Commento al Vangelo del 29 ottobre 2023.
Così facile da dire, così difficile da fare.
Così facile da capire, così difficile da mettere in pratica.
Così bello da sentire, così duro da vivere.
Così consolante quando lo viviamo, così triste quando non ci riusciamo.
Il comandamento dell’amore, primo e grande appello (comandamento) di Dio per la nostra maturità e la nostra felicità è così. E Gesù non smette di ripeterlo con la sua forza e la sua freschezza. Già lo aveva detto più di mille anni prima tramite Mosè, ispirando il famosissimo testo di Deuteronomio 6,4: «Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le forze». Ogni israelita ripeteva e lo ripete quotidianamente nella sua preghiera. Lo aveva detto, poi, con l’altro meno famoso testo di Levitico 19,18: un capitolo sui doveri sociali verso gli altri, nel quale è incastonata la perla «Ama il prossimo tuo come te stesso». Non aggiunge nulla di nuovo, il Signore che discute con i farisei nel tempio. Se non il fatto che mette insieme questi due comandi e li fa diventare una cosa sola. Non esiste amore verso Dio se non assieme all’amore verso il prossimo, e non è pensabile amare profondamente se stessi e gli altri se non a partire dalla fonte dell’amore. Rileggere Deuteronomio ci aiuta a contemplare e a sperimentare la premessa della possibilità di amare: «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore!». I due comandamenti (tre con quello di amare se stessi…) stanno in piedi insieme, ma sono fondati sull’amore infinito e instancabile della Trinità per ogni persona umana.
Gesù, in realtà, una cosa l’aggiunge: è la parolina ‘mente’. Alle forze, all’anima, al cuore, Gesù aggiunge il cervello. Lo testimoniano concordi tutti e tre gli evangelisti sinottici che riportano questo brano. L’amore coinvolge ogni fibra della nostra persona: la vita, le facoltà affettive, la volontà, i beni e le forze fisiche. Ma anche la capacità di ragionare, di indagare il bene, di discernere ciò che è vero, buono e giusto. Lo Spirito (che è Dio dentro di noi e ci spinge ad amare) ci accompagna in questo. Dei suoi sette doni, la maggior parte servono a capire bene, ad andare in profondità, a discernere e a scegliere (sapienza, intelletto, consiglio, scienza). Per amare ci vuole cuore (vibrante e carico di slancio di volontà) e ci vuole testa. Come Dio, che ha testa e cuore. Come i santi, che hanno usato cuore e testa per amare bene. Come Maria, che intelligentemente ha dialogato con l’angelo per capire come portare avanti la sua incredibile maternità.
E per far funzionare bene testa e cuore insieme ci vuole tempo. L’istintività e lo spontaneismo non hanno nulla a che vedere con l’amore profondo, perché la nostra testa e il nostro cuore sono malati. E allora bisogna prendersi tutti i santi giorni il tempo per ascoltare, valutare, soppesare, discernere, scegliere. La preghiera è questo. E il Signore è a disposizione ogni santo giorno per dialogare con noi su come possiamo, ogni giorno, amare in modo sensato, pieno di affetto e di verità.