Sicilia. 14 agosto 2017

Cerchiamo di cacciare il pensiero che fa capolino ogni tanto (‘domani si torna a casa…’) e viviamo bene anche questa giornata, tutta dedicata alla visita di Palermo. Sotto un cielo luminoso e limpido, a metà mattina rifacciamo il tratto di autostrada che ci porta alla città più conquistata del mondo. Fenici, greci, romani, vandali, arabi, normanni, svevi, spagnoli, borboni, austriaci… tutti hanno lasciato in qualche modo il segno. Quel che vediamo oggi è del periodo forse più originale per la storia artistica e architettonica di Palermo. Troviamo parcheggio (schivando gli abusivi che ci richiamano con i loro fischietti) vicino alla Porta Nuova, che sta accanto all’antico fortilizio che fu trasformato in palazzo reale dai Normanni. All’interno un capolavoro che non t’aspetti, e che sintetizza un’epoca e una sensibilità straordinaria. La Cappella Palatina è uno splendore anzitutto per la distesa di mosaici che, analogamente al coevo duomo di Monreale, ti immerge nei misteri della fede. E poi per l’elegantissima commistione di stili che uniscono sapientemente occidente ed oriente, frutto della convivenza che ha dato luogo alla originale esperienza arabo-normanna.

Una visita fugace ad una mostra sul Novecento italiano, ospitata nel Palazzo, e poi è già ora di pranzo. Tentennando un po’, ci decidiamo per un paio di localini sotto l’imponente mole della Porta Nuova: forniti di arancine & company sostiamo all’ombra di giganteschi platani nell’atrio giardino antistante il Palazzo, appena all’interno della città.

La Cattedrale, su cui lo sguardo si posa inaspettatamente dopo aver costeggiato scuri palazzi, appare grandiosa ed originalissima. Quasi non capisci come sia orientata quella serie di pareti e cappelle, di archi e di volte elegantemente raccordati davanti ad un magnifico ed ordinato giardino. Sotto il portico dell’entrata ripassiamo le notizie delle guide ed entriamo trovando l’interno (rifatto in epoca più tarda) piuttosto deludente rispetto alla bellezza dell’invenzione arabo-normanna del XII secolo. Un po’ sparsi, stiamo a visitare la zona del presbiterio recentemente rinnovata, l’altare ricchissimo della veneratissima Santa Rosalia, la cappella con tomba del martire don Puglisi…

Il tempo avanza lento ed inesorabile: il lunghissimo programma suggerito da Monica dev’essere decurtato, e decidiamo almeno altre due mete, da raggiungere in auto: la Zisa (curioso ed imponente palazzo normanno nato come residenza estiva del re) e via D’Amelio, luogo dell’assassinio di Paolo Borsellino. Oltre che il navigatore, ci aiutano a trovare quest’ultima due gentili signori in scooter, abituati a chi si reca lì per rendere omaggio al magistrato ammazzato sotto casa della mamma nel ’92. Un ulivo davanti ai campanelli del grande palazzo di periferia fa pendere dai suoi rami testimonianze di vicinanza, di riflessione, di pace. Attorno a questo albero della memoria ci raccogliamo per sentire una testimonianza a distanza: il nostro parrocchiano Maurizio, originario di qui, ci racconta al telefono in viva voce quel giorno della strage. Il boato, il fumo, gli incendi, l’odore acre, i corpi devastati, le forze dell’ordine in lacrime, lo sconforto e l’amarezza… In silenzio preghiamo elevando con il De profundis anche noi il nostro lamento e la nostra espressione di fiducia nel Dio della Pace, che perdona le colpe e suscita la speranza.

Un gran traffico in autostrada: è la vigilia di ferragosto e una marea di palermitani passa nell’imbuto che li sparge poi tra le località della meravigliosa costa.

Quando arriviamo ci sta un fugace tuffo alla Praiola prima dei preparativi per la cena, stavolta in un ristorante sul lungomare, suggerito dal solito don Davide. Arriviamo per ultimi e andiamo via per ultimi. Un ultimo atto, prima di rincasare: stesi sulla scogliera, nell’aria ferma come il mare di questa notte, stiamo allegramente a caccia di stelle. Fisse e cadenti.