Commento al Vangelo e audio dell’omelia del 20 marzo 2022.
Fatti di cronaca da interpretare. Fatti drammatici da capire alla luce della fede. Ne succedono sempre. A volte gravissimi e incomprensibili. A volte limitati, a volte di proporzioni sconcertanti. Ne succedevano anche ai tempi di Gesù (Lc 13,1-9). L’occupazione della terra di Israele da parte dei potenti e certo non delicati romani. Gli eccidi di Pilato che non andava molto per il sottile per reprimere le ribellioni. Fatti causati dalla cattiveria degli uomini.
Eppoi fatti drammatici che dipendono da quella che potremmo chiamare la causalità, anche se spesso non è facile distinguerla dalle responsabilità e dall’incuria, come quando una torre cade muoiono diciotto persone.
Fatti sottoposti all’attenzione di Gesù: che ne pensi, Signore? Siccome ci siamo sempre in mezzo anche noi, ci mettiamo volentieri in ascolto per fare nostro il pensiero e lo sguardo del Figlio di Dio.
Gesù intuisce che cosa vogliono insinuare quelli che lo interrogano su quei Galilei ammazzati da Pilato mentre pregavano, probabilmente perché facevano parte di quei settori del mondo giudaico che erano più vicini alle posizioni della ribellione: erano peccatori e quindi se la sono meritata. Erano molto peccatori, più degli altri. E risponde in modo molto chiaro: no, non funziona così. Non è vero che Dio vuole punire, farla pagare, mandare all’inferno. Dio non vuole assolutamente la morte del peccatore. Lo aveva già fatto dire ai profeti (Ezechiele 33,11). Scandaloso, certo, per noi che non ragioniamo da fratelli, che non siamo ancora nel cuore del Padre.
E allora? Che cosa vuole Dio per i peccatori? Che si convertano e vivano (sempre Ez 33,11)! Lo vuole sempre, lo vuole senza mezzi termini, senza limiti. Che il peccatore si converta e viva. I piccoli peccatori e quelli che fanno peccati grandi, con conseguenze disastrose e di sofferenza per milioni di persone. Dio vuole testardamente, e spera ardentemente la loro conversione e quindi la vita.
Già, perché chi è peccatore è morto, è staccato dalla fonte della vita che è Dio. Che si converta e viva si riferisce non solo alla vita futura. Vuol dire la vita adesso. Una vita buona e generativa, a sua volta, di vita, anziché di morte.
Ma torniamo ai fatti drammatici in cui è immersa la nostra esistenza. Da essi nasce la domanda bruciante a Dio: se non sei tu a volerli di tua iniziativa, perché li permetti? Stiamo sempre davanti al mistero del dolore ingiusto, che fa a botte con la bontà di Dio.
Gesù è straordinario. E ci spiazza. Ci sembra strano e forse ci fa un po’ arrabbiare, ma non sta lì a spiegare il concatenamento delle cause del male. Va subito al punto più cruciale di tutto: essere in comunione con il Padre. Anche quando si è immersi nel male. Ci sono fatti che non hanno risposta rigorosa. Ma questo non impedisce di poter scegliere di stare dalla parte di Dio. Perché Dio è sempre dalla nostra parte. Perché questa è davvero l’unica cosa che conta. Perché solo Dio è la vita più forte della morte. Solo Dio è l’amore che resiste ad ogni violenza.
E questa è l’esperienza della croce. Che Gesù ha vissuto in prima persona. Fidandosi del Padre fino all’ultimo respiro. Accettando che la salvezza non è dalla morte, ma amando nella morte. E che la vita definitiva è nella risurrezione della carne.
Se il mistero della Pasqua, che ci apprestiamo a celebrare solennemente, non tocca questi interrogativi così profondi…