Commento al Vangelo del 12 maggio 2019.
Poche parole il vangelo della liturgia di oggi (Gv 10,27-30), quarta domenica di pasqua, la domenica ‘del buon pastore’. Vale la pena di trascriverle tutte, di assaporarle tutte, di imprimerle nella testa e nel cuore:
«Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
Partiamo dalla fine. Gesù ci svela il mistero dell’unità fra lui e il Padre. Nel mondo di Dio, nella natura di Dio, se guardiamo come è fatto Dio scopriamo diversità di persone in una unione così profonda da poter dire di essere ‘una cosa sola’. Proviamo a pensare ai rapporti più belli che abbiamo, con le persone con le quali c’è sintonia di valori, di sentimenti, con le quali ci siamo detti tante cose, ci siamo raccontati la vita, con le quali facilmente decidiamo insieme e ci troviamo in opinioni simili… Anche in questi rapporti, dobbiamo ammetterlo, rimane sempre qualcosa di non detto, di non conosciuto. Rimangono aspetti di sensibilità diversi, modalità differenti di reagire, vissuti sempre caratteristici e personali. Ebbene, tra il Padre e Gesù non c’è distanza, non c’è diversità di opinione, non c’è differenza nel modi di porsi (se così si può dire) affettivamente davanti al mondo e alle persone… C’è una comunione piena e perfetta. Quando Gesù ne parla, avvertiamo la sicurezza, la gioia, la fierezza di questa esperienza di unità e di sintonia.
Che importa a noi se Gesù e il Padre sono una cosa sola? Ci importa sì: noi siamo creati a immagine e somiglianza di questo Dio che è comunione di persone! E scoprendo che Dio è fatto di comunione, capiamo meglio come siamo fatti noi e per che cosa siamo fatti noi. E capiamo perché ci piace così tanto l’esperienza della sintonia, del trovarci d’accordo con qualcuno, dell’avere dei progetti comuni, del condividere passione e sentimenti, valori e progetti!
Una seconda parola importante per noi dice Gesù: nessuno ci può strappare dalle sue mani, e (siccome lui e il Padre sono una cosa sola) nessuno ci può strappare dalle mani del Padre. Anche qui, pensiamo alla nostra vita. Anche se a tutti piace l’autonomia e il gestirci da soli, dobbiamo riconoscere che ci dispiace da matti la prospettiva di essere separati dalle persone che ci vogliono bene e a cui vogliamo bene. Strappare un bambino dalle mani del papà e della mamma è un delitto inammissibile. Perciò è importante sapere che Dio (che ci è Padre) ha la ferma volontà di tenerci per mano, e ce lo comunica attraverso il suo Figlio Gesù. Proprio quel Gesù che si è sentito tenuto per mano dal Padre perfino nel Getsèmani e sulla croce, ci rassicura: Dio Padre non è mai arrabbiato con noi, è sempre desideroso di vivere un rapporto vero di paternità, è sempre disposto a riallacciare questo rapporto quando noi togliamo la nostra mano dalla sua.
Che Dio Padre e il Figlio ci tengano per mano è il dono della vita eterna, di cui Gesù parla spesso. Che cosa è questa vita eterna? Non è semplicemente un succedersi indefinito di giorni e di anni, ma il pieno possesso della vita come esperienza e capacità di amare e di essere amati, come relazione di comunione indistruttibile. Questa vita eterna non è campata per aria: è la nostra esperienza quotidiana di rapporto con Dio che si intreccia con i rapporti tra di noi. Dobbiamo imparare a riconoscere che ogni esperienza di rapporto (il dialogo, il servizio reciproco, il sostegno che ci diamo reciprocamente, la condivisione e il lavoro comune, le manife-stazioni di affetto…) è espressione della vita eterna che il Padre mette già dentro di noi! Ciò che fa la qualità della vita, è l’esperienza dell’amore che viene da Dio e colora i rapporti tra di noi. Tutto il resto è relativo. Il lavoro, l’uso delle cose, l’impegno per la giustizia e la pace, il gusto dell’arte e della bellezza… tutto è in funzione di rapporti più belli, più autentici, più umani.
Per coltivare e crescere in questa ‘vita eterna’ il Padre ci offre il Figlio come guida, come pastore buono e paziente. Un pastore che ci conosce e ci svela a noi stessi. Un pastore che parla sempre e dal quale possiamo sempre ascoltare una Parola significativa per noi. Un pastore che possiamo seguire, liberamente. Mettendo i nostri passi dove li mette lui. Pensando come pensa lui. Sentendo come sente lui. Per diventare una cos Table 2