28 novembre 2019
Chiesa parrocchiale di Santo Stefano Re d’Ungheria – Padova
Pr 31,10-31
Lc 23,35-43
1. Avevo iniziato un’omelia, un paio di anni fa, dicendo che come famiglia eravamo «consolati, pieni di speranza, di affetto e di desiderio»… Anche oggi la Parola ci aiuta a mettere a fuoco il motivo di questa consolazione e di questo affetto: è la vita ‘giusta’ scritta nella Bibbia (nella stupenda pagina del libro dei Proverbi che abbiamo ascoltato) e scritta nella persona e nella storia di Annamaria, conformata alla generosità e alla sapienza che ha la sua pienezza nella vita buona di Gesù Cristo. Siamo qui a celebrare questa vita che ci consola: abbiamo visto che l’obbedienza a Dio che ‘vede e provvede’ e la conformazione al Signore così amato da Annamaria non diminuisce l’espressione di maturità personale nell’amore, ma la moltiplica all’infinito… Annamaria, ha avuto sapienza e amore da vendere in famiglia, nella chiesa, con i poveri, fino ad una dimensione mondiale… E noi non abbiamo parole per ringraziare il buon Dio per tanta benevolenza nel volto, negli occhi luminosi, nel sorriso radioso, nelle mani laboriose, nella perseveranza e nella forza… insomma nella carne e nella storia di Annamaria che abbiamo ricevuto in dono come sorella, sposa, madre e amica…
2. In quella omelia dicevo, però, che siamo anche «smarriti, ammutoliti, arrabbiati e delusi». Lo siamo stati ancora. La bellezza di Annamaria, con il suo stile vivace di generosità e di servizio, rende ancora più incomprensibile e scandalosa l’esperienza della sofferenza, attraverso la quale è passata senza sconti. Anche questa sofferenza noi siamo qui a celebrare, nel dramma della passione del Signore. «Perché, Signore? Fino a quando, Signore? Passi questo calice, Signore!». Le grida dei capi, dei soldati e del ladrone sono anche le nostre grida e le nostre proteste sul senso della salvezza e sulla via misteriosa e, appunto, scandalosa, della Pasqua. Quel che ci è offerto (contemplando la narrazione evangelica di oggi) è la possibilità di partecipare alla sofferenza di Gesù, e la partecipazione di Gesù alla sofferenza della mamma… Solo dentro a questa comunione con le sofferenze di Cristo (ma dovremmo dire con l’amore di Cristo crocifisso) c’è il sentiero della speranza… altrimenti non ci sarebbe nessun significato rintracciabile. Di fatto, non c’è risposta al perché sul tempo e sul modo del dolore e del morire, né quando capita improvvisamente, né quando c’è uno strazio assurdo che si prolunga per tanti, tantissimi giorni. C’è solo il fatto consolante di avere accanto il Figlio di Dio inchiodato con noi sulla croce, un Figlio di Dio al buio, che si consegna comunque al Padre, sicuro del suo amore incrollabile, senza neanche rispondere alle proteste. È quello che ha fatto Annamaria: semplicemente si è consegnata. E in lei lo Spirito ci provoca a consegnarci, con coraggio, sempre, anche noi. È la via della vittoria sulla morte, che non ha potere sull’amore. Una vittoria e una crescita nell’amore che, come famiglia, abbiamo sperimentato come dono incredibile in questo tempo di sofferenza. Una vittoria di cui Annamaria ora gode pienamente, e che la fa stare seduta sul trono del vincitore, il suo amato Signore.
3. Gesù non risponde alle provocazioni. Gesù offre salvezza. La rivelazione della risurrezione, della fine del buio nella notte di Pasqua ha un aspetto fondamentale, che il vangelo di oggi ci aiuta a cogliere: la risurrezione consiste nella comunione dei santi. In quel «Oggi sarai con me nel paradiso!» c’è la promessa di un rapporto d’amore indistruttibile: essere con lui, che sta alla porta e bussa, che vuole entrare e cenare con intimità. È una rivelazione sconvolgente per la sua bellezza. La risurrezione è il dono di continuare a vivere un rapporto d’amore famigliare qui ed ora, con il Signore e quindi (poichè tutti siamo uniti a Lui) con i nostri cari e con i santi e con gli angeli. Stando dentro alla sofferenza e all’esperienza inesorabile della morte, alla luce della Parola letta e riletta in queste settimane, sento che dobbiamo dire basta con certi modi di dire che non hanno nulla a che fare con la realtà della risurrezione e della comunione dei Santi. Basta col dire «è là con Gesù»… Basta con l’idea della distanza, basta con l’idea che i nostri cari ci seguono da un cielo lontano, che sono angeli che ci guardano con il binocolo, e che dobbiamo ricordare solo qualche volta quando preghiamo: è una falsità questa distanza… La verità è che oggi il Signore ci tiene uniti, in una famigliarità con i nostri cari e con gli angeli e con i santi sulla quale dobbiamo assolutamente aprire gli occhi. Perché loro sono con il Signore nel Paradiso. E noi siamo in comunione sicura con il Signore nella Chiesa. In questa loro vicinanza al Signore, i nostri cari sanno tutto di noi, ci vogliono un bene non più limitato dalle incomprensioni e dai difetti umani. Oggi, e soprattutto nella celebrazione della messa, viene alimentata dal Signore questa stupenda esperienza di comunione che è il regalo più bello e incoraggiante, per continuare a vivere e a offrire sempre l’esperienza matura del servizio umile e generativo di autentici rapporti di amore.