Giovani non sdraiati, ma umilmente in cammino…

In preparazione alla Pasqua, il gruppo dei giovani di 19/20 anni della nostra parrocchia ha voluto condividere con tutta la comunità alcune riflessioni fatte nel cammino della Quaresima… 

Crediamo che sia necessario partire da una premessa: questa lettera che abbiamo letto, questa serie di provocazioni che ci sono state proposte come cammino in preparazione della Pasqua 2020 hanno assunto, alla luce della contingenza storica che stiamo vivendo, significato e profondità del tutto particolari. Ci sentiamo toccati nel vivo, della nostra umanità e della nostra umile fede: ecco perché vorremmo che quanto abbiamo deciso di condividere venga accolto nella sua semplicità come una testimonianza vera e vissuta.

Siamo giovani in cammino: a volte il passo e più sicuro, altre più incerto. Può capitare di fermarsi, ma la sicurezza che ci accompagna è che la vita in gruppo all’interno della Chiesa non viene meno. A volte siamo trascinati, altre trasciniamo, ma condividere le esperienze che la vita ci mette davanti e la presenza di figure di riferimento che con pazienza cercano assieme a noi la via ci aiuta tanto, facendoci sentire pellegrini in viaggio verso una meta e non vagabondi persi fra le mille strade che ci troviamo davanti.

Non ci sentiamo “sdraiati”: siamo fortunati perché rispetto ad altri luoghi e ad altre epoche non ci manca nulla, viviamo sicuramente in condizione di agio e questo a volte ci anestetizza; ma in realtà siamo inquieti, ci facciamo domande che non trovano risposte semplici ma che ci rimettono di nuovo in cammino, e questo anche grazie alla proposta di fede e di crescita che ci ha fatto la nostra parrocchia. No, non siamo “sdraiati”, quanto meno non più di quanto lo siano gli adulti, nei quali ci specchiamo e ai quali chiediamo quindi maggior presenza e coerenza.

A volte rischiamo di essere spettatori: crediamo che l’esperienza del coronavirus ci stia però insegnando a sentirci solidali anche se distanti, a non fermarci alla superficialità del consumo dell’informazione sul social ma ad approfondire, a star dentro ai problemi, al non fermarci all’apparenza. Questo tempo di solitudine forzata ci mette in crisi ma allo stesso tempo ci aiuta a guardare con meno leggerezza e più partecipazione a quello che capita nel mondo, dal locale al globale; scopriamo così che metterci in gioco come persone ci aiuta ad entrare in sintonia con quella “tenerezza di Dio” di cui parla il Papa.

Già, la tenerezza di Dio. Quanto è faticoso trovarla in questo momento. Quanto il dolore e lo smarrimento di questi giorni sollecitano la nostra fede e fanno insorgere in noi dubbi, incomprensione, addirittura senso di abbandono e di rassegnazione… ci è davvero chiesto di metterci sulla via del Calvario, di unirci alla via Crucis; di sentirci poveri e bisognosi sulla barca dell’umanità ma insieme a Gesù che, pur dormendo, rappresenta la nostra speranza. Ecco che la tenerezza di Dio non può che passare per i (tanti) gesti di tenerezza umana che oggi scorgiamo in chi si prende cura dell’altro. Nell’impegno di medici, infermieri, operatori socio-sanitari, amministratori pubblici, tutti coloro che svolgono una professione necessaria che deve continuare per permettere che la vita quotidiana di tutti possa proseguire, ma non solo: confrontandoci ci siamo resi conto di quanto quotidianamente siamo testimoni di quell’umanità bella e feconda che sa ascoltare, accogliere, curare, attendere e sopportare. Nel mistero del male di questi giorni questa luce ci accompagna a cercare un senso a questo tempo e a continuare a seguire i passi di Gesù, che conducono sempre alla Pasqua.