Viviamo bene la Messa per vivere bene le beatitudini: La liturgia della Parola

La Messa è l’incontro con la Trinità che vuole cambiarci la vita. Se non succede che la Messa incide nella nostra settimana, c’è qualcosa che non va: aiutiamoci a lasciarci plasmare dalla iniziativa di Dio che ci raduna, ci perdona, ci parla e ci unisce a sè in una comunione profonda, per mandarci a vivere le Beatitudini e a trasformare in bene questo nostro mondo

La Messa è un incontro così ricco che fatichiamo a coglierne tutti i passaggi… Il rito della Messa è descritto in modo molto dettagliato in un documento della Chiesa che si intitola Ordinamento generale del Messale Romano. Questo documento è contenuto anche all’inizio del nuovo Messale, che abbiamo iniziato ad usare con questo nuovo anno liturgico. Leggiamo con attenzione ciò che dice a riguardo delle varie parti della Messa. Sottolineiamo le parole che ci sembrano più importanti, o le cose che non capiamo o che vorremmo approfondire. Altri spunti di riflessione sono pubblicati sul sito della parrocchia.

In questa Domenica della Parola riscopriamo in particolare la Liturgia della Parola, una delle due parti fondamentali della Messa: Gesù risorto si offre a noi nella mensa della Parola (dall’ambone) prima di offrirsi con il suo Corpo e Sangue nella mensa eucaristica (l’altare).

B) LITURGIA DELLA PAROLA

55. Le letture scelte dalla sacra Scrittura con i canti che le accompagnano costituiscono la parte principale della Liturgia della Parola; l’omelia, la professione di fede e la preghiera universale o preghiera dei fedeli sviluppano e concludono tale parte. Infatti nelle letture, che vengono poi spiegate nell’ omelia, Dio parla al suo popolo, gli manifesta il mistero della redenzione e della salvezza e offre un nutrimento spirituale; Cristo stesso è presente, per mezzo della sua Parola, tra i fedeli. Il popolo fa propria questa Parola divina con il silenzio e i canti, E vi aderisce con la professione di fede. Così nutrito, prega nell’ orazione universale per le necessità di tutta la Chiesa e per la salvezza del mondo intero.

Il silenzio

56. La Liturgia della Parola deve essere celebrata in modo da favorire la meditazione; quindi si deve assolutamente evitare ogni forma di fretta che impedisca il raccoglimento. In essa sono opportuni anche brevi momenti di silenzio, adatti all’assemblea radunata, per mezzo dei quali, con l’aiuto dello Spirito Santo, la parola di Dio venga accolta nel cuore e si prepari la risposta con la preghiera. Questi momenti di silenzio si possono osservare, ad esempio, prima che inizi la stessa Liturgia della Parola, dopo la prima e la seconda lettura, e terminata l’omelia.

Le letture bibliche

57. Nelle letture viene preparata ai fedeli la mensa della parola di Dio e vengono loro aperti i tesori della Bibbia. Conviene quindi che si osservi l’ordine delle letture bibliche, con il quale è messa meglio in luce l’unità dei due Testamenti e della storia della salvezza; non è permesso quindi sostituire con altri testi non biblici le letture e il salmo responsoriale, che contengono la parola di Dio.

58. Nella celebrazione della Messa con il popolo, le letture si proclamano sempre dall’ambone.


59. Il compito di proclamare le letture, secondo la tradizione, non è competenza specifica di colui che presiede, ma di altri ministri. Le letture quindi siano proclamate da un lettore, il Vangelo sia invece proclamato dal diacono o, in sua assenza, da un altro sacerdote. Se non è presente un diacono o un altro sacerdote, lo stesso sacerdote celebrante legga il Vangelo; e se manca un lettore idoneo, il sacerdote celebrante proclami anche le altre letture.
Dopo le singole letture il lettore pronuncia l’acclamazione, e il popolo riunito con la sua risposta dà onore alla parola di Dio, accolta con fede e con animo grato.



60. La lettura del Vangelo costituisce il culmine della Liturgia della Parola. La stessa Liturgia insegna che si deve dare ad essa massima venerazione, poiché la distingue dalle altre letture con particolare onore: sia da parte del ministro incaricato di proclamarla, che si prepara con la benedizione o con la preghiera; sia da parte dei fedeli, i quali con le acclamazioni riconoscono e professano che Cristo è presente e parla a loro, e ascoltano la lettura stando in piedi; sia per mezzo dei segni di venerazione che si rendono all’Evangeliario.



Il Salmo responsoriale

61. Alla prima lettura segue il salmo responsoriale, che è parte integrante della Liturgia della Parola e che ha grande valore liturgico e pastorale, perché favorisce la meditazione della parola di Dio. Il salmo responsoriale deve corrispondere a ciascuna lettura e deve essere preso normalmente dal Lezionario. Conviene che il salmo responsoriale si esegua con il canto, almeno per quanto riguarda la risposta del popolo. Il salmista, quindi, o cantore del salmo canta o recita i versetti del salmo all’ambone o in altro luogo adatto; tutta l’assemblea ascolta restando seduta, e partecipa di solito con il ritornello, a meno che il salmo non sia cantato o recitato per intero senza ritornello. (…)

L’acclamazione prima della lettura del Vangelo



62. Dopo la lettura che precede immediatamente il Vangelo, si canta l’Alleluia o un altro canto stabilito dalle rubriche, come richiede il tempo liturgico. Tale acclamazione costituisce un rito o atto a sé stante, con il quale l’assemblea dei fedeli accoglie e saluta il Signore che sta per parlare nel Vangelo e con il canto manifesta la propria fede. Viene cantato da tutti stando in piedi, sotto la guida della schola o del cantore, e se il caso lo richiede, si ripete; il versetto invece viene cantato dalla schola o dal cantore.
 (…)



L’omelia

65. L’omelia fa parte della liturgia ed è vivamente raccomandata: è infatti necessaria per alimentare la vita cristiana. Essa deve consistere nella spiegazione o di qualche aspetto delle letture della sacra Scrittura, o di un altro testo dell’Ordinario o del Proprio della Messa del giorno, tenuto conto sia del mistero che viene celebrato, sia delle particolari necessità di chi ascolta.


66. L’omelia di solito sia tenuta personalmente dal sacerdote celebrante. Talvolta, potrà essere da lui affidata a un sacerdote concelebrante e, secondo l’opportunità, anche al diacono; mai però a un laico. In casi particolari e per un giusto motivo l’omelia può essere tenuta anche dal Vescovo o da un presbitero che partecipa alla celebrazione anche se non può concelebrare. Nelle domeniche e nelle feste di precetto l’omelia si deve tenere e non può essere omessa se non per un grave motivo in tutte le Messe con partecipazione di popolo. Negli altri giorni è raccomandata, specialmente nelle ferie di Avvento, di Quaresima e del tempo pasquale; così pure nelle altre feste e circostanze nelle quali è più numeroso il concorso del popolo alla chiesa.

È opportuno, dopo l’omelia, osservare un breve momento di silenzio.



LA PROFESSIONE DI FEDE


67. Il simbolo, o professione di fede, ha come fine che tutto il popolo riunito risponda alla parola di Dio, proclamata nella lettura della sacra SCRITTURA e spiegata nell’omelia; e perché, recitando la regola della fede, con una formula approvata per l’uso liturgico, torni a meditare e professi i grandi misteri della fede, prima della loro celebrazione nell’ Eucaristia.



68. Il simbolo deve essere cantato o recitato dal sacerdote insieme con il popolo nelle domeniche e nelle solennità; si può dire anche in particolari celebrazioni più solenni.
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La preghiera universale

69. Nella preghiera universale, o preghiera dei fedeli, il popolo risponde in certo modo alla parola di Dio accolta con fede e, esercitando il proprio sacerdozio battesimale, offre a Dio preghiere per la salvezza di tutti. È conveniente che nelle Messe con partecipazione di popolo vi sia normalmente questa preghiera, nella quale si elevino suppliche per la santa Chiesa, per i governanti, per coloro che portano il peso di varie necessità, per tutti gli uomini e per la salvezza di tutto il mondo.



70. La successione delle intenzioni sia ordinariamente questa: a) per le necessità della Chiesa; b) per i governanti e per la salvezza di tutto il mondo; c) per quelli che si trovano in difficoltà; d) per la comunità locale. Tuttavia in qualche celebrazione particolare, per esempio nella Confermazione, nel Matrimonio, nelle Esequie, la successione delle intenzioni può venire adattata maggiormente alla circostanza particolare.

71. Spetta al sacerdote celebrante guidare dalla sede la preghiera. Egli la introduce con una breve monizione, per invitare i fedeli a pregare, e la conclude con un’orazione. Le intenzioni che vengono proposte siano sobrie, formulate con una sapiente libertà e con poche parole, ed esprimano le intenzioni di tutta la comunità. Le intenzioni si leggono dall’ ambone o da altro luogo conveniente, da parte del diacono o del cantore o del lettore o da un fedele laico. Il popolo invece, stando in piedi, esprime la sua supplica con una invocazione comune dopo la formulazione di ogni singola intenzione, oppure pregando in silenzio.

La Messa è l’incontro con il Signore che parla e nutre. Uno solo è il Signore che si dona (e in lui il Padre, per mezzo dello Spirito Santo), ma i modi sono diversi, perché noi siamo fatti così: il nostro linguaggio è fatto di parole e gesti. E Dio si adegua al nostro linguaggio per dire e farci sperimentare il suo progetto di salvezza. La Messa dunque è una duplice mensa in cui riceviamo l’unico Signore: la mensa della Parola, la mensa della Eucaristia.

Ascoltare Dio e fare fruttare la Parola

L’ascolto della Parola è al centro della vita e della preghiera cristiana, per come la pensa Gesù, che è chiarissimo su questo punto. Una delle espressioni più forti è nell’episodio in cui vivere la Parola viene considerato più importante del fatto materiale di essere Madre di Cristo stesso (la grandezza di Maria consiste precisamente, prima di tutto, nell’aver «ascoltato» la Parola e averla incarnata nella propria esistenza):

«Una donna levò la voce dalla folla e gli disse: “Beato il grembo che ti ha portato e il petto che ti ha nutrito!”. Ma egli rispose: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica! “». (Lc. 11, 27-28).

Qual è la persona che realmente comprende la Parola? Solo quella che la fa fruttificare nella propria vita:

«Quello che ha ricevuto la semente nella terra fertile, è colui che ascolta la Parola e la comprende. Questi dà frutto e rende chi il cento, chi il sessanta, chi il trenta!» (Mt. 13, 23; cf. Lc. 8, 15; Mt. 25, 11-30).

Gesù ha anche spiegato con molta chiarezza a chi assomigliano quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica, e quelli che dopo averla ascoltata non la praticano:

«Perché mi chiamate: “Signore, Signore” e non fate ciò che vi dico? Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi assomiglia: assomiglia a un uomo che costruisce una casa, che scava in profondità e pone le fondamenta sulla roccia. Ora, venuta la piena, il fiume si rovesciò su quella casa e non valse a scuoterla, perché era ben costruita. Chi, invece, ha ascoltato e non ha messo in pratica, assomiglia ad un uomo che ha edificato una casa sul suolo, senza fondazioni; il fiume si rovesciò su di essa e subito crollò, e la rovina di quella casa fu grande». (Lc. 6, 46-49; cf. Mt. 7, 24-27).

E su questo dobbiamo crescere ancora molto, perché spesso la nostra preghiera è fatta delle nostre parole, con le quali domandiamo tante cose a Dio: siamo molto preoccupati di parlare e poco di ascoltare!

La Parola viene a noi con abbondanza: chi dice di non sentire Dio deve cercare nel posto giusto. Anzitutto nella Liturgia, poi nelle molteplici in cui si medita la Parola nella comunità cristiane, e ancora nella lettura personale della Bibbia! Dio parla in continuazione.

Bisogna affinare l’udito, imparare ad ascoltare e prendere delle decisioni: la Parola ci trasforma a poco a poco.

Ascoltare bene gli altri

Ascoltare bene Dio ci trasforma e ci rende capaci di ascoltare bene anche gli altri, i nostri fratelli.

L’ascolto degli altri è un grande servizio. È interessante ricordare come nella storia della salvezza Dio è presentato come colui che ascolta il grido del suo popolo (ad esempio in Es 3,17: « Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido…»). Gesù risorto, poi, non esita a mettersi in ascolto dei suoi due amici di Emmaus: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?» (Lc 24,17).

Possiamo essere missionari del Signore prestandogli le orecchie per ascoltare gli altri. A pensarci bene, quanto ci fa piacere essere ascoltati! Si deve decidere:

– di ‘perdere del tempo’ con molta pazienza per gli altri, perché sono preziosi agli occhi di Dio e agli occhi nostri;

– di essere curiosi: nelle parole degli altri si può nascondere sempre qualcosa di prezioso per noi, specialmente quando cerchiamo consiglio;

– di non mettere noi stessi sempre al centro, pretendendo di raccontarci e di far sapere agli altri le nostre idee, le nostre storie… Quanto spesso capita che mentre qualcuno ci dice qualcosa, subito noi dobbiamo raccontare qualcosa di simile…

– di saper dire dei no, di chiudere le orecchie: quando gli altri ci vogliono raccontare delle cazzate o sparano giudizi e parole cattive…