Come quell’albergatore…

Commento al Vangelo del 14 luglio 2019.

Sempre interessante il viaggio che stiamo facendo con Gesù verso Gerusalemme. Viviamo un momento di gioia: con i settanta(due) che sono tornati contenti dalla loro prima esperienza missionaria, e con il Signore che esplode in una preghiera di ringraziamento perché ci sono delle persone (i piccoli) che accolgono la vita nuova del Regno (cf. Lc10,17-24).

In questo clima bello, un esperto di Bibbia chiede a Gesù una cosa fondamentale: cosa bisogna fare per avere la vita eterna? Proprio alla Bibbia rimanda Gesù, e il suo interlocutore cita due versetti che secondo Gesù sono proprio giusti, perché comandano l’amore integrale per Dio e per gli altri. Questo bisogna fare per vivere una vita eterna, definitiva, bella e piena.

Ma detto così è molto generico. E raccontando una storia geniale (Lc 10,25-37), Gesù ci fa stare con i piedi per terra. La conosciamo benissimo, la storia del Samaritano buono! È stata oggetto del nostro corso di esercizi spirituali all’inizio dell’ultima quaresima…

Oggi potremmo ritornare a considerare chi è questo samaritano buono, che non si fa problemi ad accostarsi ad un mezzo morto, che ha compassione, cura, ci mette del suo tempo e del suo denaro, che coinvolge il locandiere nella premura… Una figura sempre provocante, specie se ricordiamo che i samaritani erano visti malissimo dalla gente con cui Gesù parlava.

Il Samaritano Buono forse è Gesù. Il samaritano buono forse è la Chiesa.

Raccontando questa storia di inabissamento nei problemi degli altri, Gesù parla di sé: il Figlio di Dio sceso nella profondità della condizione umana mezza morta per il peccato. Il Figlio di Dio che sente nel suo cuore umano la compassione del Padre e che rinnova continuamente la decisione di prendersi cura dei figli di suo Padre. Lo ha fatto ‘nei giorni della sua vita terrena’ (Eb 5,7) parlando, accogliendo, guarendo, creando comunione, perdonando, scommettendo sulle persone, camminando senza stancarsi, condividendo passione e morte. E donando vita risorta.

Il Samaritano buono adesso è la Chiesa, Corpo mistico del Signore risorto. Vivificata dallo Spirito, la comunità dei discepoli di Gesù è il luogo in cui Lui continua ad operare: a insegnare con la sua Parola, a toccare con i Sacramenti nei quali lui abbraccia, consacra, nutre, perdona, sostiene nella sofferenza, rafforza per il servizio sponsale e ministeriale. La Chiesa intera e ogni comunità ecclesiale è il Samaritano buono. La nostra parrocchia è il Samaritano buono. O almeno deve diventarlo! O forse dobbiamo diventare come quell’umile albergatore che ha accolto quell’uomo ferito.

E anche qui abbiamo spunti interessanti per il nostro cammino comunitario missionario. Anzitutto siamo i mezzi morti risuscitati e raggiunti dal Samaritano che è Gesù… Con lui ci mettiamo in viaggio, ci sentiamo in cammino. Con lui guardiamo i mezzi morti che ci capitano sotto gli occhi lasciamo che Lui scuota il nostro cuore di compassione: sono i nostri fratelli, i nostri vicini, i poveri del quartiere, le persone con delle storie incasinate, quelli che hanno idee diverse dalle nostre… persino quelli che non ne vogliono sapere di Gesù Cristo e della Chiesa. Come quell’albergatore, non giudichiamo: decidiamo di servire gli altri senza riserve, perché nel servizio sta l’annuncio del Regno. Questo sguardo non può non ispirare anche le nostre considerazioni sui fatti e sui problemi del nostro mondo in evoluzione. E se è vero che bisogna cercare soluzioni giuste ed equilibrate per sollevare i diseredati del mondo, è altrettanto vero che in ogni caso noi cristiani dobbiamo purificare occhi e cuore e non lasciarci dominare da nient’altro che sia la compassione del Signore quando vediamo o sentiamo dire di fratelli e sorelle che sono in difficoltà.Il samaritano buono, insomma, è ciascuno di noi, discepoli del Signore. Non perché ce lo meritiamo o siamo bravi, ma perché siamo travolti dalla sua compassione che ci inquieta. Ma forse questa è una domanda che Lui ci fa oggi: «t’accorgi che sei travolto dalla mia compassione per te e per gli altri?».