Che ve ne pare?

Commento al Vangelo del 1 ottobre 2023.

Siamo ancora chiamati a lavorare nella vigna (Mt 21,28-32). Questa volta Gesù ci ricorda che noi siamo proprio i figli del padrone di quella vigna. E che il nostro Papà ci chiama personalmente a dargli una mano perché la vigna sia curata e produca buona uva e da quella si possa fare un buon vino. La vigna siamo noi; la vigna è la comunità cristiana; la vigna è il mondo intero.

Gesù mette in chiaro il mistero della libertà: siamo liberi, ma dobbiamo diventarlo. È una cosa bellissima, anche se non facile da capire subito. Dio, il Padre Onnipotente che ci ha creato e redento, e che sa che cosa è bene e male, e che opera nella storia per trasformare la comunità dei suoi figli devastata dal male in una famiglia unita, lascia intatta la nostra libertà. Non vuole costrizioni, non vuole automatismi, non vuole scelte fatte per paura. Lui è il creatore della nostra persona, Lui è l’inventore della libertà che ci ha partecipato. E lui è il massimo garante di questa libertà, in ogni istante della nostra esistenza. L’esperienza dei due figli che si pongono in modo opposto (uno dice di andare a lavorare nella vigna, ma poi non ci va; l’altro rifiuta sulle prime, ma poi ci pensa e va a lavorare) ci rappresenta benissimo nelle nostre incertezze, nella volubilità delle nostre riflessioni e decisioni, nei nostri ritardi e nei nostri entusiasmi. Nulla di strano, ci dice il Signore che conosce bene il nostro animo e desidera farci camminare verso una esperienza di fede non superficiale, ma di profondo fascino per la bellezza del lavoro per gli altri e di autentica scelta che passa responsabilmente attraverso l’intelligenza che capisce e la volontà che si muove in modo vibrante! La fede cristiana non è roba da pecoroni che acriticamente vendono il cervello (a questo ormai non ci sta più nessuno), ma roba da gente intelligente e profondamente matura e caldamente entusiasta) Per vivere con maturità le scelte della nostra coscienza (cosa sempre difficile, e specialmente in questo tempo di fretta e di superficialità e di fatica ad essere critici), bisogna star lì con la testa. Lasciarci chiedere ogni giorno dal Signore: Che te ne pare? Prendersi i tempi del silenzio e del discernimento, personale e comunitario, con la calma che solo permette il dialogo con il Signore e l’espressione di una coscienza matura. È urgente. Oggi. Non basta una tradizione di appartenenza alla Chiesa, non basta l’abitudine