Quinta settimana di Quaresima: Con Gesù a Betania.
Gesù si è offerto alla Samaritana come acqua viva. E al cieco nato come luce del mondo. Ora si mostra alle amiche di Betania, che piangono il fratello Lazzaro, come “risurrezione e vita”. In un clima di grande affetto e amicizia, Gesù rivela ancora più in profondità se stesso (Gv 11,1-44). L’acqua data alla samaritana e la luce data al cieco nato erano, potremmo dire, pallidi segni della onnipotenza creatrice del figlio di Dio fatto uomo. Maria e Marta scoprono in questo loro amico la stessa forza di Dio che non solo in futuro, nell’ultimo giorno, ma qui e adesso dona una vita definitiva. «Io sono la Risurrezione e la vita: che crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi tu questo?». È una pretesa assolutamente inaudita, una affermazione folle sulla bocca di uno che è semplicemente uomo. Marta e Maria, sorelle dell’amato Lazzaro che da quattro giorni era nella tomba, dovevano scegliere: o questo amico era un pazzo, oppure quel che diceva era vero e bisognava a aprirsi al mistero della sua persona. Il cammino di fede di queste sorelle avviene sia sul piano della conoscenza intellettuale, sia sul piano della relazione d’amore. L’amicizia si intreccia con la consapevolezza crescente della forza di vita. Intuiscono che se Gesù fosse stato lì Lazzaro non sarebbe morto: avevano probabilmente visto Gesù compiere segni prodigiosi, ed erano sicuramente onorate di avere un amico così. Arrivare a pensare al dono di una vita definitiva era un’altra cosa. Ma nella testa e nel cuore di Gesù questo era (ed è) il punto centrale: quel che Dio vuole donare tramite la persona del suo Figlio immerso nella carne umana è proprio una vita che non è spezzata dalla morte. Il contesto di relazioni intense ci ripete qual è la caratteristica essenziale di questa vita: l’amore. È la relazione d’amore che viene garantita dal Signore più forte della morte. Essere ‘la risurrezione e la vita’ significa essere Colui che offre un rapporto d’amore indistruttibile.
Gesù freme per questo desiderio di farsi riconoscere come la risurrezione e la vita. Sono impressionanti le annotazioni dell’evangelista sulla reazione emotiva del Signore che si commuove profondamente e che addirittura scoppia in pianto: non può essere il pianto disperato di chi si rattrista per un caro defunto… È il fremito che viene dal riscontrare la fatica delle sue amiche a fare passi nella fede, è il dispiacere per la distanza tra l’infinita chiarezza del suo intimo e la nebbia che c’è ancora nella testa e nel cuore di chi pur sta cercando di camminare nella fede.
L’esperienza dei tre fratelli di Betania è molto bella, sempre molto attuale: i loro interrogativi sono gli interrogativi di ogni uomo di fronte al dramma della morte. E ogni uomo può riconoscere che a tutti il Signore risorto re si avvicina con il suo amore carico di affetto e con la verità della sua vita definitiva.