Sicilia. 12 agosto 2017

A Palermo si vede e quasi si respira la contraddizione della Sicilia. Tragedia e bellezza, nobiltà e decadenza di questa antichissima città balzano agli occhi, mentre sei colpito dai profumi e dagli olezzi insieme.

Arriviamo agilmente in centro, nel traffico indisciplinato e flemmatico, quasi segno di una vitalità smorzata. La zona su cui muoviamo i primi passi è quella che sta tra i due imponenti teatri: il Politeama nella città nuova e il Massimo in quella vecchia, entrambi costruiti nel XVIII secolo, con l’evidente intento educativo dell’arte che esprime e insieme indirizza virtuosamente le potenzialità della città e dell’umanità che la abita.

Ci raggiunge Monica, assieme al marito Daniele. Loro vivono a Ferrara, ma sono palermitani doc. Conoscono la città, la sua storia, la sua cultura. Ci aiutano a vedere come lo splendore sia diventato decadenza perché l’interesse per la bellezza e la cultura è andato a finire sotto i piedi di chi aveva altri interessi: quelli di far diventare le periferie fruttuosi alveari. Facciamo fatica ad immaginare e perfino ad ammettere che il Teatro Massimo o la fontana di Piazza Pretoria fino a pochi anni fa fossero in stato di completo abbandono. Un incredibile abbandono che vediamo in tanti posti, passeggiando per il dedalo di viuzze della città. Incredibile pensando alla amministrazione pubblica. Incredibile pure pensando alla mancanza di un diffuso senso civico. Ma forse siamo troppo del nord. Palermo in questo che a noi sembra incuria, rassomiglia forse più ad una città mediorientale.

Ma tanto è stato fatto negli ultimi decenni per attuare un programma di recupero di identità, per togliere almeno un poco il velo della decadenza da questa città che contiene in sè, nei suoi nomi e nelle sue fisionomie architettoniche le tracce della sua storia ricchissima, fatta delle diversissime culture di chi l’ha dominata. Dai greci ai romani, dagli arabi ai normanni agli spagnoli. Ai mafiosi.

Dai Quattro Canti ci spostiamo verso la chiesa di Martorana, dietro il Comune, concattedrale dell’Eparchia di piana degli Albanesi. Solo lì decidiamo entrare (chè si paga poco…) per vedere dall’interno. È un gioiello dell’arte bizantina, un duomo di Monreale in miniatura, pur se discutibilmente s’accostano agli antichi mosaici gli stucchi e i lapislazzuli e gli affreschi dei secoli successivi.

È ora di pranzare. Come programmato vogliamo andare al mercato di Ballarò. Lo attraversiamo immergendoci nel caos di voci e grida, odori intensi e raggi di luce sgargiante che filtra tra i teli delle bancarelle. Alla fine, lì mangiamo solo con gli occhi… E si decide di andare alla Antica Focacceria S. Francesco. Ci vogliono solo una decina di minuti, ancora tra gli sconosciuti vicoli. Monica e Maps non ci fanno perdere tempo.

Il famoso pane con la milza e le arancine sono il pranzo per la maggior parte di noi.

Nel pomeriggio? Brancaccio! Ci mettiamo sulle tracce di don Pino Puglisi, ucciso nel ’93 perché prete scomodo per gli affari mafiosi che lasciavano la gente di questo periferico quartiere in una situazione di degrado inaccettabile. Ce lo racconta il suo amico Vito, nella chiesa parrocchiale di S. Gaetano, che sta proprio in via Brancaccio ed è incastonata nel caos.

Con la passione di chi stima un amico, Vito ci descrive don Pino soprattutto nella sua interiorità, nella sua fede, nel suo radicamento dentro alla Parola di Dio. Lì, nell’amore misericordioso di Dio, la fonte della stima per ogni persona, del desiderio che ognuno viva con dignità. Partecipe del desiderio, del cuore vibrante di Dio Padre per ognuno dei suoi figli. Solo lì è fondato, per don Pino per la Chiesa intera, ogni sforzo di promozione umana, anche molto concreto come chiedere una scuola o una fognatura… E poi gli altri tratti della  spiritualità di questo uomo di Dio: nella Chiesa, vissuta come comunione con il Dio che suscita i suoi carismi in tutti, fermenta il Regno In una serena disponibilità al dialogo con gli uomini di buona volontà c’è futuro di giustizia e di pace. Nell’impegno educativo per ‘umanizzare’ i ragazzi e i giovani c’è la imprescindibile condizione per creare una cultura nuova, ispirata al vangelo (qualche appunto in più dell’intervento di Vito, che non ha voluto lasciarsi coinvolgere troppo emotivamente, si trova qui sotto).

Alcuni parrocchiani intanto ci preparano un caffè, capitanati dal diacono Antonino, che fa servizio qui da alcuni anni e che poi ci conduce, al di là della strada, al Centro Padre Nostro. Geniale il nome, in un luogo in cui ‘padre’ è solo il capo mafioso, e ‘cosa nostra’ è tutt’altro che la condivisione evangelica dei doni di Dio. Fondato da don Pino, questo piccolo luogo (quattro stanze appena, pagate assai profumatamente) è il centro di animazione dei ragazzi del quartiere: Antonino ci racconta simpaticamente un poco della avventurosa esperienza educativa di don Pino e di chi adesso ci sta mettendo la faccia, non senza difficoltà, chè la speranza non abita il cuore di tutti.

Prima di lasciare Brancaccio andiamo a pregare nel Piazzale Anita Garibaldi, dove fu ucciso don Pino, che abitava lì. Un breve e intenso momento, illuminato dalle parole di speranza di Apocalisse 5: il leone della tribù di Giuda, il Germogli di Davide ha vinto immolandosi, e sa i segreti della storia, e li comunica a chi sta in comunione con lui.

Il viaggio di ritorno a Terrasini, nell’intenso traffico del sabato sera, è una prima occasione di decantazione e di confronto tra di noi. Ma anche di svago tamarro a suon di Pink Floyd.

La serata è poi un bagno di folla in cerca di qualcosa da mettere sotto denti nella Terrasini invasa dai turisti. Finiamo al chiosco di Lia, vicino al mare ancora mosso e al fresco maestrale.

Appunti dall’intervento di Vito Culotta

Don Pino Puglisi diventa Prete nel ’60, in clima di rinnovamento conciliare. 

La chiesa si ricompende. Mette al centro la parola. Si apre al mondo con simpatia. Rinnova la liturgia. Rende protagonisti i fedeli nella universale vocazione alla santità. 

Don Pino assorbe i contenuti del concilio, si aggiorna, si confronta con altri preti. 

Primato di dio sulla propria vita. Immergendosi in Gesù si riempiono d’amore tutti gli incontri. 

Protagonista della sua vita è la Parola, meditata legando alla vita. Desiderava studiare al Biblico… 

‘Quando sono entrato in seminario non credevo ancora a Gesù. Non avevo ancora scoperto la bibbia… Un professore  mi aiutò a scoprire il Signore presente accanto a me come ad un amico. Il rapporto personale con Lui è diventato quotidiano’.  Una frase importante: quello che avete fatto agli altri lo avete fatto a me! 

Ppp educatore all’amore per la. Bibbia. Cf. Dei VERBUM! incontrare le scritture è incontrare Cristo! 

Ppp proponeva Gesù modello di vita, realizzazione dell’umanità! La vita bella è buona del vangelo! 

Sacerdote vicino ai giovani: una vita con loro, senza distanze, aperto al dialogo. 

Era formidabile nell’incontro con i ragazzi. 

Insegnante tra i banchi! 

Dialogo sulla ricerca della verità e il senso della vita. Come vivere nella società e nella città con i suoi problemi. Partire dai problemi e andare alla radice. Ogni ricerca ha a che fare con il desiderio di infinito. Voleva socraticamente tirare fuori dai giovani questa ricerca.

Mostra vocazionale ‘sì, ma verso dove?’ nella vita ci vuole un progetto, altrimenti la vita è subita! 

Formazione: dare forma alla vita. Diventare quel che si è nel profondo. Evitare di essere informi! Evitare di essere deformi. Invece dare consistenza alla propria coscienza, dare identità e sostanza alla vita personale. 

Prete non solo per i giovani, ma per tutti, anche per gli adulti, che devono essere testimoni. 

Per Cristo a tempo pieno! Un orologio senza lancette! 

Una ecclesiologia di comunione! 

Laicato protagonista nella storia! 

Pregare, pensare e progettare e lavorare insieme tra preti e laici. Stimolava  all’impegno e si metteva in gioco. Importanza dei consigli pastorali! 

Umiltà, povertà e sobrietà e semplicità! 

Capace di grande amicizia! 

Evangelizzazione è promozione umana! Liberare dalle strutture di oppressione. 

Parroco sempre nelle zone più degradate di Palermo! 

Si è battuto perché la gente avesse la casa, la scuola che non c’era a Brancaccio, o il distretto sanitario. Il cristiano deve impegnarsi per la dignità di ogni persona. Il prete rosso! 

Contro l’incuranza dello Stato! Lo stato a Brancaccio non esisteva! 

Non un agitatore Sociale! 

Collaborazione con gli uomini di buona volontà, anche atei o comunisti. 

A che serve vivere se si sbaglia direzione? Costruttori di un mondo nuovo. 
Diacono Antonino. 

Centro Padre nostro: una rivoluzione anzitutto culturale per combattere la mafiosità! Non un padrino che decide per gli altri e li sfrutta. I Gravitano qui erano chiamati ‘padre natura’ e ‘il Signore’ ! 

Non ‘cosa  nostra’ ma padre che è di tutti! 

‘Se ognuno fa qualcosa, allora. Si può fare molto’. 

C’è un ‘parto per uccisione’ : il sangue dei martiri è seme dei nuovi cristiani!