Commento al Vangelo del 23 aprile 2023.
Per andare da Gerusalemme a Emmaus ci vogliono almeno un paio d’ore. Nel pomeriggio di quel giorno feriale, all’inizio di una nuova settimana, Cleopa e un suo amico discepolo tornano forse a casa loro. L’avventura con Gesù, il nazareno, il profeta che aveva compiuto grandi opere e aveva detto cose bellissime, è finita. Le speranze se ne sono andate. Il cuore è pieno di tristezza e di delusione. Forse anche di rabbia. Lungo la strada si discute animatamente di quel che è successo l’altroieri, e del silenzio del sabato, e delle farneticazioni delle donne che dicono di aver visto degli angeli, e di quel che Pietro ha trovato: la tomba vuota, ma nessun segnale di Lui.
Gesù ti si affianca quando meno te lo aspetti. Cammini con lui senza neanche che te ne accorgi. Ti fa dialogare, ti fa pensare, ti fa ridire le cose che hai vissuto. Lui che sa tutto vuole farti tirar fuori pensieri e sentimenti, costringendoti a dare un nome alle cose che si muovo nel tuo animo. Potrebbe affiancarti sgridandoti e sbattendoti in faccia subito la sua verità e la sua potenza gloriosa. Parte sempre da lontano, provocando dolcemente, non senza ironia, la tua stupidità e il tuo cuore bradicardico, così lento a credere a quel che già t’è stato detto dai profeti.
Quella catechesi biblica lungo la via, dalla viva voce del risorto anche se non sai che è il risorto, mi piacerebbe un sacco averla ascoltata direttamente. Ma mi ricorda tutte le catechesi che ho sentito più o meno distrattamente nella mia vita, tutte le occasioni in cui il Signore mi ha parlato tramite un sacco di persone che gli hanno prestato volto e voce.
È impressionante la delicatezza del risorto: non ti obbliga mai, non ti costringe mai, ti aspetta sempre e sempre (ma te ne accorgi di solito solo dopo) cerca di accendere almeno qualche scintilla nel tuo cuore freddo e di mettere sprazzi si speranza nei tuoi pensieri contorti, e di aprirti ad un progetto enorme, quello del regno, mentre tu ti arrabatti a vivere nel piccolo cabotaggio della tua vita.
Delicatezza che fa scegliere a te. Quasi suggerendo il desiderio di invitarlo, mentre lui fa per andare oltre per non essere di peso o di imbarazzo. Cleopa e l’altro (che penso di essere proprio io) lo invitano in casa. C’è del buono in quel compagno di viaggio che ha aperto i loro (nostri) poveri pensieri a prospettive nuove sulla bibbia, sul Cristo, sulla croce, sulla gloria.
Per riconoscerlo pienamente bisogna arrivare all’esperienza del dono che è per te. Importante la parola e la verità che ti comunica. La fede però scatta quando t’accorgi, spiazzato, che il crocifisso è il Cristo per te. Che è il Signore che ti vuole così bene da essere morto per te e vuole farsi mangiare da te. Ti accorgi che quella sua compassione vera e carica d’affetto non è rimasta inchiodata sulla croce.
E allora non c’è più bisogno di vedere con gli occhi della carne. E allora quello che è accaduto lungo la via (l’esperienza di avere il risorto come compagno di viaggio che ti stima, ti ascolta, ti educa e ti nutre) diventa il cuore dell’annuncio missionario, della passione missionaria. La vita della Chiesa, un cammino fatto insieme, è tutta e sempre lì, in casa e per strada, tra Gerusalemme e Emmaus.