Commento al Vangelo del 30 ottobre 2016.
Torniamo ad ascoltare da san Luca la storia dell’incontro di Gesù con Zaccheo (Lc 19,1-10). Cerchiamo di leggerla per scoprire cosa ci dice a riguardo della preghiera, chè contiene diverse e interessanti indicazioni per il nostro dialogo con il Signore.
La preghiera è l’incontro tra persone che si cercano. La prima cosa che balza agli occhi è il movimento di Gesù, che entra in Gerico e attraversa la città, che alza gli occhi verso Zaccheo, che si autoinvita a casa sua, che dice di sé: «Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto». La preghiera cristiana ha la sua origine nella iniziativa di Dio Padre, che manda il suo Figlio e lo Spirito a cercare ogni uomo, fin nelle situazioni più basse e meschine (Gerico è sotto il livello del mare, Zaccheo è piccolo…). Pregare significa anzitutto accorgersi di Gesù che viene, che passa.
Zaccheo a sua volta è un cercatore e si mette in movimento. Saputo che Gesù «doveva passare di là» si precipita, corre, prova a infilarsi tra la folla, e non riuscendoci, decide di salire sul sicomoro. Anche per noi, la preghiera è mettersi in movimento, cercare Gesù là dove passa (specie nella Parola e nei Sacramenti, ma anche nelle persone da Lui amate e negli eventi che parlano di Lui…).
La preghiera è vedere Gesù e lasciarsi guardare da Lui. Zaccheo, sottolinea Luca, «cercava di vedere chi era Gesù», e fa di tutto «per riuscire a vederlo». E Gesù, a sua volta, «alza lo sguardo» su Zaccheo. Che momento memorabile quell’incrociarsi degli occhi! Che intensità di conoscenza: Gesù conosce perfettamente Zaccheo, mentre questi vuole imparare a conoscere meglio il Maestro, scrutarlo, ascoltarlo. Nella preghiera accade proprio questo: il Signore ci vede e ci insegna a guardarci come ci guarda il Padre, ci insegna a giudicarci come ci giudica Padre. Agostino (Disc. 174) dice che Zaccheo «fu visto e vide; ma se non fosse stato veduto, non avrebbe visto».
La preghiera è accogliere con gioia Gesù come ospite. Il dialogo che il Signore offre è anche qui connotato dalla dimensione della casa. Quante volte i vangeli ci raccontano di Gesù che entra nelle case! Lo fa con Levi (Lc 5,29), con il fariseo Simone (Lc 7,36), con Giàiro (Lc 8,41), con Marta e Maria (Lc 10,38)… Il clima della casa, della intimità famigliare è quello più adatto alla preghiera. È il clima di una gioia profonda, che deriva dalla sicurezza della vicinanza della Trinità e che rimane solida anche quando la vita è segnata dalle tempeste più terribili. Il Signore stesso, nella sua ultima cena, consapevole della sua passione, prega ringraziando il Padre, sicuro del suo amore incrollabile.
La preghiera è un dialogo trasformante. Non sappiamo che cosa si sono detti Gesù e Zaccheo, in casa. Vediamo però l’esito di questo dialogo. Il ricco capo dei doganieri (che aveva intascato un sacco di soldi facendo la cresta sulle tasse dovute ai dominatori stranieri) prende la decisione impressionante di condividere tutti i suoi averi: metà ai poveri e il resto per restituire le tangenti… Dobbiamo dubitare della preghiera che non cambia la nostra vita, che non ci porta a prendere anche solo delle piccole e concrete decisioni in sintonia con la Parola.