Sveglia alle 8? Magari: già alle 6 le stanze iniziano a rumoreggiare. Ma si sa, nei campi è sempre così, i primi giorni… I ragazzi sono puntuali per l’abbondante colazione, e con pazienza si mettono in fila alla macchinetta delle bevande. Fuori un cielo terso si è lasciato inondare di una limpida luce. Con lena si fanno i servizi di casa e poi pronti per la gita. Il primo tratto con i ragazzi stipati nei pulmini: la strada quasi deserta porta in fondo alla Val Gares, dove muore nel teatro delle pareti del gruppo delle Pale. Dal parcheggio nella verde radura fiancheggiata da un invitante torrente dalle acque calmissime si intravvedono le cascate delle Comelle, che scrosciano dalle verticali mura rocciose. Ci si mette in cammino dapprima in un piano stradone che fiancheggia il torrente e poi inerpicandosi nel sentiero ricavato sui resti rocciosi di un’antica frana. Non ci vuole molto ad arrivare alla prima tappa: ragazzi scavalcano (quasi tutti) agilmente alcune rocce per raggiungere un angolino tranquillo attorno ad una pozza di limpida acqua che si raccoglie sotto la cascata. Irresistibile metterci i piedi dentro. Ma coi piedi dentro l’acqua gelida resistono in pochi.
Per raggiungere la cascata bisogna riprendere il sentiero che si fa più ripido, tra abeti curiosamente radicati nei massi, passaggi più stretti e qualche scaletta. Qualcuno con il respiro in affanno vorrebbe fermarsi. Qualcuno cerca di correre avanti in fretta. Ci vuole una mezz’oretta per arrivare alla più poderosa cascata che fa una nuvola di spruzzi cadendo su enormi rocce franate. Cerchiamo di avvicinarci allo spettacolo e al suo fragore che costringe ad urlare. Una bella foto di gruppo e poi ci si sistema poco più in là, tra l’erba scoscesa e i sassi del greto del torrente, chè ormai è ora di pranzo e la fame si fa sentire. La sosta si prolunga e piacevolmente a gruppetti si chiacchiera allegramente e si gironzola come apprendisti stambecchi sui massi tra l’acqua che scorre, si gioca a Dengeons & Dragons, alzando spesso lo sguardo al salto d’acqua che cade per una trentina di metri prendendo inesauribilmente forme fantasiose.
La discesa è molto ripida: con calma e senza correre si ritorna alla radura, camminando un po’, nel fondo valle, sul greto del torrente che a un certo punto sparisce sotto terra. Ora siamo sull’accogliente e piana radura nel centro del teatro di rocce. Il momento è buono anche per fermarci in cerchio a pregare: quest’oggi seguendo Abramo nella risoluzione del conflitto tra i suoi mandriani e quelli del nipote Lot. Sarebbe bello costruire le cose insieme, ma questa volta Abramo, per evitare guai peggiori, si separa dal nipote lasciandogli scegliere il territorio migliore. Si fida di Dio, che gli promette una terra sterminata e ancora una discendenza incalcolabile. Per riflettere su questa storia, a gruppetti i ragazzi provano a farsi progettisti di case: prima disegnando ognuno la propria casa ideale, e poi mettendo da parte i propri progetti per costruirne altri insieme.
I pulmini ci riportano a Canale per una desiderata doccia e una attesissima cena. Piuttosto rumorosa anche questa sera. I giochi della serata, nel bel salone accanto alla casa, sono molto allegri: l’obiettivo delle squadre è di far ridere i giudici. Obbiettivo raggiunto facilmente, più per la simpatia dei personaggi che per l’arguzia delle battute.









