Commento al Vangelo del 9 dicembre 2018.
L’evangelista Luca inizia con molta solennità il racconto della vita pubblica del Signore (3,1-8), preparata dal cugino Giovanni Battista. Fa l’elenco dei potenti della terra, che si ritiene governino la storia degli uomini. L’imperatore romano, il governatore della Giudea e gli altri capi delle regioni circostanti, i sommi sacerdoti che detenevano il potere religioso… A nessuno di loro Dio si rivolge per dargli una mano a fare la sua storia. Preferisce iniziare nel deserto, anziché nella città. Non rivolge a loro la sua Parola, ma la fa cadere (potremmo dire ‘accadere’) su Giovanni. Nel deserto, appunto. Ancora una volta (e ‘stavolta in modo definitivo) si inizia da lì, dal luogo silenzioso, duro ed essenziale nel quale ci si può aprire alla Parola di Dio, fuori dal frastuono della città e dalle sue complesse trame di potere. Non che Dio non voglia parlare agli uomini della città. È che bisogna partire dal silenzio e nutrirsi di Dio per tornare nella città e trasformarla in luogo degno di convivenza fraterna. Il Figlio di Dio è entrato in questo mondo nel silenzio del grembo di Maria, non è nato sotto i riflettori, è stato trent’anni nell’umile ferialità di Nazaret, prima di parlare a tutti s’è fatto quaranta giorni nel deserto, e quando predicava passava le notti in preghiera ascoltando la Parola del Padre… E a noi quando càpita la Parola?
Il deserto per noi potrebbe essere la nostra chiesa. È lì che il Signore ci invita continuamente per rinnovare l’evento della sua Parola che ‘accade’ su di noi. Potremmo dire, quando usciamo dalla Messa: «oggi mi è capitata la Parola di Dio»! Dall’ambone (il luogo da cui si proclamano solennemente le pagine della Scrittura) Dio ci fa udire la sua voce, in modo umile e forte insieme. Sappiamo che è proprio Lui a parlare quando ascoltiamo la Bibbia! Lui che ci vuole riempire della sua verità, dei suoi pensieri, dei suoi giudizi. Vuole imbottire ben bene la nostra testa di cose buone e giuste. Vuole illuminarci per mettere in ordine il nostro cuore e farci vivere in modo maturo. Vuole darci la sua sapienza per leggere la storia in modo sensato. Vuole incoraggiarci e aiutarci a vincere paure e ansie. Nello stesso tempo, bisogna dire che ci vuole un po’ di coraggio per ascoltare la Parola, per ascoltare Gesù che è la Parola del Padre. Perché la Parola di Gesù è compromettente e impegnativa. Se l’ascolti veramente non ti lascia come prima. Ti stana nelle tue ambiguità e ti plasma a sua immagine.
Non ci si può preparare al Natale senza mettersi in ascolto profondo e coraggioso della Parola. Ogni domenica, almeno. Possibilmente ogni giorno!
Per educarci a questo ascolto personale e comunitario, oltre alla Messa domenicale, abbiamo il momento della adorazione del mercoledì, che si fa meditando le letture della domenica.
Nel tempo di Avvento e negli altri tempi forti della liturgia, su può ricevere (sui social della parrocchia) qualche spunto di riflessione sulla Parola di ogni giorno, a cura membri del Consiglio pastorale.
Potremmo anche mettere una Bibbia quest’anno nel nostro presepio a casa: quel Bambino è la Parola di Dio, dolce e sconcertante, delicata e imbarazzante.