Commento al Vangelo del 25 luglio 2021.
Stiamo vivendo in diocesi il Biennio Eucaristico: la Parola che ascoltiamo nella liturgia domenicale a partire da oggi e per alcune domeniche è preziosissima per approfondire il dono del Pane del cielo. L’evangelista Giovanni non racconta l’istituzione dell’Eucaristia quando parla dell’Ultima Cena, ma riporta (nel capitolo sesto che oggi iniziamo a leggere) il segno della moltiplicazione dei pani e dei pesci e il lungo dialogo/discorso che ne segue. Una stupenda catechesi battesimale ed eucaristica, che riceviamo volentieri e custodiamo in queste settimane per molti di vacanza, pensando alla nostra esperienza di partecipazione alla Messa, vero incontro con Gesù che ci nutre.
Tutto accade nel tempo della Pasqua, sulla riva del mare, in un monte erboso, dove Gesù è circondato da tanta gente che lo segue perché ha visto i suoi ‘segni’ sugli infermi. Solennemente, Gesù si mette a sedere e ‘vede’ davanti a sé tutta quella folla. Siamo sempre guardati da Gesù, specie quando ci raduniamo in chiesa per la Messa. Uno sguardo pieno di attenzione, di compassione, di premura. Ma perché andiamo a Messa? Abitudine? Tradizione? O ogni volta cerchiamo lo sguardo di Gesù e andiamo da lui perché abbiamo veramente bisogno della sua Parola e dei suoi segni?!
Il grande educatore Gesù coinvolge i suoi discepoli. La gente ha fame e bisogna dargli da mangiare: dove si prende il pane per sfamarla? Gesù allude alla fame dello stomaco o ad un’altra fame? Dove si prende l’amore che sfama e disseta il cuore? Dove si prende la forza per essere persone sane e giuste? Di si trova la giustizia che genera la pace? Noi non ne sappiamo nulla: con le nostre poche risorse non è pensabile ‘sfamare’ è noi stessi, né le nostre famiglie… figuriamoci se dobbiamo pensare alla città in cui viviamo o farci carico addirittura del mondo intero…
Però Andrea osa presentare un ragazzo che ha portato la merenda. Forse c’è la premura della mamma, dietro a quei cinque pani d’orzo e due pesci. Ci vuole il coraggio e la semplicità di un bambino per pensare l’impensabile. E Gesù, che è Bambino fiducioso fin nelle midolla delle ossa, lo pensa e lo fa. Ci vorrebbe un po’ più di coraggio e di semplicità da parte nostra quando andiamo a Messa, e mettiamo la monetina nella cassetta o il chilo di riso nel cesto, mentre offriamo al Signore le nostre persone, mettendo a disposizione il nostro ‘lavoro’ che fa diventare pane e vino i frutti della terra e della vite.
Devono passare per le mani di Gesù quei pani e quei pesci. Devono essere guardati e riconosciuti (da lui e poi dai discepoli) per quello che sono veramente: dono per cui ringraziare e da condividere. È lo sguardo di Gesù che rimette ordine nelle cose. Perché il suo è lo sguardo del Padre buono, padre di tutti, che dà vita a tutti, che dà il mondo a tutti e che vuole riportare il mondo nella logica del dono e della condivisione. Gesù non vive l’egoismo che trattiene e traccia rigidi confini tra il ‘mio’ e il ‘tuo’, snaturando il significato delle cose. E non guarda agli altri come rivali o nemici, estranei che minacciano le nostre cose o la nostra tranquillità. Partecipare alla Messa è per noi sempre una conversione dello sguardo sulle cose che abbiamo e sulle persone che abbiamo accanto. Mentre siamo lì, attorno all’altare e alla mensa della Parola, siamo trattati tutti allo stesso modo da Gesù, che prende da me come dagli altri quel pane e quel vino, e che dona a me e agli altri quel Corpo e quel Sangue, senza fare preferenze. Il pane è donato con grande abbondanza: basta e avanza! Ce n’è proprio per tutti. A Messa sperimentiamo che il Pane del Cielo non si esaurisce e che anche di pane terreno ce n’è per tutti… il problema è solo che dobbiamo imparare a condividerlo