Illuminati dalla Verità

Quarta settimana di Quaresima: Con Gesù e il cieco.

Dopo essere stati al pozzo con la Samaritana dissetata da Gesù che è l’amore, lo seguiamo vicino al tempio di Gerusalemme, per lasciarci illuminare come quell’uomo cieco dalla nascita (Gv 9,1-41).
Per tutti noi il desiderio di essere nella Verità è importante. Per tutti noi l’illuminazione dei nostri occhi è un cammino progressivo: la conoscenza del Signore e la profonda adesione a lui passano attraverso esperienze rilette alla luce della Parola, testimonianze dei fratelli, interrogativi interiori tante volte brucianti, soprattutto dentro alle esperienze di male che non sappiamo decifrare e sulle quali il Signore ci vuole illuminare: il male non è una iniziativa di Dio che vuole punire per il peccato, ma una situazione nella quale si possono ‘manifestare le opere di Dio’ (v. 3). Questo tempo in cui ai mali del mondo (che erano già abbondanti) s’è aggiunto quello della pandemia, possiamo aprire gli occhi di più e meglio sull’opera di bene che Dio Padre instancabilmente porta avanti, nei volti, nelle parole e nelle mani di chi fa il bene.
Seguiamo l’esperienza di quell’uomo… pensando che anche noi partiamo ‘ciechi dalla nascita’. Il racconto è movimentato. C’è Gesù, c’è l’uomo illuminato, ci so-no i suoi genitori che vengono coinvolti, c’è la gente che si interroga, i discepoli che imparano, i farisei che si oppongono e mettono su tutta una serie di interrogatori…
Il testo ci richiama i diversi livelli del ‘vedere’: la guarigione fisica di quell’uomo è come sempre un ‘segno’ di Gesù che vuole andare in profondità, donare la vista del cuore, la capacità di vedere Lui e riconoscerlo.
Quell’uomo infatti, anche appena guarito, non vede ancora il Signore tutto intero… ed è bellissimo notare la progressiva illuminazione della sua mente. All’inizio vede semplicemente ‘un uomo che si chiama Gesù’. Noi siamo come lui quando pensiamo a Gesù semplicemente come un personaggio storico che ha detto delle cose. Tanti nostri fratelli vedono Gesù solo così…
Avendo fatto l’esperienza incontestabile di essere guarito, nel serrato dibattito sull’identità di Gesù, quell’ex cieco arriva a riconoscere che quell’uomo ‘è un profeta’, (mentre la gente rimane perplessa e i farisei lo qualificano senza mezzi termini come un peccatore, perché il lavoro della guarigione era stato fatto di sabato). Noi siamo come lui quando pensiamo che Gesù abbia parole buone e sagge da dire, che dica le parole di Dio.
Ma non finisce qui. Le discussioni e gli interrogatori fatti tenendo Gesù a distanza non arrivano a nulla. Il passaggio decisivo per la piena illuminazione è l’incontro personale con Gesù, che discretamente ha seguito da lontano la vicenda di quest’uomo cacciato fuori dalla sinagoga per aver aderito in qualche modo al profeta. Gesù lo cerca e lo trova. Ed è pronto a fare l’affondo e a farsi ‘vedere’ come il ‘Figlio dell’uomo’. In questo incontro personale, a tu per tu, dopo un cammino di ricerca interiore e di presa di posizione, quell’uomo fa la sua professione di fede, con la voce e con il corpo che si prostra davanti al ‘Signore’.