Un dialogo tra ‘poveri in spirito’

Commento al Vangelo del 24 gennaio 2021.

È la Domenica della Parola in tutta la Chiesa, per desiderio del Papa, che vuole educarci ad un dialogo più vero con la Trinità. Siamo fatti per il dialogo. Siamo creati a immagine e somiglianza del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo che si amano in un dialogo infinit0 d’amore e che si sono messi in comunicazione con noi, anche con il dono stupendo della Scrittura.

È la domenica in cui, durante le Messe riscopriamo la bellezza e la ricchezza della Liturgia della Parola in tutti i suoi elementi: è un dialogo in cui ascoltiamo Dio che parla con le Scritture (la prima e la seconda lettura e soprattutto il Vangelo) e a lui rispondiamo con le nostre acclamazioni, con le parole dei salmi, con la professione di fede e le preghiere dei fedeli.

Il Signore vuole continuare sempre il dialogo con i suoi discepoli. Un dialogo iniziato (per Simone e suo fratello Andrea, per Giovanni e suo fratello Giacomo) sulle rive del lago di Galilea (Mc 1,14-20). Un inizio piuttosto secco e sbrigativo. Ma potente ed efficace. Perché affascinante.

Gesù passa, continua a passare, dentro alla nostra vita. E le sue prime parole risuonano ancora nelle nostre orecchie, come quella volta in quelle di quei quattro giovani. «Il tempo è compiuto, il regno è vicino». Sono parole che annunciano un dono, una promessa compiuta. Piombano su di noi, sulle nostre incertezze e le nostre preoccupazioni, su questa umanità disorientata e insieme speranzosa, preoccupata e forse disperata. Annunciano una beatitudine che tutti desideriamo: un tempo stabile, compiuto appunto. Un regno stabile, un governo non provvisorio della nostra vita e della nostra società.

La felicità del regno è molto cara a Gesù. La riprenderà nel discorso programmatico delle beatitudini: il regno appartiene a quelli che scelgono di essere poveri, la terra appartiene a quelli che scelgono di rinunciare ai propri diritti, a quelli che sono disposti a lasciarsi perseguitare per la giustizia.

Simone e Andrea, Giovanni e Giacomo non lo sanno ancora. Ma sono affascinati da Gesù. Non sanno ancora della mitezza e della persecuzione. Ma sanno della scelta di povertà. Lasciano le reti, lasciano il padre Zebedeo nella barca con i garzoni e seguono Gesù. Scelgono di essere poveri in spirito. Intuiscono che si possono fidare di questo nazareno, e che l’interesse principale della loro vita può essere quello di pescare uomini, di cercare la felicità degli uomini loro fratelli. Intuiscono che le cose che si possiedono sono belle e utili solo per far star bene gli altri. Non scelgono la povertà per se stessa. Scelgono il regno. Cioè la persona di Gesù che si presenta come uno di cui ci si può fidare, al quale si può obbedire volentieri, perché parla proprio bene, con autorità, e razzola bene, nella comunione e nella condivisione, nella piena disponibilità agli altri.

Impareranno che Gesù (il Figlio di Dio, l’Onnipotente che si è fatto povero) non sceglie la povertà per se stessa: sceglie di amare, sempre. Di non trattenere nulla per sé. Neppure l’ultimo respiro della sua vita. Lui è il primo povero in spirito. È lui che ci insegna l’unico modo per fare ricchi gli altri, suoi e nostri fratelli. Di tutto il mondo.

«Convertitevi e credete nel Vangelo» ci urla, sussurrando, il nostro Signore Gesù con la sua Parola. Cioè cambiate testa, cambiate modo di ragionare e iniziate ad avere i pensieri e i sentimenti che il Vangelo ricorda e racconta. Con quelle due coppie di fratelli, anche noi ci metteremo in cammino dietro a Gesù, bramosi di ascoltare ogni parola che esce dalla sua bocca? Sceglieremo di essere poveri per arricchire gli altri?