Commento al Vangelo del 9 febbraio 2020.
Ascoltiamo in queste settimane nella Messa domenicale il discorso della montagna: il primo dei cinque grandi discorsi che Gesù ha fatto, secondo il racconto dell’evangelista Matteo (capp. 5-7). Le Beatitudini sono l’ouverture di queste parole di Gesù, che mostra anzitutto il desiderio del Padre di farci vivere nella gioia, pur dentro alle difficoltà e alle ingiustizie della vita: tutto il discorso della montagna, poi, è un programma di vita buona e forte e gioiosa. Gesù per primo ha vissuto questa vita matura, ed è proprio co-sì che ci ha salvati: non solo dicendoci come si fa a stare al mondo, ma avendo vissuto lui stesso il cammino terreno delle beatitudini che portano alla pienezza dell’esperienza dell’amore trinitario.
Gesù vuole comunicare a tutta l’umanità questa bellezza di vita: dalla sua personale esperienza d’amore forte fino alla morte e alla risurrezione, si allarga come un cerchio di luce che si diffonde per arrivare a tutti, per fare partecipi tutti di quell’amore. Questo cerchio è l’esperienza dei suoi discepoli contagiati da lui, affascinati da lui e capaci (con la forza dello Spirito) di contagiare, affascinare a loro volta.
Sono molto belle in questo senso le immagini della luce che deve stare nascosta e del sale che non deve perdere il sapore (Mt 5,13-16). Vediamone alcuni significati.
Questione di identità profonda. Essere discepoli del Signore risorto non è un fatto puramente privato o intimistico: siccome è una questione d’amore, l’amore non può essere nascosto. L’amore è diffusivo di sé! Amare gli altri non è un fatto marginale nella vita del discepolo: ne è l’aspetto centrale, espressione della identità profonda di ciascuna persona umana, creata ad immagine e somiglianza del Dio che è amore!
Assurdo non amare. L’assurdità della lampada che viene nascosta e del sale che perde il sapore mostra radicale contraddizione: una persona che non ama in un modo forte e giusto, che non opera per la pace, che non vive la mitezza non può realizzarsi, tradisce se stessa, rinuncia al significato più profondo del suo esistere. Non è solo questione di non osservare certe regole imposte dall’esterno: è questione di far affiorare nella storia personale i tratti più belli della propria ricchezza interiore, che va riscoperte continuamente e continuamente coltivata e comunicata.
Luce di verità. L’immagine della luce richiama forse il fatto che, illuminato dalla verità di Dio, il discepolo fa risuonare nell’intimo della sua coscienza e della sua intelligenza questa verità, e imposta la sua vita secondo i criteri di Dio, e comunica le sue convinzioni così maturate alle persone che gli stanno intorno.
Una vita saporita. Vivere secondo la verità dell’amore di Dio è una esperienza molto gustosa, perché vibrante dell’amore di Dio. Non una esecuzione fredda e ben calcolata, ma una vita carica di attrazione, di desiderio, fino ad essere travolgente di passione d’amore divino.
Per ogni discepolo, per la Chiesa. L’esperienza di essere luce e sale riguarda i singoli discepoli di Gesù, ma anche la loro esistenza come comunità. La Chiesa come luce e come sale è la Chiesa missionaria. Non ha senso una comunità di cristiani che non spande luce e che non dà sapore alla società nella quale è innestata.
Pensando alla nostra comunità di S. Agostino, ci sentiamo così fortemente confermati nell’avventura di essere presenza significativa nel nostro quartiere, anzitutto tramite la testimonianza personale, e anche tramite le proposte di preghiera e di aggregazione che stiamo cercando di individuare per essere fedeli alla nostra identità profonda di discepoli missionari.