Atti degli Apostoli: Inizio del secondo viaggio missionario

LA MISSIONE IN MACEDONIA, GRECIA E ASIA MINORE (15,36- 16,10)

(Guarda la presentazione sul canale YouTube)

Sila collaboratore di Paolo

36Dopo alcuni giorni Paolo disse a Bàrnaba: «Ritorniamo a far visita ai fratelli in tutte le città nelle quali abbiamo annunciato la parola del Signore, per vedere come stanno». 37Bàrnaba voleva prendere con loro anche Giovanni, detto Marco, 38ma Paolo riteneva che non si dovesse prendere uno che si era allontanato da loro, in Panfìlia, e non aveva voluto partecipare alla loro opera. 39Il dissenso fu tale che si separarono l’uno dall’altro. Bàrnaba, prendendo con sé Marco, s’imbarcò per Cipro. 40Paolo invece scelse Sila e partì, affidato dai fratelli alla grazia del Signore.
41E, attraversando la Siria e la Cilìcia, confermava le Chiese.

Timòteo collaboratore di Paolo

1 Paolo si recò anche a Derbe e a Listra. Vi era qui un discepolo chiamato Timòteo, figlio di una donna giudea credente e di padre greco: 2era assai stimato dai fratelli di Listra e di Icònio. 3Paolo volle che partisse con lui, lo prese e lo fece circoncidere a motivo dei Giudei che si trovavano in quelle regioni: tutti infatti sapevano che suo padre era greco. 4Percorrendo le città, trasmettevano loro le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani di Gerusalemme, perché le osservassero. 5Le Chiese intanto andavano fortificandosi nella fede e crescevano di numero ogni giorno.

Visione di Paolo a Tròade

6Attraversarono quindi la Frìgia e la regione della Galazia, poiché lo Spirito Santo aveva impedito loro di proclamare la Parola nella provincia di Asia. 7Giunti verso la Mìsia, cercavano di passare in Bitìnia, ma lo Spirito di Gesù non lo permise loro; 8così, lasciata da parte la Mìsia, scesero a Tròade. 9Durante la notte apparve a Paolo una visione: era un Macèdone che lo supplicava: «Vieni in Macedonia e aiutaci!». 10Dopo che ebbe questa visione, subito cercammo di partire per la Macedonia, ritenendo che Dio ci avesse chiamati ad annunciare loro il Vangelo.

 

Inizio del secondo viaggio missionario (15,36 – 16,10)

Dopo il Concilio di Gerusalemme, si rimette in modo la grande attività missionaria, un grande movimento verso Occidente, seguendo le vie di comunicazione dell’Impero romano, venendo a contatto con la cultura (specialmente greca) e la religiosità pagana (magia, sincretismo, fanatismo…) e l’autorità civile (che di solito garantisce libertà di azione ai missionari).
Paolo è in prima linea, ma non è da solo: Sila, Timoteo, Lidia e la sua famiglia… e poi vedremo altri ancora. Con i suoi collaboratori Paolo è un esempio vivente della vita di comunione del vangelo. Ma il protagonista vero è sempre lo Spirito!
Cambia il metodo: non più grandi discorsi, ma contatti con le comunità e valorizzazione degli incontri più o meno casuali (Lidia, il carceriere, le autorità…).

15,36-40: Nuova équipe missionaria…

L’obiettivo è animare a sostenere i gruppi cristiani dell’Anatolia (Turchia): confermare nella fede è un fondamentale compito apostolico. ‘Per vedere come stanno’ … una bellissima attenzione di comunione!
La formazione della squadra di missionari è problematica: Paolo non vuole Marco, che quando erano in Panfilia se ne era tornata o casa (cf. 13,13): incostanza? Paura? Forse anche una diversa visione della evangelizzazione nei rapporti tra cristiani giudei e pagani (Marco più influenzato dai cristiani di origine giudaica? E anche Barnaba che si era lasciato attirare nell’ipocrisia di evitare i pagani secondo Galati 2,11-13?). Paolo preferisce Sila, uomo autorevole di Gerusalemme, anche se non ha esperienza missionaria. Luca non evita di raccontare un altro dissenso scomodo e una collaborazione nella evangelizzazione che non è necessariamente per tutti fianco a fianco. Barnaba esce di scena nel racconto di Atti, ma non smette di evangelizzare, assieme a Marco, dalle parti di Cipro.

16,1-5 Un nuovo collaboratore: Timoteo di Listra

A Listra s’affaccia sulla scena un nuovo importante discepolo, collaboratore di Paolo. La sua figura emerge ancor più forte dall’epistolario paolino (1Ts 3,6; 1 Cor 4,17; 16,1-11; Fil 2,19-22). Timoteo, forse convertito nella precedente missione di Paolo. Non è dato di sapere perchè Timoteo non fosse circonciso, dato che era di madre ebrea e padre pagano: nei matrimoni misti si seguiva la religione della madre, quindi il figlio viene considerato ebreo e tenuto alla circoncisione… Paolo senza problemi lo fa circoncidere ‘a motivo dei giudei’, cioè per non creare scandalo… Troviamo ancora una diversità di lettura teologica: ciò che Paolo presenta energicamente nelle sue lettere (ad es. in Gal 3 si oppone alla circoncisione di Tito, perchè la circoncisione non è più importante per la salvezza), per Luca (che scrive anni dopo e fuori dalla polemica iniziale) diventa senza problemi un motivo di carattere tattico per far vedere l’unità e l’armonia delle Chiese con la Chiesa di Gerusalemme…
In questo senso è importante anche l’annotazione che Paolo e Sila trasmettono le decisioni (dogmata: decreti) del Concilio di Gerusalemme anche in quelle zone (anche se non ne erano destinatari: At 15,23)

16,6-10: Paolo chiamato in Macedonia

Piani scombinati: probabilmente Paolo e Sila volevano andare a Efeso e continuare con il metodo di partire dai gruppi giudaici e avvicinare i simpatizzanti. Ma lo Spirito impedisce di andare in Asia a Efeso…Poi provano verso nord dove c’erano altre comunità in Galazia e Bitinia… Ma lo Spirito ancora impedisce… In che modo hanno ascoltato lo Spirito Santo/di Gesù?? Ispirazione interiore? Profezia? O forse ancora una volta una lettura di fatti e circostanze (una malattia di Paolo: Gal 4,13, o l’opposizione dei giudei: 1Ts 2,18) alla luce della fede?
Lo Spirito è sempre il protagonista, specie nelle svolte non programmate: la Pentecoste, Cornelio, questo passaggio dell’evangelizzazione in tutt’altra terra: la Macedonia e la Grecia! Troade è il ponte verso il mondo greco-romano! La decisione nasce da una visione, che va messa assieme alla lettura di fede dei fatti: un viaggio piuttosto scontato per visitare comunità già fondate si trasforma in un grande progetto missionario. E questo viene compreso tramite una serie di fallimenti. Paolo e Sila sono guidati dallo Spirito, rimanendo uomini liberi dalle nostalgie e disponibili a lasciarsi reinventare dallo Spirito nelle circostanze storiche.

Per la riflessione personale

– È normale che ci siano diversità di visioni e dissensi anche oggi nella Chiesa… come li viviamo? Siamo capaci di essere uniti nell’essenziale e di valorizzarci nelle diverse sensibilità di linguaggi e di modalità di evangelizzazione? Vediamo nella Chiesa (specie nei pastori) il tentativo di affrontare e di armonizzare i percorsi diversi?

– Lo Spirito agisce suggerendo ma anche impedendo… un modo nuovo di vedere i nostri fallimenti, personali e delle iniziative pastorali? Ci vuole certo discernimento e capacità di lettura dei fatti nella fede, ma è possibile che dietro i fallimenti si svelino le nostre illusioni, o i nostri egoismi…

Davanti ai fallimenti o ai blocchi lo Spirito non ci fa piangere addosso, ma ci comunica la sua creatività e la sua fantasia di vero protagonista della evangelizzazione…

Alla luce di questo criterio, che riflessioni e che iniziative possono essere da Lui suggerite in questo tempo così inedito di blocco (pur temporaneo) delle nostre modalità di celebrazione comune e di formazione in parrocchia e di evangelizzazione?

Testi utili

Evangelii Gaudium: No al pessimismo sterile

84. La gioia del Vangelo è quella che niente e nessuno ci potrà mai togliere (cfr Gv 16,22). I mali del nostro mondo – e quelli della Chiesa – non dovrebbero essere scuse per ridurre il nostro impegno e il nostro fervore. Consideriamoli come sfide per crescere. Inoltre, lo sguardo di fede è capace di riconoscere la luce che sempre lo Spirito Santo diffonde in mezzo all’oscurità, senza dimenticare che «dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia» (Rm 5,20). La nostra fede è sfidata a intravedere il vino in cui l’acqua può essere trasformata, e a scoprire il grano che cresce in mezzo della zizzania. A cinquant’anni dal Concilio Vaticano II, anche se proviamo dolore per le miserie della nostra epoca e siamo lontani da ingenui ottimismi, il maggiore realismo non deve significare minore fiducia nello Spirito né minore generosità. In questo senso, possiamo tornare ad ascoltare le parole del beato Giovanni XXIII in quella memorabile giornata dell’11 ottobre 1962: «Non senza offesa per le Nostre orecchie, ci vengono riferite le voci di alcuni che, sebbene accesi di zelo per la religione, valutano però i fatti senza sufficiente obiettività né prudente giudizio. Nelle attuali condizioni della società umana essi non sono capaci di vedere altro che rovine e guai […] A Noi sembra di dover risolutamente dissentire da codesti profeti di sventura, che annunziano sempre il peggio, quasi incombesse la fine del mondo. Nello stato presente degli eventi umani, nel quale l’umanità sembra entrare in un nuovo ordine di cose, sono piuttosto da vedere i misteriosi piani della Divina Provvidenza, che si realizzano in tempi successivi attraverso l’opera degli uomini, e spesso al di là delle loro aspettative, e con sapienza dispongono tutto, anche le avverse vicende umane, per il bene della Chiesa».[65]
85. Una delle tentazioni più serie che soffocano il fervore e l’audacia è il senso di sconfitta, che ci trasforma in pessimisti scontenti e disincantati dalla faccia scura. Nessuno può intraprendere una battaglia se in anticipo non confida pienamente nel trionfo. Chi comincia senza fiducia ha perso in anticipo metà della battaglia e sotterra i propri talenti. Anche se con la dolorosa consapevolezza delle proprie fragilità, bisogna andare avanti senza darsi per vinti, e ricordare quello che disse il Signore a san Paolo: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (2 Cor 12,9). Il trionfo cristiano è sempre una croce, ma una croce che al tempo stesso è vessillo di vittoria, che si porta con una tenerezza combattiva contro gli assalti del male. Il cattivo spirito della sconfitta è fratello della tentazione di separare prima del tempo il grano dalla zizzania, prodotto di una sfiducia ansiosa ed egocentrica.
86. È evidente che in alcuni luoghi si è prodotta una “desertificazione” spirituale, frutto del progetto di società che vogliono costruirsi senza Dio o che distruggono le loro radici cristiane. Lì «il mondo cristiano sta diventando sterile, e si esaurisce, come una terra supersfruttata che si trasforma in sabbia».[66] In altri Paesi, la resistenza violenta al cristianesimo obbliga i cristiani a vivere la loro fede quasi di nascosto nel Paese che amano. Questa è un’altra forma molto dolorosa di deserto. Anche la propria famiglia o il proprio luogo di lavoro possono essere quell’ambiente arido dove si deve conservare la fede e cercare di irradiarla. Ma «è proprio a partire dall’esperienza di questo deserto, da questo vuoto, che possiamo nuovamente scoprire la gioia di credere, la sua importanza vitale per noi, uomini e donne. Nel deserto si torna a scoprire il valore di ciò che è essenziale per vivere; così nel mondo contemporaneo sono innumerevoli i segni, spesso manifestati in forma implicita o negativa, della sete di Dio, del senso ultimo della vita. E nel deserto c’è bisogno soprattutto di persone di fede che, con la loro stessa vita, indichino la via verso la Terra promessa e così tengono viva la speranza».[67] In ogni caso, in quelle circostanze siamo chiamati ad essere persone-anfore per dare da bere agli altri. A volte l’anfora si trasforma in una pesante croce, ma è proprio sulla Croce dove, trafitto, il Signore si è consegnato a noi come fonte di acqua viva. Non lasciamoci rubare la speranza!