Apri orecchie e bocca!

Commento al Vangelo del 9 settembre 2018.

Tutti abbiamo vissuto l’esperienza del sordomuto toccato da Gesù (Mc 7,31-37). Nel giorno del nostro battesimo il Signore ci ha toccato le orecchie e la bocca, nel rito dell’Effatà (cioè «Apriti!»), mentre il prete diceva: «Il Signore Gesù, che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda di ascoltare presto la sua parola, e di professare la tua fede, a lode e gloria di Dio Padre».

Quell’incontro di Gesù col sordomuto ci provoca ad una maggiore profondità. E a interrogarci: ascoltiamo e parliamo «correttamente»? Non è scontato.

Ascoltare gli altri è spesso difficile. Siamo immersi nei nostri pensieri, disattenti, preoccupati di dire la nostra, pieni di pregiudizi e di incomprensioni. D’altra parte, è così bello essere ascoltati! Ma sono pochi quelli che hanno tempo e voglia di farlo…

Ascoltare Dio è ancora più difficile, chè bisogna decifrare la sua Parola leggendo la Bibbia o gli eventi della vita, scorgerlo nei messaggi che gli altri ci danno e soprattutto stare attenti a ciò che lo Spirito suscita nel cuore…

Da soli non ce la facciamo: abbiamo bisogno che il Signore ci «conceda di ascoltare presto la sua Parola» che orienta la nostra vita. Senza ascolto, su questo non ci piove, semplicemente non si è cristiani. Non si può dire «sia fatta la tua volontà», se non ci si mette seriamente in ascolto della Parola.

Eppoi c’è il parlare. È bello parlare bene. Ma anche questo è difficile. Il Signore ci vuole aiutare a parlare agli altri correttamente, comunicare cose belle e vere, usare la parola per svelare la profondità di sé e per condividere progetti e desideri sani e grandi, per valutare insieme le cose di Dio e del mondo… E corrispondentemente ci vuole evitare la chiacchiera, il giudizio, le volgarità, le offese, le stronzate. È proprio vero che ne uccide più la lingua della spada! In famiglia, nella comunità, nella società… bisogna imparare di nuovo a parlare. Perché per il battesimo ogni cristiano è un profeta, uno che parla in nome di Dio, uno a cui Dio chiede di mettere a disposizione la bocca per farsi sentire nel mondo.

Credo che un buon esercizio per parlare bene sia quello di tacere. Tacere per ascoltare. Tacere per innestare bene il cervello e purificare i pensieri prima di dire qualcosa. Tacere è una esperienza di grande libertà e di dominio di sé. È un atto di grande carità.

Oggi pomeriggio, nella Assemblea parrocchiale di programmazione, il Signore ci vuole fare il dono di esercitare bene le nostre facoltà di ascolto e di parola. Lo facciamo dando ciascuno il proprio contributo, preparato nel silenzio della preghiera in cui abbiamo cercato di ascoltare ciò che lo Spirito suggerisce per la nostra comunità. Lo facciamo ascoltandoci bene bene gli uni gli altri, chè sappiamo (e vogliamo ricordarcelo di più) che con il dono dello Spirito «diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni» (Gioele 3,1). Oggi cerchiamo di aprirci ai sogni di Dio, per riempire la nostra bocca solo di quelli: il mondo in cui viviamo e di cui facciamo parte ha proprio bisogno di parole buone, vere, autentiche…