Giovani in Sicilia 2019 – 29 luglio

Arriviamo quasi puntuali a Monreale. Don Giuseppe, sempre accogliente e gentile, ci attende e ci fa parcheggiare nel cortile dell’Arcivescovado, dietro le absidi della cattedrale baciate dal sole mattutino.

La visita del duomo inizia con un tempo dedicato a lasciarci attirare, in silenzio, dai colori e dalle forme dei seimila metri quadri di mosaici bizantini che avvolgono il suo interno. L’impatto è mozzafiato. La porta centrale l’ingresso è spalancata e la luce viene raccolta e riflessa dall’oro che inonda il tempio, dicendo il mistero della salvezza e attraendo in esso.

Don Giuseppe, in modo pacato e appassionato, ci dà un po’ di chiavi di lettura per entrare di più nel dialogo salvifico che gli autori di quest’opera hanno inventato otto secoli fa, tracciando un cammino che va da occidente ad oriente, dal peccato alla grazia, dalla lontananza da Dio all’abbraccio del Figlio, dalla solitudine alla comunione dei santi. Le storie della Bibbia sono misticamente rappresentate sulle pareti e gli occhi incuriositi le seguono mentre il cuore è smosso ora alla contemplazione, ora allo stupore, ora al ringraziamento, ora al pentimento. Sembra di essere ormai dentro alla Gerusalemme celeste, adorna come una sposa, assieme al Signore risorto, che ci fa stare dentro alla storia piena di lotta con la serena fiducia di essere partecipi della sua vittoria.

Terminata la visita all’interno (non riusciamo a vivere un momento ulteriore di preghiera chè inizia un matrimonio), saliamo le strette scale e i cunicoli che ci portano sui tetti della Cattedrale: stupenda vista sulla conca di Palermo. Dentro a un solo sguardo ci sta tutta la città con le sue immense periferie, le sue bellezze e le sue contraddizioni, la sua storia infinita sotto questo cielo limpido che si appoggia sul mare blu.

Per il pranzo ci sparpagliamo nei locali di Monreale. Subito dopo si parte per Corleone. Non tutti però: un gruppo deve tornare a Segesta a recuperare un portafogli smarrito.

Ad accompagnarci è Alessandra, una giovane di Pioppo che, assieme ad altri giovani di Corleone, segue un progetto finanziato da Caritas nazionale per la valorizzazione del patrimonio tradizionale locale. Ci vuole un’oretta e mezza per arrivare a Corleone. Lasciamo le coste e ci inoltriamo nelle viscere della Sicilia, in un paesaggio sempre più dolce di montagne ricoperte di campi mietuti, trapuntati qua e là di vigneti. Si fanno chilometri senza vedere costruzioni, su una strada tortuosa e scassata che te la raccomando.

I giovani di Corleone ci accolgono e ci guidano a scoprire alcune ricchezze del paese: quasi non ne vogliono sapere di parlare di mafia. A loro interessa far conoscere la storia e la ricchezza di tradizioni della loro patria. Il progetto cui hanno aderito è in via di definizione: stanno studiando, si stanno preparando e noi siamo il primo gruppo che usufruisce del loro servizio. La chiesa di S. Agostino con il suo coretto, il museo etnografico, il museo civico, la rocca abitata dai Francescani riformati, l’antico ospedale… Certo, dopo che hai visto Monreale è difficile parlare di bellezza. Ma qui la bellezza è l’entusiasmo di questi giovani che (una di loro ce lo confida alla fine) sono arrabbiati con il sistema mafioso che ha mortificato economia e cultura della Sicilia, ma ci mettono la faccia per proporre una cosa nuova, più partecipata, più responsabile. Non gli va giù che Corleone sia conosciuta nel mondo solo per la coppola e la lupara o per qualche cognome mafioso che l’ha resa solo tristemente famosa. Qualcuno parla di una svolta in atto.

Tentiamo di prendere un cannolo a conclusione della visita, ma i locali sono chiusi. Si torna a Terrasini. Le solite operazioni lunghe di preparazione, mentre alcuni celebrano la Messa. Questa sera è l’ultima sera: la cassa comune ci concede una cena di pesce in un ristorantino sul porto…