Diventare ‘una carne sola’

Commento al vangelo del 4 ottobre 2015.

Mentre è in viaggio verso Gerusalemme, Gesù viene interpellato dai farisei a riguardo di quel che noi chiamiamo divorzio. Una pagina interessante in questi giorni, nei quali la Chiesa vive il Sinodo della Famiglia, con il desiderio di rimanere fedele al Signore e di individuare i cammini più adeguati per aiutare tutti a vivere questa fedeltà. Gesù risponde volentieri, ai farisei e poi ai discepoli, con la sua serena chiarezza e con profonda passione educativa (Mc 10,2-16).

Per i Giudei non era in discussione la legittimità del divorzio, ma la sua modalità, che era regolata dalle prescrizioni di Mosè, contenute nel Libro del Deuteronomio. Infatti, quando Gesù porta l’attenzione sulla volontà di Dio, essi citano prontamente la normativa mosaica: «Se dopo che un uomo ha preso una donna e ne è divenuto marito, questa non trova favore ai suoi occhi, perché ha notato in lei una brutta cosa e per conseguenza le scrive un atto di divorzio… non potrà il suo primo marito che l’aveva rinviata, tornare a prenderla e farla sua moglie» (Dt 24,1a.4a). In questo ci si preoccupava di tutelare la posizione della donna ripudiata, affermando che essa ha piena autonomia e libertà nei confronti dell’ex marito.

Gesù, però, non si concentra sul piano normativo o di disciplina della Chiesa: sposta la questione sul piano profondo del disegno d’amore di Dio per l’uomo. L’«atto di ripudio» è un palliativo che cerca di porre rimedio a una situazione malata in radice. È infatti il ‘cuore indurito’ (la sclerosi del cuore) ciò che compromette il progetto originario di Dio. Alle raffinate sottigliezze casistiche di coloro che tentano di far coincidere la volontà di Dio con i propri desideri e interessi, Gesù oppone una prospettiva che è insieme antica (‘dall’inizio della creazione’) e nuova (perchè è perenne principio di ispirazione del cammino degli uomini). Non c’è legge che possa far nascere l’amore o risuscitarlo dove è morto. Soltanto la fonte originaria dell’amore, il gesto creatore di Dio, offre all’uomo e alla donna la possibilità di realizzarsi nel reciproco impegno di amore. Il progetto originario di Dio, come è espresso nel racconto del libro della Genesi (cf Gen 1,27. 2,24), cioè la comunione dell’uomo e della donna fino ad essere ‘una sola carne’, viene compromesso dalla fragilità, che inaridisce la fonte dell’amore nel centro stesso della personalità: il cuore.

Gesù non propone una legge più rigorosa o una visione morale più elevata rispetto a quella giudaica. Per Gesù, qui ed ora, stando alla sua sequela, è possibile attuare il progetto originario di Dio. È veramente una buona notizia, poiché in Gesù (cioè nella vita di amicizia e comunione con Lui) è eliminata la durezza di cuore e si può crescere veramente (e coraggiosamente) nell’amore.

Marco inserisce poi il racconto di uno dei gesti più suggestivi di Gesù: accogliere, abbracciare e imporre le mani ai bambini. In ciò egli va contro le aspettative dei discepoli, che vogliono invece difendere la dignità del maestro da molestatori importuni. Impressiona la reazione di Gesù, che «s’indignò»: il regno di Dio è un dono che appartiene a coloro che sono privi di prestigio e di diritti, di difese e di pretese, a coloro che non hanno sicurezze da difendere, né privilegi o ruoli da reclamare, e possono quindi essere totalmente aperti al dono di Dio. Essi possono convertirsi e credere, cambiare radicalmente e fidarsi di Gesù.