Operatori di giustizia

Commento al Vangelo del 25 agosto 2019.

Gesù dolce e tenero e compassionevole. Gesù forte e chiaro e senza sconti. Il Signore combina sempre queste due dimensioni. Non vorremmo mai sentire dalla bocca di Gesù parole dure: preferiamo la sua bontà che rischiamo però di interpretare come buonismo. Lui invece non si fa problemi, e anche nelle Parole che ci rivolge oggi manifesta la sua premura verso di noi mettendoci con le spalle al muro.

Tutto parte dalla domanda di un tale, lungo il cammino: «Sono pochi quelli che si salvano?». È interessante anzitutto lasciarci provocare da questa domanda: la faremmo? Ci pensiamo ogni tanto, alla salvezza? Che cosa intendiamo con la parola ‘salvezza’?

Il Signore, come sempre, preferisce non fare teorie generali, ma rivolgere appelli appassionati. E prendendo spunto da quel tale, si rivolge a tutti (certo anche a me, oggi) invitando a sforzarsi, a lottare per entrare nella porta stretta. Frase proverbiale. La salvezza non è a buon mercato. Richiede sforzo e lotta. Perché è una cosa preziosa, e quel che vale costa!

Ma di che cosa stiamo parlando? C’è di mezzo lo sguardo autentico sulla nostra vita e su come e dove andremo a finire. Gesù ci toglie i paraocchi del qui ed ora. Vuole sì, che viviamo in pienezza qui ed ora, ma con la chiara e serena consapevolezza del compimento. C’è un tempo in cui si chiuderà la porta. C’è un tempo in cui potremo entrare definitivamente nella casa del Signore di casa e vivere definitivamente un’esperienza di famiglia meravigliosamente bella. Ma quel tempo sarà un tempo di chiarificazione di quel che stiamo vivendo adesso, e di come stiamo vivendo adesso.

«Signore, aprici!» sarà il grido di chi è rimasto fuori, di chi si accontenta di vivere con superficialità. «Abbiamo mangiato e bevuto con te, ti abbiamo ascoltato mentre predicavi nelle nostre piazze!» sarà la pretesa di chi vive un rapporto con il Signore che rimane nella formalità della partecipazione alla preghiera e alla liturgia, di chi ascolta la parola facendola entrare per un orecchio e uscire dall’altro.

Profondità di ascolto e di esperienza di giustizia, invece, propone seriamente il Signore, che prenderà definitivamente le distanze da chi ha già adesso preso le distanze da lui: gli «operatori di iniquità». Questa è la qualifica decisiva per comprendere la salvezza, adesso e per sempre. La differenza la fa il compiere la giustizia, vivere nella giustizia, cioè secondo ciò che il Padre (che ne è l’inventore) ritiene giusto. Chi è superficiale (gliene frega solo di mangiare e bere e divertirsi) e chi opera il male non è una persona ‘giusta’, cioè vera, autentica matura. Non vive da figlio. Vive da mercenario, sfruttando gli altri e sfruttando anche Dio per mettersi a posto la coscienza. Ma la coscienza è a posto solo in un vero e profondo e quotidiano dialogo con il Signore, che ci vuole condurre in un cammino di vita certo difficile, ma infinitamente più bello e consistente, nella capacità di amare e di operare per la pace, rispetto alla fugace ed illusoria felicità del lusso e del potere sugli altri.