Programma pastorale 2015/2016

Inizia la pubblicazione del sito della Parrocchia di S. Agostino Vescovo e Dottore in Ferrara: il primo articolo è il testo del Programma pastorale per l’anno 2015/2016, elaborato dal Consiglio pastorale parrocchiale e che sarà di riferimento per tutta la comunità. L’agenda della comunità si può sempre consultare nell’apposito riquadro su questo sito.

Vela 20152016
Il logo dell’anno pastorale è una riproduzione della vetrata che si trova nella chiesa parrocchiale di S. Agostino, dietro il battistero. Allude al cammino del Popolo di Dio nella luce/presenza del Signore, che suscita la bellezza e la diversità dei carismi/colori nella sua Chiesa. ‘Cammina davanti a me’ è ciò che Dio dice ad Abramo in Gen 17,1, che si può tradurre anche ‘Cammina davanti al mio volto’, cioè ‘alla mia presenza’.

Cammina davanti a me

‘Verso la terra che io ti indicherò’
La Comunità parrocchiale continua il suo viaggio dopo il 40°, ripartendo come Abramo

L’orizzonte in cui ci muoviamo in questo anno pastorale è molto bello e ricco. Continuiamo il cammino dopo la celebrazione del 40° della chiesa; il clima della Chiesa è quello della nuova evangelizzazione; vivremo l’anno della misericordia indetto da Papa Francesco; in ottobre ci sarà il Sinodo sulla famiglia; in novembre il convegno ecclesiale nazionale di Firenze; la nostra Diocesi sta cercando di muovere i suoi passi nella comunione e nella affermazione chiara della fede…
Siamo la Chiesa ‘in uscita’, chiamata a vivere l’esperienza del primo credente della storia: Abramo. Il racconto biblico della sua esperienza inizia senza presentazioni e senza convenevoli. Improvvisamente, nella sua vita (ac)cade l’appello perentorio di Dio: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12,1-3). La risposta di Abramo è sorprendente: senza nulla dire, «partì, come gli aveva ordinato il Signore» (Gen 12,4). Verso dove, Abramo ancora non lo sa. Gli basta sapere che Dio indicherà la via. E che Dio gli promette una benedizione umanamente impossibile: diventare (lui, vecchio) capostipite di un popolo infinito. Abramo inizia un’avventura incredibilmente bella e complicata, intrecciata della veracità della sua umanità (piena di doti e di difetti) e della fedeltà di Dio (che scrive la sua storia dentro a quella di Abramo). Un viaggio profondamente educativo: la disponibilità di fede di Abramo dovrà crescere in un paziente e rinnovato discernimento dei suoi pensieri e sentimenti, via via raffinati dal suo divino pedagogo.

Vorremmo imparare a camminare, personalmente e insieme, con la fiducia di Abramo. 

‘Relicti sunt duo: misera et misericordia’
Una comunità centrata nella comunione con il Signore della misericordia

Il Dio, che inizia a svelarsi ad Abramo come buono e fedele, noi lo conosciamo (abbastanza?) bene: è il Padre misericordioso che ci ha creati e che ha mandato il suo Figlio, il nostro Signore Gesù Cristo, a condividere la nostra esperienza umana e a tirarci fuori dalle grinfie del peccato e della morte, per farci belli come lui. Noi crediamo nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, nella Trinità che è infinita comunione d’amore. Il viaggio della nostra vita ha lì la sua origine e la sua meta ultima. Il percorso è tutto da scoprire, ma la patria che ci aspetta è chiara. La terra promessa è la partecipazione alla vita definitiva, alla infinita e dolcissima misericordia del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Principio e fine, alfa e omega è il Signore Gesù che con il suo Spirito ci conduce al Padre.

La vita della comunità parrocchiale ha da essere continuamente fondata sulla esperienza della comunione con il Padre delle misericordie, donata in Gesù Cristo risorto per mezzo dello Spirito. Non ci può essere altro fondamento. E non siamo mai abbastanza saldi in questo mistero. Lo specifico della comunità cristiana, di ogni comunità cristiana, è propriamente l’accoglienza della presenza del Signore. Non ci legano, prima di tutto, motivi di simpatia o impegni educativi o collaborazioni sociali o interessi culturali. Non ci interessa, prima di tutto, l’aggregazione o la coesione sociale del nostro quartiere. Tutte queste cose (almeno nella logica se non sempre nella cronologia) vengono dopo e stanno in piedi solo se ad esse e in esse ci spinge il Signore.

In questo senso, il Giubileo della Misericordia, che inizierà l’8 dicembre 2015, è un grande dono anche alla nostra comunità: vorremmo riceverlo con gratitudine per purificare la nostra immagine di Dio e diventarne appassionati testimoni.

Vorremmo imparare a cogliere la presenza del Signore risorto nella nostra storia personale e comunitaria.

Vorremmo vivere intensamente nella liturgia e nella preghiera personale l’esperienza radicale dell’adultera accolta da Gesù, come dice S. Agostino: «Relicti sunt duo: misera et misericordia» (Agostino In Io. Ev. tr. 14, 5).

Vorremmo vivere sempre meglio la Messa, la meditazione della Parola, l’adorazione eucaristica, il legame con la Madre di Dio.

Una comunità di ‘convocati’
per vivere ‘insieme’ nella fraternità

Abramo è il primo convocato di un grande popolo, che nel cuore di Dio è l’umanità intera. L’esperienza della chiamata personale a condividere il cammino del Popolo di Dio è il fondamento del nostro essere ‘Chiesa’, cioè assemblea di chiamati. Vivere insieme e camminare insieme è in qualche modo la struttura fondamentale della vita cristiana. La comunione interpersonale è infatti il contenuto dell’annuncio cristiano, è la verità principale della nostra fede: tutto nasce dalla e tutto va verso la comunione trinitaria.

Il Popolo di Dio è fatto di questa comunione, in tante forme concrete e integrate, seppur imperfette: le famiglie, anzitutto, e poi le amicizie, i gruppi, la comunità cristiana nella sua ampiezza.

Vorremmo vivere e far vivere questo principio di convocazione personale: tendere a far sentire a tutti l’accoglienza di Dio che passa nella testimonianza dei cristiani. Ognuno, nel Popolo di Dio, è unico, originale, irripetibile.

Vorremmo essere parrocchiani aperti e attenti alle persone con le quali abitiamo nei nostri palazzi.

Vorremmo dare forma all’esperienza dell’oratorio parrocchiale per tutte le fasce d’età.

Una comunità di convocati al ‘sinodo’
e al discernimento comunitario

Abramo si mette in movimento e cammina insieme a suo nipote Lot e le loro famiglie. Già da quella primissima esperienza, la vita di fede è un sinodo, è un percorrere la ‘strada insieme’. La Chiesa apostolica lo ha sperimentato bene, fin dal primo mandato missionario: mai da soli! Il Signore ha consegnato la sua Parola autorevole e i segni efficaci della sua Presenza (i Sacramenti) al collegio degli apostoli, dando alla sua Chiesa una struttura comunionale e gerarchica insieme. In questo Popolo di salvati che hanno ricevuto tutti il dono dello Spirito, ogni battezzato è protagonista per volere di Dio, che suscita una fantasiosa vivacità di carismi da riconoscere e da rispettare, sotto la ‘sorveglianza’ dei pastori, che sono presenza del Pastore grande delle pecore. L’impresa della comunità cristiana è di essere organica come un bell’edificio in cui ciascuno è pietra viva, di essere vitale come una lussureggiante vigna in cui ciascuno è un tralcio curato dall’Agricoltore.

Per essere così, la nostra Comunità ha da stare in ascolto dell’unico Spirito, che conduce le persone e la comunità con la sua sapienza, da cogliere nel discernimento. Vorremmo lasciarci educare a mettere in campo tutta la nostra umanità, i nostri slanci e le nostre difficoltà, i nostri progetti e le nostre ipotesi, permettendo a Dio di orientare il nostro cammino insieme. C’è da far fatica, c’è da mettersi in gioco con intelligenza e sensibilità per vedere bene le situazioni e le possibilità, per giudicarle insieme alla luce della Parola di Dio e del Magistero della Chiesa, per agire di conseguenza nell’amare di più e meglio. Sin dagli inizi, la Chiesa ha sperimentato la bellezza e la fatica del capire e scegliere insieme (basti pensare ai rapporti tra Paolo e Pietro). Non c’è altra via. Non c’è via più bella e umana e umanizzante. Al di fuori del discernimento comunitario c’è la delega deresponsabilizzante da una parte o la fredda imposizione dall’altra: non sarebbe più la Chiesa di Gesù Cristo, non sarebbe più la Chiesa di persone vivificate dallo Spirito e chiamate al paradosso della libertà nell’obbedienza.

Vorremmo accettare l’incertezza del cammino e osare quando non tutto è ancora chiaro: la patria che ci attende si raggiunge solo camminando ‘verso’ ciò che il Signore indica. Un faro lontano ci traccia la via, ma dobbiamo capire di tempo in tempo dove mettere i piedi qui ed ora.

Vorremmo vivere bene l’esperienza del Consiglio pastorale parrocchiale, laboratorio della sinodalità di tutta la Comunità.

Vorremmo maturare in tutte le iniziative lo stile del discernimento comunitario.

La cura della formazione

Abramo ha conosciuto Dio nella storia del rapporto con Lui. La sua scuola è stata la vita. Il Patriarca della nostra fede è praticamente partito da zero e si è lasciato formare.

Anche per noi la scuola rimane principalmente la vita, vissuta in un permanente atteggiamento di ascolto della Parola e di rilettura delle esperienze e degli avvenimenti dell’attualità.

Siamo però più fortunati di Abramo: abbiamo il dono abbondante della Rivelazione nella Parola e nel Magistero; abbiamo la ricchezza della storia e delle riflessioni dei Santi, in particolare il patrimonio ricchissimo dell’opera di S. Agostino; abbiamo itinerari collaudati di introduzione e formazione alla vita cristiana…

Sentiamo urgente il servizio della formazione per tutti. Per essere cristiani che non rimangono nella superficialità o nello spontaneismo. Per avere una vita spirituale solida, fondata sulla roccia. Per essere persone «in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio» (Ef 3,18-19). Per essere capaci di rendere ragione della speranza che è in noi. Per metterci, con cognizione di causa, in dialogo con tutti. Per interpretare cristianamente la vita del mondo nel quale siamo cittadini.

Non si tratta semplicemente di sapere delle cose, di immagazzinare nozioni bibliche o catechistiche. La formazione deve puntare a far crescere in noi la sapienza di Dio, la capacità di ragionare e sentire come Dio, la disposizione a stare nella storia e nei rapporti con l’intelligenza dello Spirito.

La formazione è espressione di una esigenza fondamentale nella storia della Chiesa: l’inculturazione. Anche per noi si tratta di rifare, per quel che è necessario, il linguaggio. Di imparare a dire il Vangelo (senza sminuirne la verità) nelle parole e nei simboli del nostro tempo. Di ‘tradurre’ il Vangelo per attuare la ‘tradizione’, cioè la consegna, del Vangelo.

Ci sentiamo davvero discepoli, bisognosi di imparare Dio, curiosi di sperimentare il suo amore e di lasciarci plasmare da esso.

Vorremmo offrire a tutti percorsi adeguati di formazione: a chi comincia ora a conoscere il Signore, a chi da tempo ha camminato, a chi magari ha lontani ricordi catechistici e si riaffaccia al ‘sinodo’ della comunità…

Vorremmo valorizzare gli strumenti della formazione comunitaria (l’omelia, il foglio parrocchiale, il periodico ‘Insieme’) per approfondire i contenuti proposti a tutti: la Parola spezzata nella Liturgia, le riflessioni del Sinodo sulla famiglia e quelle del Convegno di Firenze, e soprattutto il grande tema della Misericordia. E, ancora, riproporre a tutti la lettura comunitaria di un libro biblico (il ciclo di Abramo e il vangelo secondo Luca), la giornata della Bibbia, il riferimento permanente ai testi di S. Agostino, l’attenzione alle proposte diocesane.

Vorremmo confermare e consolidare i cammini formativi esistenti per tutte le fasce di età, dando attenzione anche alla formazione delle famiglie e allo scambio di esperienze tra famiglie giovani e quelle più ‘navigate’.

Vorremmo vivere l’attenzione alle tematiche dell’attualità e alle sfide culturali.

Una comunità in uscita,
che si apre nella testimonianza della carità

Raggiunto dalla benedizione del Signore, Abramo è a sua volta strumento di benedizione: «in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 1,3). La bontà di Dio che dice bene di Abramo si allarga alla sua discendenza. Egli, nel progetto della salvezza, è figura del nostro Signore Gesù Cristo. La promessa di una benedizione che si estende a tutta l’umanità è realizzata dalla Risurrezione del Figlio di Dio, che dona il suo Spirito a tutti (cf. Gal 3-4)

La storia di Abramo è quella di un uomo ‘in uscita’, non solo per la sua prima partenza da Carran: tutta la sua vita è un peregrinare, da straniero e pellegrino. Incontra un sacco di persone. Alcuni lo aiutano e lo accolgono, facendogli fare l’esperienza di ricevere amore. Di altri si fa carico, facendosi interprete dell’amore di Dio per gente quasi sconosciuta: vedi ad esempio la sua calorosa intercessione per la gente di Sodoma in Gen 18,22-33. La sua ospitalità è diventata famosa specialmente per il racconto di Gen 18.

Abramo può essere il nostro compagno di viaggio nel tempo presente. Il compagno di viaggio di molti nel mondo, pellegrini e stranieri, per amore o per forza. La Chiesa che il Signore ha radunato nella parrocchia di S. Agostino è insieme ospitata e ospitale. È una comunità fatta di tanta gente che si è ritrovata qui provenendo da un sacco di posti diversi. È coinvolta nell’accoglienza di tutti, perchè non può non essere segno vivo del Signore che esce e si prende cura di tutti. Specie dei poveri.

– Vorremmo avere una conoscenza rinnovata della gente che abita il quartiere, delle ricchezze e dei bisogni di tutti: non c’è più la situazione di quarant’anni fa. Sarà utile la benedizione delle famiglie da parte dei pastori, la conoscenza dei vicini di casa, il confronto sulle situazioni e sui fatti che capitano in quartiere.

– Vorremmo rimanere aperti ed aprirci ancora di più alla accoglienza e alla condivisione con i più poveri e diseredati. Con il servizio ai vicini di casa, lo sviluppo dell’affiancamento famigliare, la condivisione di generi alimentari e di denaro nella Messa domenicale. Sarà da valorizzare molto la S. Vincenzo parrocchiale. Sarà da intensificare anche il rapporto con l’Associazione Viale K, specie per l’accoglienza dei profughi nell’appartamento di proprietà della parrocchia in via Carducci.

– Vorremmo porre attenzione alle relazione con le istituzioni, i gruppi e le associazioni della zona, stando informati specialmente sulle realtà di servizio alla persona e tentando di organizzare un convegno annuale sulle situazioni del quartiere.

Il Consiglio pastorale parrocchiale

Ferrara, 28 settembre 2015