Viviamo bene la Messa per vivere bene le Beatitudini: I riti di introduzione e l’atto penitenziale

 

La Messa è l’incontro con la Trinità che vuole cambiarci la vita. Se non succede che la Messa incide nella nostra settimana, c’è qualcosa che non va: aiutiamoci a lasciarci plasmare dalla iniziativa di Dio che ci raduna, ci perdona, ci parla e ci unisce a sè in una comunione profonda, per mandarci a vivere le Beatitudini e a trasformare in bene questo nostro mondo

La Messa è un incontro così ricco che fatichiamo a coglierne tutti i passaggi… Il rito della Messa è descritto in modo molto dettagliato in un documento della Chiesa che si intitola Ordinamento generale del Messale Romano. Questo documento è contenuto anche all’inizio del nuovo Messale, che abbiamo iniziato ad usare con questo nuovo anno liturgico. Leggiamo con attenzione ciò che dice a riguardo delle varie parti della Messa. Sottolineiamo le parole che ci sembrano più importanti, o le cose che non capiamo o che vorremmo approfondire. Altri spunti di riflessione sono pubblicati sul sito della parrocchia.

Durante le Messe di queste domeniche i preti aiuteranno l’assemblea a cogliere la bellezza e l’importanza di ogni piccola parte del rito: parole e gesti tutti carichi di significati profondissimi: siamo il popolo radunato dalla Trinità che si vuole donare a noi e arricchire la nostra vita. Siamo il popolo di Dio che per mezzo di Gesù ringrazia e invoca il Padre

I riti d’introduzione

46. I riti che precedono la Liturgia della Parola, cioè l’introito, il saluto, l’atto penitenziale, il Kyrie eleison, il Gloria e l’orazione (o colletta), hanno un carattere di inizio, di introduzione e di preparazione. Scopo di questi riti è che i fedeli, riuniti insieme, formino una comunità, e si dispongano ad ascoltare con fede la parola di Dio e a celebrare degnamente l’Eucaristia.

In alcune celebrazioni, connesse con la Messa secondo le norme dei libri liturgici, si omettono i riti iniziali o si svolgono in maniera particolare.

L’introito

47. Quando il popolo è radunato, mentre il sacerdote fa il suo ingresso con il diacono e i ministri, si inizia il canto d’ingresso. La funzione propria di questo canto è quella di dare inizio alla celebrazione, favorire l’unione dei fedeli riuniti, introdurre il loro spirito nel mistero del tempo liturgico o della festività, e accompagnare la processione del sacerdote e dei ministri. (…)

Saluto all’altare e al popolo radunato

49. Giunti in presbiterio, il sacerdote, il diacono e i ministri salutano l’altare con un profondo inchino. Quindi, in segno di venerazione, il sacerdote e il diacono lo baciano e il sacerdote, secondo l’opportunità, incensa la croce e l’altare.

50. Terminato il canto d’ingresso, il sacerdote, stando in piedi alla sede, con tutta l’assemblea si segna col segno di croce. Poi il sacerdote con il saluto annunzia alla comunità radunata la presenza del Signore. Il saluto sacerdotale e la risposta del popolo manifestano il mistero della Chiesa radunata.

Salutato il popolo, il sacerdote, o il diacono o un ministro laico, può fare una brevissima introduzione alla Messa del giorno.

Atto penitenziale

51. Quindi il sacerdote invita all’atto penitenziale, che, dopo una breve pausa di silenzio, viene compiuto da tutta la comunità mediante una formula di confessione generale, e si conclude con l’assoluzione del sacerdote, che tuttavia non ha lo stesso valore del sacramento della Penitenza.
La domenica, specialmente nel tempo pasquale, in circostanze particolari, si può sostituire il consueto atto penitenziale, con la benedizione e l’aspersione dell’acqua in memoria del Battesimo

Kyrie eleison

52. Dopo l’atto penitenziale ha sempre luogo il Kyrie eleison, a meno che non sia già stato detto durante l’atto penitenziale. Essendo un canto col quale i fedeli acclamano il Signore e implorano la sua misericordia, di solito viene eseguito da tutti, in alternanza tra il popolo e la schola o un cantore.
Ogni acclamazione viene ripetuta normalmente due volte, senza escluderne tuttavia un numero maggiore, in considerazione dell’indole delle diverse lingue o della composizione musicale o di circostanze particolari. Quando il Kyrie eleison viene cantato come parte dell’ atto penitenziale, alle singole acclamazioni si fa precedere un «tropo».

Gloria
53. Il Gloria è un inno antichissimo e venerabile con il quale la Chiesa, radunata nello Spirito Santo, glorifica e supplica Dio Padre e l’Agnello. Il testo di questo inno non può essere sostituito con un altro. Viene iniziato dal sacerdote o, secondo l’opportunità, dal cantore o dalla schola, ma viene cantato o da tutti simultaneamente o dal popolo alternativamente con la schola, oppure dalla stessa schola. Se non lo si canta, viene recitato da tutti, o insieme o da due cori che si alternano.
Lo si canta o si recita nelle domeniche fuori del tempo di Avvento e Quaresima; e inoltre nelle solennità e feste, e in celebrazioni di particolare solennità.

Colletta

54. Poi il sacerdote invita il popolo a pregare e tutti insieme con lui stanno per qualche momento in silenzio, per prendere coscienza di essere alla presenza di Dio e poter formulare nel cuore le proprie intenzioni di preghiera. Quindi il sacerdote dice l’orazione, chiamata comunemente «colletta», per mezzo della quale viene espresso il carattere della celebrazione. Per antica tradizione della Chiesa, l’orazione colletta è abitualmente rivolta a Dio Padre, per mezzo di Cristo, nello Spirito Santo e termina con la conclusione trinitaria, cioè più lunga, in questo modo:

– se è rivolta al Padre: Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli

– se è rivolta al Padre, ma verso la fine dell’ orazione medesima si fa menzione del Figlio: Egli è Dio e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli

– se è rivolta al Figlio: Tu sei Dio e vivi e regni con Dio Padre, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli

Il popolo, unendosi alla preghiera, fa propria l’orazione con l’acclamazione Amen.

Nella Messa si dice sempre una sola colletta.

 

Si inizia salutando bene il Signore. All’inizio di un incontro ci si saluta. Nella Messa ci sono gesti che esprimono il nostro saluto al Signore con grande rispetto (l’inchino all’altare e l’incensazione: perché si riconosce la sua grandezza divina) e con grande affetto (il bacio all’altare), perché si riconosce che si tratta di un incontro d’amore. Da parte sua, il Signore saluta con le parole che attestano la sua presenza e il suo desiderio di incontrarci arricchendoci. Ad esempio: «La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo sia con tutti voi!». Non si tratta solo di un augurio, ma di una vera e propria presa di coscienza del Signore che c’è e rende presente tutta la Trinità, la sua grazia, il dono della comunione, la voglia di farci vivere una esperienza di amore.

Pace e bene! Quante persone salutiamo ogni giorno! E in quanti modi diversi lo facciamo! A volte sono saluti calorosi, pieni di affetto. Altre volte sono saluti formali e standardizzati: il ‘buongiorno’ o il ‘come va?’ possono essere solo frasi fatte, svuotate del vero contenuto delle parole, prive di un vero interesse per l’altro. Altre volte ancora non ci preoccupiamo per nulla di salutare le persone che incontriamo: i vicini di casa, o i colleghi di lavoro… le persone ci passano accanto come se non esistessero. Il modo in cui il Signore ci accoglie e noi accogliamo lui deve espandersi al modo in cui ci salutiamo tra di noi. Tutto parte da una stima reciproca, che non sempre ci viene spontanea. Salutare bene una persona è possibile se richiamiamo alla memoria la sua preziosità e la sua dignità, al di là della condizione economica o sociale… Salutare bene una persona significa desiderare di comunicare la stima e il desiderio di bene (è famosa la formula usata da san Francesco: ’Pace e bene’). Significa farla sentire accolta e destinataria di una vera premura, o quantomeno di un vero rispetto, di una vera attenzione. Pure qui vale la regola d’oro: fai agli altri quello che desideri sia fatto a te!

Viviamo bene i saluti questa settimana! Ci può essere utile cambiare un po’ le parole, o anche solo il tono della voce; e scegliere consapevolmente il modo più adatto a seconda delle diverse intensità dei rapporti: il semplice ‘buona giornata!’, o una stretta di mano calorosa, un abbraccio, un bacio… Proviamo a rivedere il modo in cui siamo soliti salutare le persone, a riappropriarci delle parole e dei gesti alla luce della ricchezza del nostro rapporto con il Signore. Specialmente con i poveri, o le persone che ci stanno meno simpatiche, un saluto ben fatto è una forma di annuncio evangelico, che può lasciare un segno di stupore.

Anche nella preghiera personale dobbiamo imparare dalla Messa. Siccome la preghiera è un incontro, bisogna cominciare salutandosi! Ad esempio facendo bene il segno della croce, oppure baciando il libro delle Scritture prima di metterci in meditazione: anche con il Signore servono i ‘convenevoli’!

La Messa: tutti invitati a ‘danzare’

Un invito caloroso alla Messa. Gesù «ogni domenica ci ridà come un appuntamento nel cenacolo». La Messa non è una iniziativa nostra. Partecipare alla Messa è la risposta ad un invito calorosissimo del Signore. In ogni Messa si rinnova ciò che Gesù disse all’inizio della sua ultima cena: «Ho desiderato ardentemente mangiare questa Pasqua con voi» (Lc 22,15). Dovremmo sempre partire da questo desiderio del Signore che ci invita, ci chiama, ci attende, ci desidera, prepara per noi la sua mensa, il suo convito nuziale. Quando pensiamo se andare o no alla Messa, se ne abbiamo voglia o no, se ne abbiamo bisogno o no, dovremmo spostare l’attenzione su ciò che pensa Gesù: lui sicuramente ha voglia di farci vivere la Messa, per perdonarci, parlarci, accoglierci, nutrirci, unirci agli altri, mandarci!

Un invito per tutta la comunità. Nella Messa siamo radunati, convocati insieme. Gesù ci ha salvati come suo Popolo! Dobbiamo resistere ad una considerazione individualista della fede. Ognuno di noi è chiamato personalmente a tessere un rapporto con la Trinità, ma siamo creati insieme e siamo redenti insieme. Se siamo figli del Padre, necessariamente siamo fratelli tra di noi. E questo è sempre ben visibile nella Messa! O, meglio, dobbiamo renderlo più visibile: fisicamente, certo, ci mettiamo gli uni accanto agli altri, ma spesso rimaniamo come perfetti sconosciuti… La Messa settimanale, incontro vero con il Signore, è anche possibilità di incontro vero tra di noi: bambini e giovani, adulti e anziani.

Un invito a ‘danzare’. Nella Messa facciamo l’esperienza di essere il Corpo del Signore. Tutti uniti attorno a lui, il nostro Capo. Per renderci conto e per educarci a questo, la Chiesa ha sempre pensato alla Liturgia (cioè alla preghiera comune dei Sacramenti) come ad una specie di danza, nella quale ci si muove insieme, come un corpo solo. I canti, le preghiere, i gesti…: tutto va fatto in sintonia, in armonia. Durante la Messa infatti, siamo chiamati ad unire la devozione personale (fatta di attenzione e di affetto per il Signore) e la devozione comunitaria (fatta di condivisione della fede). D’altronde, ce ne accorgiamo subito che non è bello quando uno canta e uno no, uno sta in ginocchio e uno sta in piedi, uno comincia prima e uno comincia dopo… La ‘corporeità’, nella Messa è importante, perché noi esistiamo solo nel corpo, e la preghiera deve coinvolgere il nostro corpo ed esprimersi in esso. Ad esempio, per ascoltare con attenzione si sta in piedi, per ascoltare con calma si sta seduti, per adorare si sta in ginocchio… A Messa non ci si muove a casaccio: c’è una ‘regia’ che dobbiamo seguire e che rende bella la celebrazione.

Tra le cose che Gesù fa per noi nella Messa, parliamo oggi del perdono. Sulla croce Lui ha manifestato il suo amore perdonando i suoi crocifissori, con quella frase incredibile, che è rimasta ben impressa nella memoria della Chiesa: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34). Quella frase è per tutti noi, che siamo peccatori. Oggi. Quella frase è confermata nelle parole e nei gesti di Gesù Risorto. I vangeli ci raccontano degli incontri del Risorto con i suoi discepoli, che erano scappati sotto la croce e lo avevano tradito e rinnegato: Lui li accoglie, li ama, li coinvolge nella missione. Dice loro più volte: «Pace a voi!» (cf.  Lc 24,36; Gv 20,19.21.26). Non sta lì a fargli pesare i loro peccati, ma dona loro il suo Spirito.

La Risurrezione di Gesù è una nuova creazione. Il perdono è una nuova creazione! Il Signore, che ci invita alla Messa, desidera darci pace, farci ripartire, aiutarci ad affrontare le nostre debolezze. Da parte sua, il peccato non è un impedimento ad amarci: proprio per convincere noi di questo s’è preso addosso tutte le conseguenze della cattiveria (dei suoi crocifissori e anche di tutti gli uomini) mantenendo incrollabile il suo amore.

Noi abbiamo la sicurezza di essere raggiunti dall’amore di Gesù che perdona nella esperienza dei Sacramenti.

Anzitutto nel Battesimo, che ci ‘lava’ dal cosiddetto peccato originale e (quando uno viene battezzato da giovane o da adulto) anche dalle colpe personali.

Poi nella Confessione, nella quale siamo certi di essere riconciliati con Dio soprattutto se abbiamo mancato nell’amore a Dio e ai fratelli in modo pesante. La Confessione è infatti necessaria per ricucire con il Signore un rapporto rovinato da scelte veramente e consapevolmente contrarie alla vita buona del Vangelo (il cosiddetto ‘peccato mortale’. La Confessione è comunque molto bella e utile anche per lasciarci riconciliare per gli sbagli meno gravi, perché il Signore ci educa a prendere posizione anche nelle piccole cose e a plasmare bene la nostra persona.

Anche nella Messa il Signore ci perdona, perché se partecipiamo bene alla Messa facciamo una esperienza di amore, di unione, di ‘comunione’ con il Signore. Il Catechismo della Chiesa cattolica ci ricorda che «Come il cibo del corpo serve a restaurare le forze perdute, l’Eucaristia fortifica la carità che, nella vita di ogni giorno, tende ad indebolirsi; la carità così vivificata cancella i peccati veniali [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1638]. Donandosi a noi, Cristo ravviva il nostro amore e ci rende capaci di troncare gli attaccamenti disordinati alle creature e di radicarci in lui» (CCC 1394).

Nulla di automatico! Dio Padre ha fatto la sua parte mandando Gesù a dichiarare la voglia di perdonare (e Dio non cambia idea!). Ma il perdono (e in generale l’amore) di Dio funziona in noi, persone libere, solo se ci mettiamo seriamente in rapporto con Lui! Per questo, nella Confessione e nella Messa, siamo provocati a contemplare la bontà di Dio, ma anche a guardare con molta verità la nostra vita e le nostre debolezze, a metterci davanti con coraggio anche ai nostri sbagli, alle nostre mancanze d’amore, ai nostri peccati. Siamo invitati a prendere posizione per il bene e contro il male. Il pentimento, che comprende anche il dispiacere per i nostri peccati, è una esperienza difficile (perché siamo orgogliosi e pieni di vanagloria) ma importantissima: è come spalancare la porta al fiume dell’amore di Dio che ci vuole avvolgere! Altrimenti, rimaniamo nella illusione di voler fare di testa nostra, rinunciando a vivere per quel che siamo: figli di Dio che è Padre buono.

Nell’atto penitenziale della Messa, poi, è importante la dimensione comunitaria. Il peccato non è una roba privata! Il mio peccato ha sempre delle conseguenze negative sugli altri. O perché consiste direttamente in un’offesa, un torto, un maltrattamento o perché facendoci i cavoli nostri abbiamo ‘omesso’ di fare amare agli altri: potevamo fare del bene e non l’abbiamo fatto (omissioni nelle nostre giornate!). Per questo, nella Messa siamo invitati a riconoscere pubblicamente i nostri peccati. Rileggiamo con calma le impegnative parole che di solito pronunciamo: «Confesso a Dio onnipotente e a voi fratelli che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la Beata Sempre Vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro».

Il fatto di chiedere perdono insieme ci fa sentire corresponsabili nel male e ci aiuta a guardare agli altri con più attenzione e misericordia: se Dio mi tratta bene perdonandomi, come faccio io a non perdonare gli altri, suoi figli e miei fratelli nella fede?

Per la nostra vita spirituale personale, è bello imparare a vivere in modo armonico i vari momenti nei quali più esplicitamente ci lasciamo riconciliare da Dio con lui e con i fratelli:

– l’esame di coscienza quotidiano personale, che facciamo di solito alla sera: serve anzitutto per ringraziare, per vedere il bene che Dio ha fatto in noi nella nostra giornata (le sue parole, le sue proposte d’amore…) e serve anche per vedere con chiarezza il male che abbiamo fatto noi

– la Confessione periodica, per esprimere in modo coraggioso e autentico il nostro dispiacere per i peccati e ricevere in modo esplicito e sicuro il perdono del Padre; – la Messa domenicale, nella quale il Signore ci parla e ci nutre per sostenerci nella dura lotta quotidiana con i disordini del nostro cuore.