Una felicità strana…

Commento al Vangelo del 29 gennaio 2023.

È bellissimo che Gesù inizi il suo primo grande discorso parlando di felicità (Mt 5,1-12). Vuol dire che gli sta veramente a cuore e che la preoccupazione più grande del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo è che noi diventiamo persone che partecipano della pienezza della loro gioia. È una domanda importantissima: come stiamo cercando gioia oggi?

La beatitudine di cui parla Gesù, declinandola in nove esempi, colpisce anzitutto perché è un dono assolutamente gratuito, un dono che ti trovi addosso e che viene dalla iniziativa di Dio. Gesù proclama la gioia come una specie di constatazione oggettiva. Parla di qualcosa che è lì, è davanti a noi, in un modo inesorabile e indiscutibile. Dio non aspetta che gli chiediamo di essere felici. Dio non pone condizioni. Dona la sua felicità e basta. È la felicità di chi si lascia governare da Dio (sta nel suo regno), di chi si lascia consolare, di chi avrà in eredità la terra e sarà sazio, riempito di misericordia, capace di guardare in faccia Dio e di sentirsi suo figlio, tutto proiettato alla esistenza definitiva nella comunione del paradiso.

La beatitudine di cui parla Gesù raggiunge proprio tutti. Su quel monte, dalla cima del quale parla come il Maestro, ha attorno a sé i discepoli e la gente, le folle. È gente normale, semplice. Gente che ha tanti problemi personali e tante malattie e sofferenze. È gente che vive una situazione di grande ingiustizia sociale: è un popolo conquistato e sottomesso dai potenti romani, sfruttato dagli esattori delle tasse e dalle aristocratiche famiglie dei capi religiosi. È gente che attende un cambiamento, una liberazione, una situazione di prosperità e di pace. Proprio i poveri, gli affamati di giustizia, quelli che sono nel pianto sono raggiunti dal desiderio di felicità che sgorga da cuore del Padre. Non devi far parte di un gruppo particolare, non devi avere titoli di studio, non devi aver già fatto chissà quale cammino iniziatico. E qui è forse importante sottolineare che i motivi della felicità sono detti da Gesù nella seconda parte di ogni frase. Cioè: uno non è felice perché è povero, ma perché sa che è coinvolto nel regno. Uno non è felice perché piange, ma perché sarà consolato, Uno non è felice per il fatto di essere perseguitato, ma perché nella persecuzione sa che avrà la ricompensa nei cieli… e così via. Altrimenti sarebbe una specie di masochismo che non piace a nessuno. Gesù non consacra l’ingiustizia rivestendola di una strana aurea di felicità.

Infatti, la beatitudine di cui parla Gesù è una forza di trasformazione del mondo. Non propone fughe nei paradisi esotici, né surrogati che danno una scossa momentanea di felicità e nemmeno inutili ripiegamenti su sé stessi. La via della felicità secondo Dio è una semplice e profonda passione per la giustizia e la pace, costi quel che costi. Sono felici quelli che si impegnano volentieri per gli altri. E tutti lo possono fare, messi in movimento dalla gratuita presenza del Dio della giustizia e della pace. Anche se sono in situazioni di pianto, di ingiustizia, di povertà, di persecuzione.

Gesù parla di una via di beatitudine scandalosa agli occhi del mondo: è la via della mitezza e della misericordia. Che non è per niente di moda. Non lo è mai stata, e tantomeno oggi. La logica del mondo è quella diabolica del potere, del dominio, del successo che sfrutta gli altri per la propria felicità. Dai piccoli conflitti a quelli grandi che insanguinano la terra con il sangue dei fratelli. Pare, per il mondo, che la via del dialogo sia ridicola: meglio armarsi sempre di più. Quella di Gesù invece è la via della nonviolenza, della generosità ad oltranza, della tenerezza e della delicatezza. A guardarci bene (e nelle prossime settimane sentiremo Gesù che continua a spiegarci bene la logica delle beatitudini fino all’amore ai nemici) la mitezza e la misericordia sono l’unica via della pace perché non hanno in sé nulla di distruttivo. Sono la manifestazione del cuore creatore e sempre rigenerante di Dio verso i suoi figli, che sono fratelli tra di loro.

La beatitudine di cui parla Gesù è, poi, una specie di autoritratto. Se proviamo a mettere in fila i tratti della vita cui è promessa la beatitudine, abbiamo nove stupende pennellate della persona di Gesù: povero in spirito, forte nel pianto, affamato e assetato di giustizia, mite e misericordioso, operatore di pace, disposto ad essere perseguitato per la giustizia. Che bello diventare come lui! Che vita da brivido!