Il Risorto irrompe nella vita

Commento al Vangelo del 5 maggio 2019.

Dovremmo andare almeno una volta nella vita in quella spiaggetta del Mare di Tiberiade. Intanto che aspettiamo di andarci, godiamoci la presenza del Signore risorto in ogni Messa e impariamo a vivere l’umanità rinnovata come fermento e testimonianza nella società. Impariamo ad essere gente che accoglie tutti, anche chi vive i fallimenti.

Impariamo ad essere gente che ascolta e cerca con il dialogo il bene e il giusto.

Impariamo ad essere gente che condivide il pane e le ricchezze personali. Impariamo ad essere gente di comunione, gente che si vuole bene, superando le logiche di egoismo e di morte che aleggiano continuamente e anzi si diffondono in modo preoccupante nel sentire della nostra società.

Che è successo, infatti, quella volta sul lago? Abbiamo meditato molte volte questo racconto della terza apparizione di Gesù risorto ai suoi discepoli (Gv 21,1-19). Un incontro straordinariamente bello, nel quale, ancora una volta, ci sentiamo coinvolti.

Perché Gesù risorto entra nella nostra vita fallimentare, ci raggiunge sempre, anche quando e soprattutto quando le nostre cose non funzionano. I sette discepoli, pur pescatori di mestiere, non presero nulla quella notte. E Gesù, delicatamente, da lontano, dopo averli aiutati a prendere atto del loro fallimento («Avete qualcosa da mangiare?») non li abbandona. Sembra quasi l’atto penitenziale della Messa, durante il quale ammettiamo davanti a Lui le nostre mancanze d’amore: non siamo capaci da soli di prendere e donare amore.

Perché Gesù risorto ci rivolge sempre la sua Parola esperta e autorevole. Quella volta ha detto ai suoi: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete!». Sempre il Signore ci dice quel che dobbiamo fare per avere una vita fruttuosa.  Ci parla quando leggiamo il vangelo (lo leggiamo?), quando ascoltiamo nel silenzio del nostro cuore la voce dello Spirito (ci fermiamo in silenzio?), quando chiediamo consiglio a qualche persona buna che ci vuole bene (lo chiediamo?), quando cerchiamo di interpretare i fatti che avvengono nella nostra vita assieme a Lui (abbiamo uno sguardo di discernimento?)… Sembra quasi la liturgia della Parola della Messa, durante la quale ascoltiamo con abbondanza le Scritture e la loro spiegazione nell’omelia, per decidere che fare durante la settimana.

Perché Gesù risorto ci fa fare sempre l’esperienza di portare frutto quando scommettiamo sulla sua Parola. Quante cose buone facciamo e diciamo, magari piccolissime, durante le nostre giornate e nei nostri rapporti in famiglia, o con gli amici, o al lavoro. Quanta ricchezza c’è nella nostra rete, nella nostra persona, nelle nostre giornate. Gesù allora ha chiesto di portare un po’ del pesce pescato. Di per sé non ne aveva bisogno, ma a lui piace valorizzare i suoi amici e il loro lavoro. Sembra quasi l’offertorio della Messa, durante il quale portiamo all’altare il pane e il vino che sono frutto della terra e della vite, ma anche del lavoro dell’uomo. E portiamo anche un po’ delle cose che abbiamo, per condividerle. Queste cose contengono in sé l’offerta di tutta la nostra persona.

Perché Gesù risorto ha già preparato per noi con grande premura l’alimento essenziale per la nostra vita. Quella volta, sulla spiaggia, aveva acceso un fuoco e cotto un po’ di pane e di pesce: è il segno dell’Eucaristia, cioè del dono di sé stesso. Il Risorto non si limita a donarci delle cose. Gli interessa donarsi personalmente, farci vivere di lui, in lui e per lui. Quell’intimità vissuta dai sette nostri amici sulla spiaggia, è offerta continuamente anche a ciascuno di noi, nel momento della comunione della Messa e in ogni tempo della nostra giornata. Perché lui è risorto. Perché lui c’è. Sempre. Ed è a nostra disposizione.

Perché Gesù ci chiede (come a Pietro quella volta) se davvero lo amiamo. O se almeno gli vogliamo bene. È stupefacente questo umile desiderio di Gesù (e con lui del Padre e dello Spirito) di essere amato. Partissimo dal desiderio del Signore, invece che dal nostro… Tutti, credo, abbiamo sperimentato il desiderio di essere amati da qualche persona particolare, e ci siamo stati male se proprio quella persona non corrispondeva al nostro amore e al nostro affetto… Quando nella Messa riceviamo l’Eucaristia, nell’Amen che pronunciamo c’è tutta l’espressione del nostro sì, del nostro «tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene».