Pellegrinaggio a Roma, 26 febbraio

Il diario della giornata, con le parole del Papa e qualche foto.

È il giorno dell’incontro con il Papa: parteciperemo alla preghiera dell’Angelus a mezzogiorno!

Alle 8 si parte dal nostro alloggio (una casa della suore della Presentazione, carinissime): la meta è la Basilica di S. Agostino, nei pressi di piazza Navona. La giornata si preannuncia splendida, a Roma è proprio primavera. Arriviamo giusto in tempo per fare una foto sulla gradinata e chiacchierare simpaticamente un po’ con un barbone che chiede l’elemosina davanti alla Basilica (altri si stanno tirando su dai loro giacigli nei quali hanno passato la notte davanti alle porte della Basilica). Ci accoglie il padre Pasquale, Agostiniano, secondo me pugliese. Ci fa accomodare nella cappella alla sinistra dell’altare maggiore: lì sono conservate le spoglie mortali di Santa Monica, la mamma di S. Agostino. Si dilunga, il monaco, a spiegare la nascita della chiesa in cui ci troviamo e contemporaneamente la nascita dell’ordine agostiniano, che risale al XVI secolo: vari gruppi di eremiti della zona si sono riuniti, facendo riferimento alla regola di S. Agostino, e hanno dato vita all’Ordine Agostiniano proprio in questa chiesa, che naturalmente all’epoca era molto più piccola e che lungo i secoli è stata trasformata e arricchita. Ci dice anche qualche parola di contenuto spirituale, molto interessante: la vita di preghiera che Agostino propone è connotata dal carattere comunitario. Non esiste preghiera cristiana se non nella consapevolezza di essere Comunità del Signore. E bisogna camminare insieme: chi è più avanti nel cammino, senza fermarsi, deve aiutare gli altri a camminare speditamente, con pazienza e carità.

I due pilastri della spiritualità agostiniana sono interiorità e comunione: due dimensioni che pure la nostra comunità parrocchiale, fatta di laici, può imparare a vivere sempre più splendidamente.

La Messa cui partecipiamo è quella d’orario della comunità parrocchiale. Ai pochi fedeli del luogo ci aggiungiamo celebrando con il parroco, padre agostiniano pure lui, in comunione di intenti e di intercessione per le nostre parrocchie affidate a S. Agostino.

Si va poi verso piazza S. Pietro, un po’ dispersi in vero: qualcuno riesce a visitare la vicina chiesa di S. Luigi dei Francesi (c’è la cappella di Caravaggio, con la vocazione di Matteo…); molti riescono a prendersi un caffè lungo la via dei Coronari. Arrivando in via della Conciliazione, ci s’accorge che c’è davvero un sacco di gente. Non si riesce ad entrare in piazza: troppo tardi per mettersi in fila per i controlli al metal detector. Poco male, tanto il Papa lo si vede piccolo anche da dentro… Ci fermiamo sul limitare del colonnato dalla parte del Borgo di S. Spirito, qualche minuto e s’affaccia il Papa, cordiale, salutato dall’applauso di tutti e dalla commozione che sale dal cuore. È proprio diverso sentirlo stando lì… (qui e sulla pagina facebook della parrocchia il video, dal nostro punto di vista)

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

L’odierna pagina evangelica (cfr Mt 6,24-34) è un forte richiamo a fidarsi di Dio – non dimenticare: fidarsi di Dio – il quale si prende cura degli esseri viventi nel creato. Egli provvede il cibo a tutti gli animali, si preoccupa dei gigli e dell’erba del campo (cfr vv. 26-28); il suo sguardo benefico e sollecito veglia quotidianamente sulla nostra vita. Essa scorre sotto l’assillo di tante preoccupazioni, che rischiano di togliere serenità ed equilibrio; ma quest’angoscia è spesso inutile, perché non riesce a cambiare il corso degli eventi. Gesù ci esorta con insistenza a non preoccuparci del domani (cfr vv. 25.28.31), ricordando che al di sopra di tutto c’è un Padre amoroso che non si dimentica mai dei suoi figli: affidarsi a Lui non risolve magicamente i problemi, ma permette di affrontarli con l’animo giusto, coraggiosamente, sono coraggioso perché mi affido al mio Padre che ha cura di tutto e che mi vuole tanto bene.

Dio non è un essere lontano e anonimo: è il nostro rifugio, la sorgente della nostra serenità e della nostra pace. È la roccia della nostra salvezza, a cui possiamo aggrapparci nella certezza di non cadere; chi si aggrappa a Dio non cade mai! È la nostra difesa dal male sempre in agguato. Dio è per noi il grande amico, l’alleato, il padre, ma non sempre ce ne rendiamo conto. Non ci rendiamo conto che noi abbiamo un amico, un alleato, un padre che ci vuole bene, e preferiamo appoggiarci a beni immediati che noi possiamo toccare, a beni contingenti, dimenticando, e a volte rifiutando, il bene supremo, cioè l’amore paterno di Dio. Sentirlo Padre, in quest’epoca di orfanezza è tanto importante! In questo mondo orfano, sentirlo Padre. Noi ci allontaniamo dall’amore di Dio quando andiamo alla ricerca ossessiva dei beni terreni e delle ricchezze, manifestando così un amore esagerato a queste realtà.

Gesù ci dice che questa ricerca affannosa è illusoria e motivo di infelicità. E dona ai suoi discepoli una regola di vita fondamentale: «Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio» (v. 33). Si tratta di realizzare il progetto che Gesù ha annunciato nel Discorso della montagna, fidandosi di Dio che non delude – tanti amici o tanti che noi credevamo amici, ci hanno deluso; Dio mai delude! -; darsi da fare come amministratori fedeli dei beni che Lui ci ha donato, anche quelli terreni, ma senza “strafare” come se tutto, anche la nostra salvezza, dipendesse solo da noi. Questo atteggiamento evangelico richiede una scelta chiara, che il brano odierno indica con precisione: «Non potete servire Dio e la ricchezza» (v. 24). O il Signore, o gli idoli affascinanti ma illusori. Questa scelta che siamo chiamati a compiere si ripercuote poi in tanti nostri atti, programmi e impegni. E’ una scelta da fare in modo netto e da rinnovare continuamente, perché le tentazioni di ridurre tutto a denaro, piacere e potere sono incalzanti. Ci sono tante tentazioni per questo.

Mentre onorare questi idoli porta a risultati tangibili anche se fugaci, scegliere per Dio e per il suo Regno non sempre mostra immediatamente i suoi frutti. È una decisione che si prende nella speranza e che lascia a Dio la piena realizzazione. La speranza cristiana è tesa al compimento futuro della promessa di Dio e non si arresta di fronte ad alcuna difficoltà, perché è fondata sulla fedeltà di Dio, che mai viene meno. È fedele, è un padre fedele, è un amico fedele, è un alleato fedele.

La Vergine Maria ci aiuti ad affidarci all’amore e alla bontà del Padre celeste, a vivere in Lui e con Lui. Questo è il presupposto per superare i tormenti e le avversità della vita, e anche le persecuzioni, come ci dimostra la testimonianza di tanti nostri fratelli e sorelle.

Dopo l’Angelus:

Cari fratelli e sorelle,

rivolgo un cordiale saluto a tutti voi pellegrini di Roma, dell’Italia e di diversi Paesi.

Saluto i fedeli polacchi di Varsavia e di altre località che hanno compiuto un pellegrinaggio mariano; e dalla Spagna quelli di Ciudad Real e i giovani di Formentera.

Saluto i ragazzi di Cuneo, Zelarino, Mattarello e Malcesine, Fino Mornasco e Monteolimpino; i cresimandi di Cavenago d’Adda, Almenno San Salvatore e Serravalle Scrivia; i fedeli di Ferrara, Latina, Sora, Roseto degli Abruzzi, Creazzo e Rivalta sul Mincio.

Saluto il gruppo venuto in occasione della “Giornata delle malattie rare” – grazie, grazie a voi per tutto quello che fate – e auspico che i pazienti e le loro famiglie siano adeguatamente sostenuti nel non facile percorso, sia a livello medico che legislativo.

A tutti auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!

Naturalmente s’alza un urlo dal nostro piccolo gruppo quando il Papa parla dei ‘fedeli di Ferrara’! Qualcuno applaude anche da casa, abbiamo saputo poi. Onore di essere menzionati dal Papa? Manco ci conosce… ma nella fede è un modo per sentirci uniti a lui e al Signore, considerati preziosi nella grande famiglia della Chiesa mondiale. Un modo anche per dire la gratitudine per la recente nomina di un nuovo successore degli Apostoli per la nostra Chiesa di Ferrara-Comacchio: mons. Giancarlo Perego.

Dalla Piazza, velocemente, migliaia di pellegrini si sfilano. Noi ci mettiamo un po’ a radunarci tutti. Intanto si chiacchiera, si commenta, si telefona a casa, si compra qualche regalino in un vicino negozietto di articoli religiosi. E ci si incammina, per l’ultima volta, rigorosamente a piedi, verso le suorine della Presentazione. Sotto un sole ora quasi cocente.

Tempo di fare i bagagli e i quattro pulmini e la macchina di Marzio si rimettono in carovana. Non male la faccenda di andare in pulmino: in fondo, anche se è vero che non si sta proprio tutti insieme, è vero pure che tra quei nove che ci stanno dentro cinque ore di viaggio gomito a gomito sono una bella occasione per affiatarsi…

I frutti di questo pellegrinaggio, se il Signore vuole e se noi ci stiamo, si vedranno nella comunità. Ora è impegno di ciascuno non fermarsi alle emozioni, ma custodire e meditare nel cuore le parole e i segni con il quale il Signore ci ha visitato. Sarà Lui a far fruttificare, come gli pare, per tutta la comunità parrocchiale. Mi sa che proprio questa parola ‘comunità’ possa raccogliere tanti spunti e indicazioni per proseguire nel cammino…

Un grazie reciproco. E un grazie di tutti, di cuore, a Pasquale, che ha tanto lavorato per preparare questa esperienza.

Qualche foto, sempre in attesa dell’album completo…