In questa domenica il nostro programma prevede la visita di Palermo. La colazione nei soliti due bar vicini a casa, nei pressi del municipio, e poi in macchina. Si pregano le Lodi durante il viaggio. Il traffico cittadino è piuttosto scorrevole oggi. Poco prima delle dieci, non fatichiamo a trovare parcheggio nei pressi del Teatro Massimo.
Inizia Davide a far da guida, descrivendo il teatro più grande d’Italia.
Per via Maqueda ci inoltriamo verso il centro della città. Irene ci spiega l’incrocio principale, i Quattro canti, che divide i quartieri di Palermo e raccoglie in sintesi i regnanti principali, i santi e le stagioni.
Lì vicino, davanti al palazzo comunale, nella ‘piazza della vergogna’ che porta in sè lo splendore e la trascuratezza di Palermo, Francesca descrive la grande e circolare Fontana Pretoria, costruita a Firenze, smontata e qui rimontata nel XVII secolo.
La Chiesa dell’Ammiraglio e quella di S. Cataldo, piccoli gioielli di architettura arabo-normanna, sono lì dietro. Solo una sbirciata all’interno della prima, arricchito di mosaici bizantini: stanno celebrando il culto domenicale ortodosso.
Ci disperdiamo per una pausa shopping. Il ritrovo è davanti al Palazzo dei normanni, che però chiude alle 13 e non possiamo visitare. Ce lo presenta però con dovizia di particolari Stefano, mentre Francesco si concentra sulla Cappella Palatina, che tentiamo di immaginare e che speriamo di vedere un’altra volta.
Il pranzo al volo è per quasi tutti nei pressi della Porta Nuova, dove incontriamo la nostra parrocchiana Matilde con la sua famiglia.
Sotto il sole, nell’aria limpida mossa da una brezza leggera, ritorniamo verso il centro della città. Ci infiliamo incuriositi a visitare un palazzo che reca l’insegna ‘Memorial mafia’: all’interno l’incontro inatteso con Umberto Santino, fondatore del Centro Siciliano di Documentazione Impastato. È uno dei maggiori studiosi del fenomeno mafioso e della sua storia. Conversiamo un po’ con lui, che ci dedica volentieri qualche minuto e, alla fine, ci consiglia soprattutto di ‘studiare’ per affrontare la vita e la società con cognizione di causa. Lo suggeriva mamma Felicia, che negli studi aveva raggiunto solo la V elementare.
A piedi continuiamo verso San Domenico, attraversando il tradizionale mercato di Vucirria. Oggi è chiuso, ma ne sentiamo gli odori nelle stradine ombrose tra palazzi dai muri scuri e imbrattati. Sono Andrea e Luca a descriverci la piazza e la Chiesa barocca di San Domenico, ove sono sepolti personaggi famosi siciliani, tra cui Giovanni Falcone.
In pochi minuti, tra le stradine tortuose del centro, raggiungiamo gli automezzi e andiamo verso il porto. Una foto sotto l’enorme murales con i volti di Falcone e Borsellino e poi una breve visita al Foro italico, con uno sguardo sul golfo blu.
Ci resta solo via d’Amelio. Accoccolati a terra a pochi metri dall’ulivo piantato in memoria della strage del luglio ’93, ascoltiamo telefonicamente la toccante testimonianza del nostro parrocchiano Maurizio, che allora, quattordicenne, abitava a pochi metri da qui. Ci racconta del botto, del movimento, del fumo e dell’odore acre indimenticabile, della devastazione di auto e palazzi e corpi, dei volti stupiti, della sensazione di sgomento, impotenza e di sconfitta, a soli 57 giorni dalla strage di Capaci, qui in centro a Palermo. E che ci sono voluti anni per superarla, per riprendere come popolo palermitano la fiducia di poter ripartire con speranza.
Voliamo a Terrasini: celebriamo la Messa raccolti nella chiesetta delle Anime sante. Il Signore ci unisce e ci istruisce sulla preghiera e sul suo desiderio di nutrirci e rafforzarci. Lui, che sapeva di morire e non si è tirato indietro per dimostrarci amore.
Ci sta un tuffo divertente tra le alte onde del mare oggi agitato.
La cena è molto tardi e abbondante, dopo le pazienti attese per l’unica doccia.