Dolcezza e dramma

Commento al Vangelo del 3 gennaio 2021.

Ancora il Prologo del vangelo secondo Giovanni (Gv 1,1-18): nella II domenica dopo Natale continuiamo a volare in alto, con l’aquila che è il quarto evangelista, autore, assieme allo Spirito, di questo testo meraviglioso.

Voliamo in alto e dall’alto della rivelazione della salvezza guardiamo a noi stessi dentro alla nostra vita, al nostro momento storico toccato dalla Grazia e dalla Verità: le parole di Giovanni suonano come una musica assieme dolce e drammatica.

Vi cogliamo la beatitudine indicibile della Trinità. Possiamo appena appena intuire e balbettare qualcosa, ma ci colpisce la pace infinita e la quiete felicissima di quel Verbo (il Figlio) che sta presso Dio, che sta come abbracciato a Dio che è Padre, che sta ‘nel suo seno’. Le nostre esperienze più intense di incrocio di occhi e di cuori, di sintonia con qualcuno (amici o sposi) ci dicono qualcosina di quella comunione che è tanto intima e tanto libera e così integrale da far dire a Gesù ‘Io e il Padre siamo una cosa sola’. Ce lo dice Giovanni, che nell’ultima cena ha poggiato il suo capo sul petto del Signore…

Questo abbraccio d’amore infinitamente dato e ricevuto, scambiato senza che nulla sia tralasciato, è la culla della nostra esistenza. Se siamo, respiriamo, pensiamo, amiamo… è perché veniamo fuori da lì, da quella centrale atomica dell’amore che si dona. È per questo che siamo fatti per amare, e tutto il resto è relativo. Tutta la creazione è una pallida eppure stupenda espressione di quell’amore sapiente e vivace e inesauribile. Tutto, proprio tutto, è stato fatto e rimane nell’esistenza per mezzo di quel Verbo continuamente pronunciato dal Padre. Fermiamoci un attimo, ovunque siamo adesso, guardiamoci attorno: la luce e il buio, la terra e il cielo, le stelle e le galassie, il visibile e l’invisibile, i nostri cari ed ogni uomo e donna… senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

Quell’abbraccio d’amore infinitamente dato e ricevuto si è riversato e si riversa continuamente e fedelmente nella vita e nella storia. Alla creazione si accompagna in ogni istante l’iniziativa di redenzione, la proposta di luce, di verità e di grazia. La proposta di una Presenza. La Presenza concreta, forte e delicata, del Verbo che ha piantato la tenda in mezzo a noi. La salvezza è la comunicazione esagerata dell’intimità della Trinità. Non ha condizioni, non ha limiti. È l’amore ‘eccessivo’ del Padre quello che si rende visibile pienamente e solamente attraverso il Figlio. Il Figlio che si dà, si consegna fino alla morte, e alla morte di croce. Perché è giusto così. Perché la grazia e la verità sono tali solo così. L’amore gratis di Dio è gratis davvero. È una ‘grazia’ per davvero! E non sarebbe tale se non fosse folle. Se questo amore luminoso si fosse fermato davanti alle tenebre, se non avesse raggiunto anche il più peccatori dei peccatori (cioè me), non sarebbe un amore divino. Se Dio non amasse nel Figlio anche uno solo degli uomini e delle donne della storia, Lui non sarebbe più veramente Padre.

La quiete dell’abbraccio trinitario allora, in questa storia così accidentata, non può comunicarsi che nel dramma della lotta. Per essere accolto da noi deve accompagnare il nostro faticoso combattimento contro la tenebra dell’egoismo, dell’ignoranza, della superficialità, della paura. La beatitudine di Dio si infila come promessa nella storia e avvia continuamente cammini di mi misericordia, di giustizia e di pace; e dona di stare con forza dentro alla passione; e ispira risposte di mitezza davanti alla violenza; e sostiene perfino nella persecuzione e nel rifiuto. L’anno che abbiamo iniziato (ci sta dicendo Giovanni) è un tempo buono. Come lo è stato quello che si è appena concluso: tempo abitato dal Figlio di Dio, che rende ogni situazione una possibilità di far circolare la grazia e la verità del Padre. Nella nostra carne, abitata dalla sua carne.