Vide e chiamò

Commento al Vangelo del 26 gennaio 2020.

Celebriamo oggi la Domenica della Parola, voluta da papa Francesco con la sua lettera ‘Aperuit illis’ del 30 settembre 2019. Aperuit illis significa ‘aprì a loro’ la mente per comprendere le scritture: è ciò che fece Gesù risorto con i due discepoli che se ne tornavano avviliti ad Emmaus dopo la crocifissione (Lc 24,45). In quel cammino nella sera di Pasqua, il Signore usa le Scritture per far comprendere il significato della risurrezione e della vita nuova che ne scaturisce.

Quella esperienza di ascolto è essenziale. Sempre. Per tutti i discepoli. E la nostra vita di cristiani è piena (se vogliamo) di ascolto della Parola. Dovrebbe esserlo sempre di più! Nel vangelo di oggi (Mt 4,12-23) si va ancora più indietro, all’inizio dell’avventura di Gesù, che lascia Nazaret, si stabilisce a Cafarnao e inizia la sua missione pubblica. Inizia a parlare, il Signore Gesù. il Verbo eterno di Dio fa sentire la sua voce sulle rive del lago. Le prime parole registrate dall’evangelista sono quasi un titolo, un programma di vita: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».

Il regno è vicino. Si parte da una constatazione: il regno è vicino! Dio si sta facendo presente offrendosi come riferimento per la vita dei suoi figli. Dio offre la sua presenza nel Signore Gesù, per guidare tutti ad una vita buona e bella, liberando tutti da ciò che impedisce di volersi bene, di vivere veramente nella pace e in modo ingiusto.

Convertitevi! Se ci si accorge di questo dono, di questa possibilità generosamente offerta (anche oggi) dalla Trinità, allora si può decidere di ‘convertirsi’, di cambiare testa, di cambiare mentalità, di cambiare modo di vedere se stessi e gli altri, di abbandonare il vecchiume dell’orgoglio, dell’egoismo, del tornaconto personale. E mettersi a ragionare come il Signore, con i suoi criteri di fraternità e di giustizia.

Vieni dietro a me, proprio tu! Questo appello fatto a tutti si concretizza subito in una chiamata personalissima per i primi discepoli Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni. Sono quattro giovani che lavorano come pescatori. Si sentono raggiunti non solo da un generico invito a cambiare vita, ma dallo sguardo personale di Gesù e dalla sua voce che si rivolge a loro, proprio a loro. Li chiama, li coinvolge. La voce, la Parola li conquista, li porta a cambiare veramente la vita, seguendo il maestro.

Questo fatto è criterio per la vita cristiana di ciascuno di noi. Pur se in modi evidentemente diversi da quel che è successo quella volta sulla riva del lago, anche per noi accade di essere guardati da Gesù: nella nostra esperienza possiamo riconoscere la stima, l’affetto del Signore, la sua benevolenza nei nostri confronti. E possiamo riconoscere l’appello che continuamente lui rivolge proprio a noi per stare con lui in una meravigliosa compagnia di vita, dalla quale nasce la maturità della nostra persona nel servizio agli altri, a Dio e al suo regno.

Come avviene questo appello? Come il Signore rivolge a noi oggi la sua Parola? C’è una esperienza delicata e interiore anzitutto: quando nella nostra coscienza ci sentiamo attratti dalla verità e dal bene. C’è l’ascolto di tante parole buone che ci vengono dagli altri. E c’è l’ascolto della Scrittura, specialmente quando andiamo a Messa o agli incontri di formazione in parrocchia. Oppure quando (io dico coraggiosamente) ci prendiamo la nostra Bibbia e nel segreto della nostra stanza leggiamo qualche pagina pregandoci sopra. Tutti possiamo farlo, seguendo per esempio l’antichissimo ed efficacissimo metodo della ‘Lettura divina’ (Lectio divina): dalla lettura si passa alla riflessione/meditazione, e poi alla risposta con la preghiera e infine alla contemplazione, ciè al gusto puro e semplice di stare in compagnia della Trinità che ci ha parlato…