Gridalo a tutti!

Commento al Vangelo del 17 dicembre 2017.

«Tu, chi sei?»: è l’interrogativo che i sacerdoti e i levìti pongono a Giovanni il Battista. Quell’uomo austero che battezza sulle rive del Giordano aveva suscitato interesse, tanto da far smuovere una delegazione ufficiale da Gerusalemme per informarsi sulla sua identità e sul senso della missione esercitata. Giovanni si presenta innanzitutto per ciò che non è affermando: «io non sono il Cristo». In tal modo sembra voler sgomberare il campo da chissà quali speculazioni sul suo conto, come dimostra anche il successivo negare di essere il Messia atteso che sarebbe stato preceduto da Elia o dalla venuta del Profeta annunciato nel Deuteronomio. Sembra sentirsi incalzato, Giovanni, da quell’interrogatorio creato ad  hoc e che lo obbliga a presentarsi come «voce di uno che grida nel deserto». Quel Giovanni, che non era la luce e nemmeno il Logos, si identifica facendo riferimento alla Parola dell’Antico Testamento. Il Battista è l’eco della voce del profeta Isaia, quella che si rivolgeva al cuore di Gerusalemme per indicare il cammino verso l’incontro con il Messia atteso. Davvero lui è stato il precursore di Cristo, colui che ha contribuito a raddrizzare i sentieri, per prepararne la venuta attraverso la sua predicazione penitenziale. Il fine di ogni sua azione è sempre stato il Figlio di Dio: il testimoniarne la presenza discreta, in mezzo ad un’umanità incapace di riconoscerne i segni. «Giovanni è la voce, il Signore, invece, in principio era il Verbo. Giovanni voce nel tempo, Cristo in principio Parola eterna. Togli la parola, che cos’è la voce? Non ha nulla di intellegibile, è strepito a vuoto. La voce, senza la parola, colpisce l’orecchio, non apporta nulla alla mente». Questa citazione, tratta da un discorso di sant’Agostino, descrive la fondamentale funzione svolta da colui che si è fatto voce, perché la Parola potesse essere accolta e vissuta dagli uomini. Giovanni si è comportato da semplice “strumento” nelle mani di Dio, una voce che ha fatto risuonare il Verbo, che l’ha trasmesso, partecipando in tal modo alla missione del Cristo. Un servizio prezioso, svolto dal Precursore per un certo arco di tempo, in funzione della Parola che resta: la voce passa, il Verbo è eterno. Voce e Parola un binomio inscindibile, come lo stesso Agostino sottolinea, che per noi ha un significato ben preciso. Come a Giovanni tale legame ha consentito di vivere in pienezza la sua vocazione, così a noi sia di aiuto per far emergere la nostra identità più profonda. Noi che leggiamo ci sentiamo rivolgere la domanda «tu chi sei?»; e personalmente, cercando una risposta, ci accorgiamo che la nostra voce può rimanere muta, può tentare di rispondere con frasi fatte e parole “vuote”, oppure ripetere ciò che gli altri pensano e dicono di noi. L’esperienza di Giovanni, in questo tempo d’Avvento, ci offre la possibilità di recuperare una relazione veritiera con noi stessi, ritrovando il senso del nostro vivere la storia in rapporto alla Parola. Sì, perché è la voce, che annuncia il Verbo, a riempiere il nostro presente e a orientarci nella ricerca della verità del nostro essere, per capire veramente chi siamo e verso dove ci stiamo muovendo.

don Francesco Viali