Ascensione

Commento al Vangelo del 2 giugno 2019.

Che bello continuare a rivivere in questi giorni l’esperienza degli apostoli, quell’esperienza fondamentale ed entusiasmante dalla quale è nata la nostra vita di Chiesa! Ci aiutano anche oggi i pochi versetti dell’evangelista Luca (24,46-53). Gesù Risorto è rimasto quaranta giorni con i suoi. Devono essere stati giorni bellissimi, pieni di sicurezza e di gioia, pieni di ascolto e contemplazione del Maestro venuto fuori dalle grinfie della morte. Giorni di intimità: non risulta che Gesù si sia presentato in piazza a Gerusalemme… E tuttavia in quei quaranta giorni, Gesù non ha coccolato i suoi per fare la comunità felice fuori dal mondo! Senza fretta, si è occupato di rafforzarli e di istruirli ancora. Su cosa? La sintesi di Luca è interessante.

Anzitutto sul senso della morte e della risurrezione, già preannunciato dalla Scrittura. Ci ha messo un po’, Gesù, a far capire a quegli zucconi degli apostoli che lui doveva passare attraverso la tomba per mostrare il suo amore vittorioso sulla nostra morte

Eppoi Gesù insegna loro (che diventeranno i suoi testimoni) i contenuti fondamentali di quel che dovranno andare a dire in giro per il mondo: la conversione e il perdono dei peccati! La conversione significa la necessità di cambiare vita e mettersi a vivere per l’unico che ha un amore più forte della morte. Il perdono dei peccati significa la necessità di riconoscere che da soli gli uomini non sono capaci di amare, e che Dio è veramente disposto a riconciliare gli uomini a sé, pur di averli come figli e amici. Conversione e perdono. Curioso ritrovarli qui in queste parole così misurate del Signore. Non si tratta dunque di aspetti marginali della fede. Se il Signore è morto e risorto, non lo ha fatto per sport, ma proprio perché ogni persona umana aveva bisogno di cambiare vita (cambiare testa e iniziare a pensare bene) e di essere guarita.

Ancora, Gesù sa molto bene che sta lanciando i suoi amici in una avventura incredibile e umanamente impossibile. Proviamo a immaginare come si dovevano sentire, proviamo a metterci nei loro panni: un gruppetto che doveva andare in tutto il mondo: Di questo voi siete testimoni! Non lo dice, questa volta, premettendo il ‘Se volete…’. È invece molto perentorio, gioiosamente perentorio, e pare sicuro, ormai, della adesione dei suoi. Ma sa, il Signore e il Maestro, che da soli non ce la possono fare. E continua perciò a rivelare quel che loro Tre (il Padre, Lui e lo Spirito) hanno pensato: di ‘rivestirli di potenza dall’alto’, cioè di mandare lo Spirito, potenza di Dio, ad animare i loro cuori e a illuminare le loro teste in modo da poter tenere botta nella inaudita missione loro affidata.

Istruiti e incoraggiati ben bene i suoi, avviene l’ascensione: lo vedono mentre viene portato su, in cielo… L’Ascensione è un corollario della Pasqua, che segna il passaggio ad una nuova fase della storia della salvezza: l’umanità del Signore risorto è in una condizione glorificata, appartiene ormai definitivamente al mondo di Dio (il ‘cielo’). È la nostra umanità salvata, e resa da Lui degna di stare santa e immacolata al cospetto di Dio nella carità (cf. Ef 1,4) Il Figlio di Dio che si è incarnato, non dismette più i panni della nostra umanità, ma la porta su, la trasforma, la divinizza. L’Ascensione del Signore è la rivelazione della condizione di ciascuno di noi, legati a Gesù e divinizzati, fatti veramente partecipi della sua bellezza e della sua maturità e della sua piena capacità di amare!

È proprio importante imparare a pensarci alla luce della Pasqua e della Ascensione: è assurdo pensarci solamente in modo ‘terreno’, anche se la nostra percezione immediata è questa. Deve invece diventare sempre più ovvio pensarci come legati meravigliosamente alla vita di Dio Padre, ‘portati su’ da Gesù nell’abbraccio della Trinità. È proprio importante pensare alla nostra testimonianza di questa ‘antropologia’, dentro a un mondo e a una cultura che spesso vede l’umanità in modo molto povero, ridotto alla percezione superficiale ed emotiva di sé, o legato solamente alla affermazione di una libertà svuotata di valori, o schiavo delle logiche orgogliose dell’affermazione di sé e del proprio potere sugli altri.