convito pasquale, conviene che, secondo il comando del Signore, i fedeli ben disposti ricevano il suo Corpo e il suo Sangue come cibo spirituale. A questo mirano la frazione del pane e gli altri riti preparatori, che dispongono immediatamente i fedeli alla Comunione.

Preghiera del Signore (il ‘Padre nostro’)

81. Nella Preghiera del Signore si chiede il pane quotidiano, nel quale i cristiani scorgono un particolare riferimento al pane eucaristico, e si implora la purificazione dai peccati, così che realmente i santi doni vengano dati ai santi. Il sacerdote rivolge l’invito alla preghiera, che tutti i fedeli dicono insieme con lui; ma soltanto il sacerdote vi aggiunge l’embolismo, che il popolo conclude con la dossologia (= preghiera con la quale si dà gloria). L’embolismo (= preghiera collocata tra altre due preghiere), sviluppando l’ultima domanda della preghiera del Signore, chiede per tutta la comunità dei fedeli la liberazione dal potere del male. L’invito, la preghiera del Signore, l’embolismo e la dossologia, con la quale il popolo conclude l’embolismo, si cantano o si dicono ad alta voce.

La CEI precisa: “Durante il canto o la recita del Padre nostro, si possono tenere le braccia allargate; questo gesto, purché opportunamente spiegato, si svolga con dignità in clima fraterno di preghiera” (Precisazioni sulla celebrazione liturgica, 1983)

Rito della pace

82. Segue il rito della pace, con il quale la Chiesa implora la pace e l’unità per se stessa e per l’intera famiglia umana, e i fedeli esprimono la Comunione ecclesiale e l’amore vicendevole, prima di comunicare al Sacramento. Spetta alle Conferenze Episcopali stabilire il modo di compiere questo gesto di pace secondo l’indole e le usanze dei popoli. Conviene tuttavia che ciascuno dia la pace soltanto a chi gli sta più vicino, in modo sobrio.

Frazione del pane

83. Il sacerdote spezza il pane eucaristico, con l’aiuto, se è necessario, del diacono o di un concelebrante. Il gesto della frazione del pane, compiuto da Cristo nell’ultima Cena, che sin dal tempo apostolico ha dato il nome a tutta l’azione eucaristica, significa che i molti fedeli, nella Comunione dall’unico pane di vita, che è il Cristo morto e risorto per la salvezza del mondo, costituiscono un solo corpo (1 Cor 10,17). La frazione del pane ha inizio dopo lo scambio di pace e deve essere compiuta con il necessario rispetto, senza però che si protragga oltre il tempo dovuto e le si attribuisca esagerata importanza. Questo rito è riservato al sacerdote e al diacono.

Il sacerdote spezza il pane e mette una parte dell’ostia nel calice, per significare l’unità del Corpo e del Sangue di Cristo nell’opera della salvezza, cioè del Corpo di Cristo Gesù vivente e glorioso. Abitualmente l’invocazione Agnello di Dio viene cantata dalla schola o dal cantore, con la risposta del popolo, oppure la si dice almeno ad alta voce. L’invocazione accompagna la frazione del pane, perciò la si può ripetere tanto quanto è necessario fino alla conclusione del rito. L’ultima invocazione termina con le parole dona a noi la pace.

Comunione

84. Il sacerdote si prepara con una preghiera silenziosa a ricevere con frutto il Corpo e il Sangue di Cristo. Lo stesso fanno i fedeli pregando in silenzio. Quindi il sacerdote mostra ai fedeli il pane eucaristico sulla patena o sul calice e li invita al banchetto di Cristo; poi insieme con loro esprime sentimenti di umiltà, servendosi delle prescritte parole evangeliche.

85. Si desidera vivamente che i fedeli, come anche il sacerdote è tenuto a fare, ricevano il Corpo del Signore con ostie consacrate nella stessa Messa e, nei casi previsti, facciano la Comunione al calice, perché, anche per mezzo dei segni, la Comunione appaia meglio come partecipazione al sacrificio in atto.

86. Mentre il sacerdote assume il Sacramento, si inizia il canto di Comunione: con esso si esprime, mediante l’accordo delle voci, l’unione spirituale di coloro che si comunicano, si manifesta la gioia del cuore e si pone maggiormente in luce il carattere «comunitario» della processione di coloro che si accostano a ricevere l’Eucaristia. Il canto si protrae durante la distribuzione del Sacramento ai fedeli. Se però è previsto che dopo la Comunione si esegua un inno, il canto di Comunione s’interrompa al momento opportuno. (…)

88. Terminata la distribuzione della Comunione, il sacerdote e i fedeli, secondo l’opportunità, pregano per un po’ di tempo in silenzio. Tutta l’assemblea può anche cantare un salmo, un altro cantico di lode o un inno.

89. Per completare la preghiera del popolo di Dio e anche per concludere tutto il rito di Comunione, il sacerdote recita l’orazione dopo la Comunione, nella quale invoca i frutti del mistero celebrato.

La Messa è un convito. L’esperienza della Messa è l’incontro con il Signore risorto che si offre a noi (sacrificio) e che ci invita alla sua mensa. La Messa è un convito, è la cena del Signore. È la ripresentazione dell’ultima cena, nella quale Gesù, prima di affrontare la sua Passione e la sua Morte e Risurrezione ha spiegato ai suoi quello che gli sarebbe successo: non è andato per caso sulla Croce, ma per una libera scelta d’amore. Gesù ha iniziato la sua ultima cena dicendo: ‘Ho desiderato ardentemente mangiare questa Pasqua con voi’ (Lc 22,15). Nella Messa, in ogni Messa, Gesù ha lo stesso desiderio di mangiare con noi e di farsi mangiare da noi!

Sentirci figli, sentirci fratelli. Per prepararci alla incredibile esperienza del ‘mangiare la carne e bere il sangue’ del Signore (Gesù usa molte volte queste parole nel capitolo 6 del vangelo di Giovanni), la Chiesa ci fa vivere anzitutto l’unità tra noi nella recita della Preghiera per eccellenza, il Padre nostro che il Signore ci ha insegnato e che è come la sintesi di tutta la preghiera cristiana. È la preghiera con cui riconosciamo gioiosamente di essere figli e ci abbandoniamo serenamente nelle braccia del Padre, e facciamo nostri i suoi progetti, e gli chiediamo pane e forza per affrontare la vita. Il Padre nostro va recitato (o cantato) proprio da tutti! Lo si può pregare tenendo le braccia allargate e le mani rivolte al cielo. Non ci si tiene per mano in questo momento, chè l’attenzione è prima di tutto di essere personalmente rivolti al Padre: è solo guardando in alto che si può vivere bene la comunione fra noi!

Lo scambio della pace, poi, ci aiuta a sentirci uniti nel nome del Signore. Non è il momento della riconciliazione tra noi (lo abbiamo già vissuto all’inizio della Messa), ma quello in cui ci diciamo che la pace tra noi può venire solo dal Signore. Ci doniamo dunque reciprocamente non la nostra pace, ma quella che ci dà Gesù! Sarebbe bello dirsi esplicitamente «La pace del Signore sia con te», mentre ci si stringe la mano. Possiamo ispirare a questo gesto l’impegno settimanale nei nostri rapporti: PORTARE PACE agli altri. La pace non è solo la riconciliazione e il perdono (l’assorbimento dei conflitti e delle tensioni), ma la situazione positiva di costruzione di rapporti belli ed edificanti tra di noi e nella società. Beati gli operatori di pace, dice Gesù nelle Beatitudini (cf. Mt 5,1-12)!!!

A proposito di questo gesto, notiamo che l’indicazione dell’Ordinamento generale è che «ciascuno dia la pace soltanto a chi gli sta più vicino, in modo sobrio», per non creare un clima dispersivo e mantenere il giusto raccoglimento per la comunione).

Come si vede, non è previsto dal rito uno specifico canto per questo momento.

Finalmente, la comunione! Il momento più alto, o meglio l’esperienza più alta e bella, cui tende tutta la celebrazione della messa, è la comunione. Il popolo di Dio in festa si incammina per ricevere il Signore. Mangiare Gesù! È il modo geniale che Dio ha inventato perché lo sentissimo unito a noi. Non solo accanto a noi, ma dentro di noi! In questo momento è importante sia sentirsi comunità radunata per la cena insieme (lo esprimiamo unendo le voci nel canto), sia mettersi in dialogo personalmente con il Signore: il momento di silenzio che segue la comunione è per mettersi cuore a cuore con il Signore, parlare con lui o con il Padre come un amico parla ad un amico (come Mosè), trattenersi con Colui dal quale sappiamo di essere amati (diceva Teresa d’Avila). Questo momento di intimità si prolunga poi durante la settimana nella preghiera personale o nella adorazione eucaristica. Tutta la preghiera cristiana è continuazione e insieme preparazione della Messa!La comunione spirituale. E chi non può ricevere la comunione sacramentale? In attesa di poterlo fare continuando il proprio cammino di conversione, può dire al Signore il desiderio della comunione spirituale. I nostri vecchi ci hanno insegnato ad esempio a dire: «Gesù mio, io credo che sei realmente presente nel Santissimo Sacramento. Ti amo sopra ogni cosa e ti desidero nell’anima mia. Poiché ora non posso riceverti sacramentalmente, vieni almeno spiritualmente nel mio cuore. Come già venuto, io ti abbraccio e tutto mi unisco a te; non permettere che mi abbia mai a separare da te». e