Commento al Vangelo del 20 agosto 2023.
Che bello sentirsi una cosa così dal Signore: «Donna, è grande la tua fede!». Quella donna cananea (straniera ma in qualche modo in contatto con il popolo di Israele), si sente fare questo complimento dal Signore, dopo un dialogo serrato, partito dalla sua richiesta di guarigione per sua figlia (Mt 15,21-28). Un dialogo vivace e provocatorio. Forse simile ai nostri dialoghi con il Signore nella preghiera che non sempre è semplice e lineare. La donna inizia con un grido di aiuto al ‘Figlio di Davide’. Si rende conto di non essere all’altezza, di non essere partecipe dell’esperienza del popolo di Israele, si considera di condizione minore. Proviamo a pensare: quante volte anche noi ci consideriamo di meno di quello che siamo, di meno degli altri, dei cagnolini invece che dei figli. Quante volte iniziamo a pregare sentendoci dei vicini di casa invece che dei famigliari. Quante volte ho sentito dire: chissà se Dio mi ascolta, io non sono un santo, non sono fatto per la santità… La donna si rende conto pure di un’altra cosa importante: da quel che ha sentito dire, Gesù è un tipo un po’ speciale, molto buono, aperto a tutti, libero. Intravvede nel Figlio di Davide un atteggiamento di misericordia che non aveva mai visto in nessuno, associato alla sua potenza di guarigione. Per questo, pur sentendosi inferiore, osa chiedere, e osa insistere anche davanti alle prime resistenze di Gesù, che dapprima non le rivolge la parola e poi sembra prendere le distanze dichiarando la sua missione riservata ad Israele. La donna, dopo aver gridato da lontano, si avvicina e si prostra, e rinnova il suo grido: «Signore, aiutami!», piena di testarda fiducia, forse anche sapendo che non ha proprio altri a cui rivolgersi. Mi immagino che questo grido sia uscito dalla sua bocca con grande tenerezza, con un abbandono che Gesù ha notato benissimo. Ancora, il Signore la provoca, facendo distinzione tra figli e cagnolini. Forse la vuole educare a comprendere che ormai non ha più senso questa distinzione. Che lei non si deve sentire una cagnolina, ma una figlia. Che la misericordia del Padre si spalanca a tutte le persone, che sono figli suoi. Che la rivelazione della salvezza, dapprima comunicata al popolo di Israele, deve spalancarsi ad ogni uomo e donna sulla faccia della terra. Tutti, tutti, tutti… devono sentirsi a casa nella Chiesa, ripeteva qualche giorno fa Papa Francesco a Lisbona parlando ai giovani. Tutti sono candidati alla fede, perché tutti sono creati e guardati dal Padre come figli. In Gesù, il Padre ha chiarito le cose. La Chiesa, a partire dalle nostre comunità parrocchiali, deve camminare per chiarirsi le idee su questo sguardo da avere su ogni ‘cananeo’ che incontriamo. L’accoglienza di Gesù si sperimenta nella accoglienza che i suoi amici di oggi possono vivere. Tutti accolti non vuol dire automaticamente tutti salvati. Il vangelo è molto chiaro: l’apertura della fede è necessaria! La Trinità è all’opera nella Chiesa, ma la sua azione non funziona se non c’è adesione di fede ferma e appassionata, se non c’è reciprocità d’amore, se non c’è la scelta di scommettere la propria vita nella fiducia in Dio