Nell’avventura della missione

Commento al Vangelo e audio dell’omelia del 3 luglio 2022.

Chiamati alcuni amici alla sua sequela, Gesù li coinvolge subito nell’avventura della missione (Lc 10,1-12.17-20). In queste prime istruzioni leggiamo l’animo di Gesù e riconosciamo i tratti della nostra esperienza missionaria: come cristiani vogliamo renderci conto che la nostra esistenza è essenzialmente una testimonianza, una comunicazione del Vangelo! E su questo abbiamo sempre bisogno di essere un po’ provocati…

Il desiderio del Padre. Anzitutto il pensiero al Padre e al suo sguardo sul mondo: un grande campo da lui seminato perché ne uscisse grano buono! L’umanità intera è fatta per portare frutto. Ogni persona, nel cuore di Dio Padre, è un figlio chiamato a vivere nel bene, a far fuoriuscire da sé nient’altro che affetto e sapienza per gli altri!

La ricerca di operai. Ma per come si sono messe le cose nella storia complicata del peccato, non è immediato né scontato che si possa mietere grano buono, che dalle persone esca sempre e solo la giustizia e la pace. Per questo bisogna coltivare questo campo, e Dio chiede dei collaboratori che aiutino i fratelli a conoscere e a vivere la loro identità più profonda di figli, di fratelli fatti per l’amore. Questi collaboratori/operai sono pochi. Allora come adesso. Ma il Padre non si arrende, non si avvilisce: continua a desiderare questi collaboratori e Gesù ci chiede di entrare in questo desiderio di bene e di servizio. Furbo, Gesù: sa che se noi iniziamo a condividere il desiderio del Padre, va a finire che scegliamo di dargli una mano come operai!

Stile di sobrietà e forza d’animo. Si sofferma, poi, il Signore, sullo stile di vita di chi si dedica al servizio degli altri perché da loro esca il bene. Uno stile sobrietà e di forza. Sobrietà perché bisogna essere liberi e leggeri, con la testa dedicata a inventare i modi di voler bene agli altri e non preoccupata del proprio tornaconto o delle proprie comodità. Sobrietà che vuol dire anche capacità di ricevere dalla gratuità e dal servizio degli altri, capacità di fidarsi della provvidenza del Padre, che e passa per la generosità delle persone, anche di quelle che paiono meno ‘di chiesa’. Forza perché spesso la gente non ne vuole sapere della giustizia e della pace, e del perdono e della condivisione, e facilmente ti manda a quel paese. Gesù in persona ne sa qualcosa. Per questo ci avvisa: se ci state, sarete come agnelli in mezzo ai lupi! Forza per non abbattersi nelle difficoltà e nei rifiuti, o nei fallimenti di certe proposte pastorali. Forza anche di denunciare, oltre che di annunciare. Scuotere la polvere dei piedi vuol dire forse proprio questo. Rifuggire dalla tentazione di ‘non disturbare’ e stare anche dentro al servizio di far notare agli altri e alla comunità le scelte che non sono per il bene della gente, che sono contro lo stile di vita dei figli e dei fratelli, che sono contro il Vangelo e portano alla distruzione anziché alla salvezza e alla felicità.

Il frutto della gioia. Per i primi settantadue missionari le cose funzionano bene: tornano da Gesù ‘pieni di gioia’ perché hanno visto l’efficacia dell’annuncio nella lotta contro il male: che bello saper vedere il demonio che si sottomette, che la generosità vince, che il perdono prevale. Anche Gesù è contento di questo. E bisogna parlarne spesso con lui, nella preghiera: condividere la lettura delle cose buone che capitano nelle nostre giornate e nel mondo quando c’è collaborazione tra Dio e i suoi ‘operai’.

La sicurezza solo nel Padre. Ma Gesù aiuta anche a stare al posto giusto, a non volare troppo in alto: aiuta a tenere a bada l’orgoglio che ci porterebbe a ritenere che tutto è merito nostro e a fondare la nostra sicurezza nei nostri successi, nelle cose che ci riescono bene. C’è invece un unico fondamento solido della nostra gioia: è il fatto che ‘i nostri nomi sono scritti nei cieli’, e cioè che le nostre persone sono saldamente nel cuore del Padre, fonte della vita e fine della nostra esistenza.