Commento al Vangelo del 4 agosto 2019.
È riportata solo dall’evangelista Luca la breve parabola del ricco stolto. Gesù è in cammino verso Gerusalemme, con il gruppo dei suoi discepoli. Incontra gente, dà tanti insegnamenti… è una scuola itinerante. Tra gli altri, si fa sentire uno della folla, che chiede al Signore di farsi giudice tra lui e suo fratello per dividere l’eredità. Uno della folla può essere chiunque di noi. Il tema è scottante. E ci riguarda proprio tutti, ché tutti abbiamo a che fare con le eredità, o quantomeno con i beni materiali. Quotidianamente.
Gesù, come al solito, non si invischia nelle faccende private: ha fiducia in quell’uomo della folla, nella sua coscienza e nella sua capacità di decidere. Il modo di aiutarlo (e di aiutare noi) è quello di richiamare i valori fondamentali, i criteri secondo cui decidere. Ancora una volta il Signore non richiama le regole, ma l’identità della nostra persona e il progetto di vita per il quale siamo al mondo. In particolare: da cosa dipende la nostra vita? Cioè: come siamo fatti? Che cosa ci tiene sostanzialmente in vita? «Se uno sovrabbonda, la sua vita non dipende dai suoi beni», dice Gesù. Sa bene, il Signore, che noi abbiamo sempre il ‘desiderio di avere sempre di più’ (la cupidigia). È un nostro modo per trovare sicurezza, oltre che per soddisfare tanti altri desideri più o meno fondamentali. È la logica del ‘tutto per me’, dell’egoismo per il quale io sono al centro del mondo e tutto mi è dovuto.
Sa bene, il Signore, che questo desiderio di avere sempre di più può prenderci la mano e diventare la nostra preoccupazione fondamentale. Anche noi lo sappiamo. Anche noi sappiamo che non è la cosa fondamentale, eppure spesso le vicende della vita e l’immediatezza dei bisogni ci portano a dedicare tanto tempo ed energie a procurarci e a consumare tante cose per conto nostro, trascurando dimensioni altrettanto e forse più importanti della nostra persona: l’essere-per-gli-altri.
Con la parabola di quel ricco che ha avuto fortuna nel raccolto, costruisce magazzini adeguati per abbandonarsi a una vita di sazietà e divertimento, Gesù dipinge molto bene questa sfasatura antropologica, questa visione sbagliata della nostra vita e del nostro progetto, del senso del nostro stare al mondo. Una sfasatura proprio senza senso, stolta, non intelligente… che pure sembra dominare il mondo! È la sfasatura che parte e porta al ‘dividere’. La saggezza di Dio invece è quella di ‘con-dividere’
Che fare? Vogliamo essere saggi, e non stolti. E allora il nostro Signore ci invita a ricordarci che la nostra vita è più grande e profonda della vita semplicemente materiale, e che l’evento della morte individuale è il segnale della provvisorietà di questa fase dell’esistenza. Che fatica fare entrare nella quotidianità del nostro pensare noi stessi quel che oggi Paolo ci dice: «Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra» (Col 3,1). E ce lo ricorda oggi pure la pagina dello straordinario e sferzante libro di Qoelet: «Infatti, quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore, con cui si affanna sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa. Anche questo è vanità!» (Qo 2, 21-23)
Il tesoro vero è ciò che ha a che fare con Dio, vale a dire con il suo amore, con il suo stile di comunione, di generosità di servizio. Uno stile in cui al centro non c’è l’«io», ma sempre il «noi». lock