Commento al Vangelo del 26 settembre 2021.
Siamo ancora a Cafàrnao, in casa (Mc 9,38-43.45.47-48). Gesù ha appena annunciato per la seconda volta la sua pasqua e, ai discepoli che discutevano sul ‘più grande’, ha insegnato che bisogna essere bambini.
Proprio teste dure, ‘sti discepoli. Subito dopo, Giovanni (proprio Giovanni!) si lamenta perché per strada ha visto uno che faceva l’esorcista in nome di Gesù. Siccome «non ci seguiva», voleva impedirglielo. Chiaro il pensiero: qualcuno è ‘dentro’ e qualcuno è ‘fuori’ dal gruppo. Qualcuno ha il diritto di parlare e fare in nome di Gesù, tutti gli altri non hanno nessun diritto, nessuna possibilità. C’è una ‘dogana’ (direbbe papa Francesco) nella quale si ammettono i buoni e si lasciano fuori gli altri, atei e miscredenti, brutti e cattivi, forse nemmeno figli di Dio…
«Ma Gesù disse…» che le cose, per lui e per il Padre, non sono così chiare come lo sono per noi ‘doganieri’ del regno. In realtà qualcuno è che è ‘dentro’ rinnega e tradisce. E qualcuno che è ‘fuori’ può dare generosamente un bicchier d’acqua ai discepoli ed essere ricompensato. La distinzione, insomma, non è così netta.
E allora ci vogliono occhi nuovi e cuore nuovo. Sempre nuovi. Gli occhi di Dio che guardano a tutti come figli creati e amati. Cuore di Dio che dà esistenza, energia e vita a ogni persona umana, lavorando (in modi a noi sconosciuti) con il suo Spirito per suggerire e fare il bene.
Come sarebbe bello maturare sempre di più questo sguardo sulle persone che incontriamo, sulle persone del nostro quartiere, della nostra città. Un buon esercizio, in questa settimana, potrebbe essere quello di guardare al bene che fanno anche quelli ‘che non vengono in chiesa’: quanto servizio in famiglia, nel lavoro, nella società. Quanto volontariato. Quanta capacità di affrontare le situazioni di dolore e sofferenza (sono spessissimo edificato dalle vicende dolorose di chi ha un parente ammalato e si dedica magari per tempi lunghissimi al suo servizio). Ne scopriremo delle belle. E ci accorgeremo della benevolenza di Dio che opera in tutti. Già, perché se esiste una esperienza di bene, sia per chi ‘va in chiesa’ sia per chi non ci va mai, la fonte è sempre lo Spirito che opera nel cuore di ciascuno.
Non è facile tracciare confini. E forse è una fatica per certi versi inutile. È più impegnativo (ed enormemente più bello) essere compagni di viaggio. Chi pensa di fare parte più esplicitamente del ‘gruppo’ di Gesù si deve sentire onorato di una comprensione un po’ più profonda della vita che è donata a tutti e stare nel cammino di ascolto e di conversazione e di scambio reciproco con tutti, per aiutare tutti (quando il Signore vorrà) ad aprire gli occhi sulla perla e sul tesoro che è il Regno.
Chi poi si sente un po’ più esplicitamente in compagnia di Gesù, vive l’esperienza di una attrazione radicale, di una conversione radicale: tutta la persona è sempre più illuminata dallo stile di vita di Dio, e ciò che tira da un’altra parte ha da essere riconosciuto ed eliminato con chiarezza. Se pensieri, parole, abitudini, sguardi e opere (occhi, mani e piedi) sono di scandalo, cioè non aiutano gli altri e non aprono al regno, bisogna tagliare, gettare. L’amore autentico, cioè, richiede una disciplina forte: per dire dei ‘sì’ decisi al servizio, è necessario dire dei ‘no’ altrettanto decisi a tutti i nostri difetti.