Caro Giuseppe,
ti scrivo come un figlio, perché sei Sposo della mia madre Maria, custode del mio Redentore. Vedendoti nel presepe, mi colpisce una sorta di contrasto, o meglio una specie di ricchezza particolare della tua persona: a prima vista mostri una grande mitezza e semplicità. Fin da piccolo sono abituato a vederti in raffigurazioni nelle quali la tua età pare avanzata: più un nonno di Gesù che suo padre. Anche se è probabile che tu fossi piuttosto giovane al tempo della nascita di Gesù, credo che questo tratto della tua iconografia sia prezioso, chè mi ricorda la tua maturità. Ecco il contrasto, o la ricchezza: tratto mite da una parte, fortezza e coraggio dall’altra! Mi piacerebbe assomigliarti in questo, per assomigliare a Gesù, forte e mite, potente e umile di cuore. Rileggendo i passi evangelici che ti riguardano, mi par di capire che la chiave sta nella tua sapienza.
Mi ha sempre colpito la tua saggezza, o, meglio, come dice il vangelo, la tua ‘giustizia’. Ti sei trovato in una situazione incredibile: prima di cominciare a vivere nella pienezza il matrimonio con Maria, tua promessa sposa, hai scoperto la novità della sua divina gravidanza. È certo che te l’ha detto Maria. E chi altri sennò? E t’ha detto che ciò che doveva nascere in lei veniva dallo Spirito Santo… Chissà il turbamento del tuo animo, i tuoi interrogativi!
Che cosa hai vissuto veramente in quei momenti? Forse noi intendiamo proprio male questi tuoi interrogativi, perché, provando a metterci nei tuoi panni, in realtà facciamo prevalere la nostra meschinità di gente incredula davanti ad un evento mai successo né prima né dopo, e ci viene da pensare ad una tua diffidenza di fronte a una situazione così strana, e tra l’altro così pericolosa per Maria (chè un figlio nato non da te doveva provocare una reazione tremenda nel contesto famigliare e sociale…). Ma il vangelo ci svela che ti sei mosso su ben altro livello rispetto alla nostra piccineria. Non hai avuto dubbi sulla parola della tua sposa. Ti sei messo in preghiera. Ne hai parlato immediatamente con il tuo Dio, il Dio fedele, il Dio dei Padri. E nella preghiera hai avuto una conferma consolante dell’opera di Dio nella vergine a te così cara.
Ecco la tua saggezza, respirata dal respiro di Dio, cioè dal suo Spirito! Avevi delle idee, non delle pretese. Avevi dei progetti ma non ha rivendicato nulla, se non il desiderio di fare quel che Dio ti chiedeva. Non la tua giustizia (ciò che tu ritenevi giusto), ma la giustizia di Dio (ciò che Dio ritiene giusto).
Accusare pubblicamente Maria? Ripudiarla in segreto? Certo lo avresti fatto per lasciare spazio a Dio che operava (e non per toglierti dai guai e per lavartene le mani). Nel tuo dialogo con l’Altissimo, però, hai compreso una via nuova, un progetto eccezionale. Essere vero sposo di Maria e spenderti per custodire e crescere assieme a lei il Figlio di Dio. Vero sposo, pieno di attenzione, di tenerezza, di premura, in una reciprocità meravigliosa con la tua sposa: non riesco nemmeno ad immaginare la confidenza, il rispetto, la sintonia, la profondità di dialogo, l’intensità della comunione, la delicatezza del vostro rapporto, la donazione casta e sincera dell’uno all’altra. Che maturità umana nella vostra sponsalità! Che bellezza. Che santità!
E poi provo a pensare alla tua dedizione generosa a Gesù. Quanto a questo, come devo chiamarti? Da piccolo mi hanno insegnato a chiamarti ‘il padre putativo’ di Gesù, espressione sicuramente vera, ma alquanto insolita… Maria non ha esitato a chiamarti semplicemente ‘padre’ quando si è rivolta a Gesù nel tempio (Lc 2,48). Mi piace chiamarti (come il papa Giovanni Paolo II in una sua esortazione apostolica) ‘custode del Redentore’! Hai lavorato per lui, lo hai protetto affrontando viaggi e pericoli, hai collaborato alla sua crescita… Se penso che già tutti i bimbi sono simpatici e sono la gioia della famiglia, mi perdo quando considero te e Maria, che avete contemplato e goduto in quegli anni la presenza del Figlio di Dio fatto carne! E vorrei imparare ad accogliere allo stesso modo il Signore presente nella mia vita oggi.
Grazie, caro Giuseppe, per la tua fede. Anche in te, come nella tua sposa, vedo la gioia della fede e della appartenenza al Dio che viene a rendere spettacolare, nell’amore, la nostra esistenza umana, fino a trasfigurarla nella risurrezione e nella vita eterna.