State svegli!

Commento al Vangelo del 8 novembre 2020.

Viviamo le ultime settimane dell’anno liturgico. Ogni anno il Signore ci fa riflettere sulle ‘cose ultime’ della nostra vita alla luce della fede. E ci aiuta a tirare fuori alcune domande fondamentali, che risuonano inevitabilmente dentro di noi: dove va la nostra vita? Come affrontare la morte? Che cosa vivremo dopo l’inevitabile passaggio della morte? Il nostro presente c’entra con la nostra condizione definitiva?

Domande forse un po’ sopite, nella nostra situazione culturale. Domande che però sono ri-aperte nella condizione di emergenza sanitaria che stiamo vivendo e che mette addosso a molti un po’ di paura.

Gesù, il nostro Signore che è passato dentro al dramma della morte e ci parla da risorto e vincitore, vuole insieme rassicurarci e provocarci ad una vita di grande e bella responsabilità.

Con la parabola delle dieci vergini (una delle tre grandi parabole del capitolo 25 di Matteo: le altre due sono quella dei talenti e quella del giudizio finale), ci invita a ‘stare svegli’, a vivere cioè una vita pronta, scattante, attenta nell’amore. Il motivo è che il senso della nostra esistenza è una festa di nozze. Alla fine della nostra vita c’è l’esperienza di un rapporto d’amore così bello che può essere descritto come un rapporto tra sposi. Sì: Dio ci offre un rapporto intimo, personale, integrale e definitivo. Ce lo offre personalmente e ce lo offre insieme. Ognuna di quelle ragazze della parabola è invitata personalmente alla festa, e ognuna ci va assieme alle altre, perché la gioia sia condivisa profondamente.

Ci pensiamo… almeno ogni tanto? Ci interessa? Forse davanti all’esperienza della morte reagiamo solo istintivamente, facendo le corna e allontanando il pensiero. E continuando a ragionare come se non fossimo cristiani, come se non fossimo battezzati (cioè immersi) nella morte e nella risurrezione di Gesù. Come se il bello fosse solo questa forma di vita, che pure è bella, ma è ancora strapiena di casini dai quali il Signore ci vuole liberare. Continuiamo a ragionare come se il bello di questa vita non fosse in realtà una preparazione e una anticipazione della incredibile felicità di un amore definitivo, non più minacciato dalla fragilità della nostra carne e della nostra anima. Forse dunque siamo un po’ stolti, come quelle cinque ragazze che non si sono preoccupate dell’olio e le loro lampade sono rimaste spente. Stolti perché viviamo nella superficialità, senza la lungimiranza di chi sa collegare il presente al futuro. E quasi supponendo che (e questo è un bel problema nella mentalità che si va diffondendo) le nostre scelte non abbiano conseguenze, su di noi e sugli altri, e che nella nostra libertà presumiamo di poter fare quel cavolo che vogliamo e quel che ci sentiamo di fare in quel momento, senza mai confrontarci con il Signore. Terribile è quel ‘Non ti conosco’ che Lui potrà dire nell’incontro definitivo.

È saggio invece chi è lungimirante, chi si lascia chiarire le idee dal Signore e si muove, nel presente, con la capacità di fare scelte buone, che hanno sapore di eternità perché costruiscono rapporti stabili e belli e giusti e calorosi. Saggio chi si sentirà dire ‘Ti conosco’, perché ha vissuto tutta la vita, ogni giornata della sua vita nel dialogo con la Trinità che c’è, adesso, e ci suggerisce (nell’ascolto della Parola e nella preghiera) il bene che possiamo fare oggi per rendere luminose le nostre persone.