Radunerà i suoi eletti

Commento al Vangelo del 18 novembre 2018.

L’ultimo discorso che Gesù fa prima della sua passione parte da una domanda di Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea, che erano curiosi di sapere il tempo in cui sarebbe stato distrutto il tempio di Gerusalemme. Una curiosità che s’allarga, con la pretesa di diventare esperti della fine di tutto. Ci richiama il nostro desiderio di sapere come questo mondo così complicato andrà a finire, di sapere se è possibile starci dentro con fiducia e speranza. Gesù insegna cose importanti (Mc 13,24-32).

Anzitutto che la storia dei discepoli sarà una partecipazione alla sua passione. Guerre, calamità, persecuzioni, devastazione del tempio: non ci si deve meravigliare. Ogni tempo della vita della comunità nella storia sarà caratterizzato da cose che vanno male. Ma lui, il Signore, le conosce, le ha prese su di sé, si è immerso con amore nella vicenda di ciascuno uomo e di ogni popolo e dell’umanità intera, non si è sottratto alla persecuzione, alla violenza, alla emarginazione. E ne è uscito vittorioso, con il suo amore che nemmeno il peccato e la morte hanno potuto distruggere.

La risurrezione di Gesù è l’unico fatto veramente nuovo nella storia, e la illumina tutta. Risorgendo, Gesù ha sconvolto le regole della natura (ben rappresentate dai ritmi che il creatore ha posto al sole, alla luna e alle stelle), e ha messo dentro alla storia l’intervento definitivo di Dio. Tutto passa, tutto è relativo. L’unica cosa che resiste all’usura del tempo, alle forze della violenza e perfino della morte è la Parola di Gesù, vale a dire la sua persona che parla comunicando un amore che non viene mai meno: l’amore pieno del Padre.

Non tutti hanno ancora visto o riconosciuto Gesù risorto. Ma verrà il momento in ‘tutti vedranno’. Sarà una cosa così evidente da non lasciar nessun dubbio sulla sua potenza e la sua gloria, che ora si rendono visibili solo nella scandalosa esperienza dell’amore crocifisso. Potenza e gloria di Gesù si possono riconoscere, oggi, solo ‘accontentandosi’ della delicatezza della Parola e della umiltà dei Sacramenti. E nelle vicende d’amore di coloro che si fanno discepoli del Signore, nella Chiesa che è anch’essa come un sacramento di ciò che vuole fare il Signore nella storia.

Già, ma cosa vuole fare esattamente? Mentre ci dice che ‘allora… egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo’, ci rivela quello che sta già facendo oggi: far diventare l’umanità una sola famiglia, in comunione con il Padre. È una cosa impossibile per noi. E più ci guardiamo attorno, più sperimentiamo la frammentazione, la divisione, le discordie… e pare proprio che il mondo vada nella direzione opposta. Talvolta anche nelle nostre vite personali, nei nostri rapporti, nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità ecclesiali. La comunione è la cosa più bella del mondo, ma anche la più difficile da realizzare.

Gesù è chiaro: radunarci insieme è una cosa che può fare solo lui, e a noi non rimane che aprirci con fede alla sua opera. Alla grandiosa opera della salvezza che sta attuando nel mondo. Alla quotidiana opera di tessitura dell’unità che Lui sta operando nelle nostre vite personali. Gesù ci dà un criterio molto semplice per valutare e impostare la nostra presenza nel mondo (nella Chiesa, nella famiglia, nella società): tutte le parole e i gesti che tendono all’unità e all’accoglienza reciproca hanno una dimensione di verità e di eternità. Al contrario, le parole e i gesti che spezzano l’unità con Dio e con i fratelli sono espressione di una logica di morte, di distruzione.