Il Re e il procuratore

Venerdì Santo 2019.
Via Crucis per le vie del Quartiere.

Introduzione

Ci ritroviamo anche quest’anno, la sera del venerdì santo, per stare con il Signore per le vie del nostro quartiere. Perché sono le vie del suo quartiere. Perché il suo amore regale è per tutti noi qui presenti e per tutti quelli che abitano in queste nostre case. Perché lui è il re di tutti. Lo è e insieme desidera diventarlo. Dichiara la sua regalità dalla croce. Si rende affidabile così, lasciandosi coronare di spine e schiaffeggiare. Lasciandosi umiliare.

Lo vogliamo dire a tutti. Vogliamo che questo gesto umile e semplice di camminare per le nostre vie parlando di lui e pensando a lui sia l’espressione della supplica che Dio ci ha rivolto all’inizio della Quaresima e che ora passa attraverso le nostre persone per tentare di arrivare a tutti: «vi supplichiamo, in nome di Cristo, lasciatevi riconciliare con Dio!».

Camminare per le vie del quartiere per vivere la via crucis… significa un’altra cosa: che il Figlio di Dio fatto uomo ha preso sulle sue spalle e nel suo cuore le nostre croci. Significa che vuole incontrarci proprio qui, dove noi amiamo, lavoriamo… e anche soffriamo. Queste vie sono la sua via. In queste vie lui continua a passare per raccogliere tutti.

Anche a costo di essere rifiutato, deriso e schiaffeggiato. Pure questa sera Gesù è pronto a questo. È pronto al malinteso e al fraintendimento. È pronto ad essere rinnegato e tradito.

La nostra via Crucis è dunque un momento di evangelizzazione. Con il metodo di Gesù. Che non è quello di imporsi, ma quello di amare semplicemente. Non è quello di rivendicare i suoi diritti, ma di essere rivelatore della verità che per noi è la vita.

Mediteremo nelle sette tappe un tratto della passione secondo Giovanni, il discepolo amato. Si tratta del cuore del racconto, su cui l’evangelista si dilunga molto: l’incontro di Gesù con Pilato, il procuratore romano che lo ha consegnato perché fosse crocifisso.

E nel cuore del cuore di questo racconto ci sta la manifestazione più profonda della identità di Gesù: è il momento in cui viene rivestito di porpora e salutato come il re dai soldati…

Accompagniamo dunque il nostro re, fieri di essere con lui, onorati di essere suoi discepoli, di essere ‘dalla’ sua verità, di esistere secondo il suo stile di vita.

In ogni tappa, dopo aver ascoltato il Vangelo e una breve riflessione, cammineremo in silenzio, contemplando interiormente la regalità di Gesù su di noi.

Prima tappa. Pilato e i Giudei. Primo dialogo

Gv 18,28-32

28Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. 29Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest’uomo?». 30Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo consegnato». 31Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». 32Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.

Signore, sei stato arrestato nel giardino, sei stato portato dal sommo sacerdote Anna dove ti sei preso uno schiaffo, mentre Pietro, là fuori, per tre volte negava di conoscerti. Sicuramente l’hai sentito… E ora i giudei ti hanno portato nel pretorio, dal governatore romano Pilato.

Sei lì in mezzo. Tra Pilato, che entra ed esce dal pretorio, e i giudei che se ne stanno fuori: non si vogliono contaminare entrando in casa di un romano non circonciso. Sembri in balìa delle loro mani, delle loro teste e dei loro cuori. I giudei non ne possono più di te e delle tue pretese di rivelare il Padre e di essere uguale al Padre. Pilato non vede l’ora di strigarsi questo problema.

Loro pieni d’invidia, lui pieno di stizza. Loro non possono mettere a morte nessuno. Se potessero farlo, ti ammazzerebbero a sassate, secondo la loro usanza. Ma tu avevi misteriosamente detto che saresti morto in un altro modo, in modo che tutti ti avrebbero visto, perché saresti stato visto dal basso. «E quando io sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32). Solo i romani giustiziavano inchiodando e innalzando sulla croce… 

È mattino, ci ricorda il tuo evangelista Giovanni. È mattino come quando, risorto, ti sei mostrato sulla riva del lago. Vogliamo stare dentro a questo mattino, a questo giorno nuovo che tu fai iniziare. Perché tu sei il sole che sorge. E che illumina sempre più. In questa giornata di passione, splenderà la tua gloria quando sarai in alto sulla croce, come il sole quando è alto nel cielo, a mezzogiorno…

Seconda tappa. Pilato e Gesù. La regalità di Cristo

Gv 18,33-38a

33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». 38Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?».

Che fatica, Gesù buono. Che pazienza. Che coraggio… Ti sei messo a dialogare con Pilato e ne hai approfittato anche di quel momento per rivelarti e rivelare il Padre e la regalità che Lui ci dona in te. Pilato cerca di stare a tu per tu con te. Cerca di indagare, cerca di capire.

Sei tu il re dei giudei? A Pilato non gliene frega niente delle questioni religiose. Gli importa solo che non sia minacciato il potere dell’Imperatore che lui è lì a rappresentare e difendere. Tiberio. Quella domanda, sulla sua bocca e ne suo cervello, ha solo un significato politico. E basta. Poverino: a pensare qualcosa di più profondo, per ora, non ci arriva.

Ma tu lo provochi dicendogli: «nella tua testa di funzionario romano, questo essere re significa la stessa cosa che per i giudei?». Pilato non sa bene che i giudei aspettano un messia che deve ristabilire il regno di Davide: un regno terreno profondamente intriso di significato religioso…

Ma nella tua testa, Signore, essere re è tutta un’altra cosa. Grazie, perchè ce lo spieghi, e con pazienza ce lo ripeti. Ci spieghi che il tuo regno non viene da questo mondo. Non sei eletto democraticamente. Non vuoi organizzare un regno terreno, non ti interessa essere a capo di un esercito, né di presiedere un governo o un parlamento… Il tuo potere non deriva dal basso, dalle logiche umane.

Che cos’è allora la tua regalità? Perché dobbiamo riconoscerti come re? In che senso, Signore, vuoi ‘governare’ la nostra vita e la vita del mondo? In che modo?

Beh, Signore, non è che ti fai capire proprio subito… le parole misteriose non ti mancano… tu dici a Pilato: «sono venuto nel mondo per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

La verità di cui parli, ci pare di capire, non è quella scientifica, o filosofica.

La verità di cui parli è quel che pensa Dio, tuo Padre: il suo disegno, il suo progetto sul mondo, su tutti noi, su di me… La verità che tu ci comunichi è che Dio è Padre non solo tuo, ma anche di tutti noi. E che se noi stiamo uniti a te, tu ci conduci da lui, ci fai abbracciare da lui. E che se noi siamo abbracciati da Lui, vuol dire che ci tratta da figli…

Ecco perché sei re, perché sei l’unico che sa questo progetto sulla storia, l’unico che conduce la storia degli uomini e delle donne di ogni tempo alla esperienza della paternità di Dio.

Vogliamo essere dalla verità. È troppo bello e importante vivere da figli del Padre che è nei cieli, adesso e per sempre. Vogliamo accogliere questa tua testimonianza. Vogliamo che la tua parola ci illumini interiormente, che guidi i nostri pensieri e le nostre azioni. Vogliamo sottometterci a te, pastore buono: perché la tua proposta di vita è eccezionale. Non ce ne sono altre così belle, e vere e profonde, e felici.

Terza tappa. Pilato e i Giudei. Barabba

Gv 18,38b-40

E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. 39Vi è tra voi l’usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». 40Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.

Pilato torna fuori, Signore. Discute di te con i Giudei. Tu, che sei la Verità, lasci che questa gente decida di te. Pilato non ti ha capito. Ma qualcosa ha capito: che tu non sei un tipo pericoloso per l’imperatore romano, né per lui. Chissà cosa pensa in realtà di te. Chissà se ti disprezza o semplicemente ti vede con sufficienza e superficialità, non vedendo l’ora che questa storia finisca.

Ma attraverso questa sua iniziativa s’avvicina la rivelazione della cosa più importante della tua passione.

Bisogna che si attui prima un confronto, di per sè umiliante per te. Sei messo sullo stesso piano di Barabba. Anzi, non proprio sullo stesso piano, perché i Giudei ti hanno considerato più in basso di Barabba, questo tizio che era stato messo in prigione per sommossa e omicidio (Lc 23,19), questo prigioniero famoso (Mt 27,16), questo sedizioso (Mc 15,7), questo brigante. Forse non semplicemente un ladro. Probabilmente uno zelota che cercava di cacciar via i Romani, un ribelle pseudomessianico.

Lo preferiscono a te. Che contrasto: tu, il messia vero, rifiutato. L’altro, un bandito che magari si spacciava per messia, scelto dalla gente.

Che stranezza! Che tristezza! Sembra impossibile… 

Eppure, se pensiamo, Signore, alla nostra vita, e alla vita del mondo, dobbiamo ammettere che questa stranezza continua. Sembra impossibile, ma preferiamo gli idoli del denaro, del potere e del successo. Abbiamo più soggezione dei potenti di questo mondo che di te. Ci sottomettiamo alle mode più che a te e al tuo stile di vita. Preferiamo le comodità e le falsità che ci permettono una vita facile. Preferiamo una salvezza dentro a questo mondo, piuttosto che aprici alla vita definitiva. Scegliamo, in fondo, noi stessi, ritenendo che possiamo ‘salvarci’ da soli e che non abbiamo bisogno di te (tranne che qualche rara volta)… Preferiamo in nostri piccoli Barabba a te.

Che stranezza. Che tristezza!

Quarta tappa. L’incoronazione

Gv 19,1-3

1 Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. 2E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. 3Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi. 

Certo che il tuo evangelista Giovanni non mancava di ironia. E neppure tu, Signore. Al cuore del racconto del tuo incontro con Pilato ci sta la tua intronizzazione come re. Il rito della tua incoronazione non ha proprio nulla a che vedere con quello dei re della terra. Qui la cerimonia inizia con le frustate e finisce con gli schiaffi. Di solito ci sono parate e processioni, e cori e discorsi ufficiali e applausi… Per te frustate e schiaffi, dolore lancinante sul tuo corpo e umiliazione del tuo viso, tu che sei il più bello tra i figli dell’uomo (Sal 44). Accetti la corona, ma la vuoi di spine. Accetti la porpora regale, anche se ti viene messa addosso per scherno.

Perché Signore? Perché?! Facciamo fatica a capire. Anche se da tanti anni abbiamo sentito questa storia e anche se tante volte abbiamo vediamo le immagini con le quali ci raffiguriamo questa tua storia, facciamo fatica a capire.

Forse, mostrarti re in questo modo ha proprio a che fare con la qualità del tuo amore. E non lo capiamo perché non abbiamo capito l’amore. Non abbiamo capito che l’amore non domina mai, non violenta mai. Non abbiamo capito che regnare è servire. Non abbiamo capito che se tu ci guardassi dall’alto di un trono alla maniera dei potenti, noi avremmo troppa paura di te, avremmo il dubbio sulla tua benevolenza, dovremmo cercare di conquistare il tuo favore. Molti di noi non si sentirebbero all’altezza. Tutti noi ci sentiremmo schiavi…

Non abbiamo capito che non ti vuoi mettere in competizione con Pilato, con Tiberio, con quelli che sono considerati i grandi del mondo. Non ci sarebbe storia. Non c’è storia: nessuno ti batte nell’unico potere che dura e che è quello del dare la vita, del promuovere l’altro senza mai schiacciarlo, del mettersi al servizio perché l’altro abbia dignità e gioia.

E poi forse c’è un altra cosa che tu pensavi in quel momento: solo un re frustato e schiaffeggiato poteva farsi sentire vicino a quelli di noi che sono maltrattati e umiliati. E ce ne sono tanti, proprio tanti dei nostri fratelli messi così…

Vogliamo imparare, vogliamo capire, vogliamo imitare, Signore, questo tuo potere rivoluzionario. Lo vuoi anche tu, e quindi possiamo camminare insieme: tu il nostro re, noi i tuoi sudditi che si sentono trattati sempre bene da te. 

Quinta tappa. Pilato e i Giudei. Ecco l’uomo

Gv 19,4-7

4Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». 5Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!». 

6Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». 7Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».

Erano proprio importanti la corona di spine e il mantello di porpora. Il tuo evangelista Giovanni se lo ricordava bene. Doveva averti visto, almeno da lontano, con questi segni della tua regalità addosso… 

E Pilato? Aveva già detto una volta ai suoi nemici, i Giudei, che non vedeva in te nessuna colpa. Ora lo ripete. E lo ripete una terza volta… ma questo non basta per sistemare bene le cose. Riconoscere la tua innocenza per lui non è il fatto decisivo. È più importante sistemare politicamente le cose. È più importante la convenienza nel difficile governo della città di Gerusalemme. È più importante tenersi in qualche modo buoni ‘sti Giudei.

In fondo, chi sei per lui?! Un nazareno che è venuto a rompere le scatole a Gerusalemme, un uomo mezzo matto che tratta tutti bene e che crede che tutti gli uomini siano buoni. Per Pilato, tu sei una seccatura, e così ti presenta ai Giudei, pensando che la loro preoccupazione è esagerata rispetto a quel che (ai suoi occhi) vali veramente, cioè poco…

Ma, anche qui, sei pieno di ironia, Signore: quell’Ecce Homo esce dalla bocca di Pilato con un senso enormemente più profondo. Il povero governatore romano si trova a collaborare con il Padre per presentarti a noi in un tratto essenziale del tuo essere per noi: tu sei l’Uomo, con la ‘u’ maiuscola. Chi vuol vedere come è fatto autenticamente un uomo, deve guardare te, vero Dio e uomo vero. Sei Uomo pienamente realizzato: nella tua umanità ci fai vedere l’immagine e la somiglianza che tu stesso, con il Padre tuo e lo Spirito, avevi impresso ad Adamo ed Eva. Chi vuol essere una persona umana matura, deve imparare da te. Chi vuol essere una persona capace di amare veramente, dev’essere in comunione con te. Chi vuol essere autenticamente libero, deve specchiarsi in te… 

Che scherzo hai fatto a Pilato. Voleva dileggiarti, ma ha professato la fede nella tua incarnazione. O almeno ha inventato le parole perché noi potessimo professarla, questa fede. E riconoscere il regalo inimmaginabile della tua intima unione con ciascuno di noi.

Ecco l’uomo… due paroline che vogliamo imparare a dire sempre, riconoscendoti presente in ognuno di noi, in ognuno dei nostri fratelli. Ecco l’uomo quando vediamo in nostri famigliari e i nostri amici. È facile. Ecco l’uomo quando vediamo i nostri vicini di casa, i nostri colleghi di lavoro. È meno facile. Ecco l’uomo quando un povero bussa alla porta o al finestrino dell’auto. Ecco l’uomo quando pensiamo ai poveri del mondo, ai fratelli sfruttati ed emarginati anche da noi. Ecco l’uomo indipendentemente dal colore della pelle, dalle tradizioni, dalla cultura… È talvolta difficilissimo…

Sesta tappa. Pilato e Gesù. Il potere dall’alto

Gv 19,8-11

8All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. 9Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. 10Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». 11Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».

Povero Pilato… tutto è cominciato come un processo politico, in termini e modi che gli erano congeniali e che pensava di poter padroneggiare bene… Tu Gesù sai di essere davanti davanti a un uomo abituato al potere, uno con la fiducia dell’Imperatore di Roma, tanto da essere messo in una delle zone più ‘calde’ dell’impero.

Eppure qualcosa inizia a traballare. Qualcosa gli fa spuntare la paura. C’è qualcosa che non riesce a capire, che non riesce a dominare, quando i Giudei gli parlano di religione, di te che ti presenti come il Figlio di Dio, di una legge che difende Dio da chi si vuol fare come lui… Chissà con quanta compassione hai guardato quest’uomo che ne capiva sì di politica, ma non capiva proprio nulla di te, di fede, di Dio. E tu lo hai lasciato un po’ nel suo brodo, tacendo quando ti ha chiesto ‘Di dove sei tu?’.

Già… di dove sei, Signore? Capiamo la fatica di chi ti ha visto nascere e crescere a Nazaret, di chi ti ha visto ‘normale’ e pienamente e veramente uomo. Anche la tua madre non ha capito quella tua frase sull’occuparti delle cose del Padre tuo… E Pilato non ci capisce niente. E forse anche noi, come Pilato, rimaniamo in superficie. Forse non ce lo chiediamo neanche, di dove sei. Lo diamo per scontato, e continuiamo a pensarti (e a pensarvi, tu e il Padre e lo Spirito) in modo molto approssimativo, molto generico.

Solo tu lo sai, di dove sei. Solo tu puoi svelarcelo. E ce lo hai svelato: ci hai detto che vieni dal Padre, che sei rivolto sempre verso il Padre. Ci hai fatto capire che il tuo “luogo” è il Padre.

Ma, in questo momento, a Pilato non rispondi proprio nulla. Rimani in un silenzio misterioso. Un silenzio che per noi sarebbe stato difficilissimo, chiacchieroni come siamo, sempre pronti a giustificarci e a controbattere quando qualcuno ci minaccia… Il tuo silenzio è una espressione infinita di dominio di te, di libertà tutta protesa verso l’affermazione del bene, cioè del progetto d’amore del Padre… Non è Pilato a condurre le cose. E sei tu a farglielo capire: Pilato non avrebbe nessun potere se non gli fosse dato dall’alto, dal Padre. È il Padre in realtà a condurre le danze, a fare il regista dello spettacolo della croce e della risurrezione. E lo fa intrecciando la sua opera con quella degli attori umani, ai quali viene suggerito o permesso di fare qualcosa. Anche a Pilato capita così. Crede di aver in mano tutto lui. In realtà è uno strumento del Padre, che permette che tu sia arrestato e crocifisso per mostrare nel tuo volto la sua infinita misericordia…

Settima tappa. Pilato e i giudei. Il Re crocifisso

Gv 19,12-16a

12Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». 13Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. 14Era la Parasceve della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». 15Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». 16aAllora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.

A commento di quest’ultima parte del racconto, ascoltiamo una pagina dal romanzo ‘Il Maestro e Margherita, di Mikhail Bulgakov… che descrive il tormento del procuratore romano Pilato … Dopo il processo siamo nel momento della pronuncia della condanna, in un dialogo tra sommo sacerdote Caifa e il procuratore…

«… Tutto era finito, e non rimaneva più nulla da dire. Il Nazareno se ne andava per sempre, e non c’era più nessuno che potesse guarire il procuratore dai suoi dolori tremendi, contro i quali non esistevano mezzi all’infuori della morte. Ma ora Pilato fu colpito da un altro pensiero. La stessa incomprensibile angoscia che si era già impadronita di lui sul balcone, penetrava tutto il suo essere. Tentò subito di capirne il motivo, ma la spiegazione era strana: al procuratore sembrò vagamente di non aver detto tutto il necessario al condannato, o forse di non averlo ascoltato fino in fondo.

Pilato scacciò questo pensiero, ed esso svanì in un istante, così com’era venuto. Sparì, e l’angoscia restò inspiegata, poiché non riuscì a spiegarla un altro breve pensiero, balenato e spentosi come un lampo: «L’immortalità… è arrivata l’immortalità…»

Era arrivata l’immortalità per chi? Questo il procuratore non lo capí, ma il pensiero di questa misteriosa immortalità gli fece gelare il sangue sotto il solleone.

– Bene, – disse Pilato, – cosí sia».

Preghiera conclusiva

Vedendoti condannato ingiustamente e ammazzato in un modo vile, ti chiediamo perdono, Signore.

Riconosciamo che ti sei preso addosso anche il nostro peccato: la nostra mancanza di amore, di onestà, di carità.

Siamo superficiali, poco attenti a te e ai fratelli.

Siamo schiavi dell’orgoglio e del potere.

Se le cose vanno male in questo nostro quartiere e in questa nostra città, riconosciamo che è anche colpa nostra: non amiamo abbastanza, non testimoniamo abbastanza…

Se noi fossimo come tu ci vuoi, anche chi non ti conosce ne sarebbe arricchito.

Ma siamo qui anche per dirti che crediamo, Signore. Tu aumenta la nostra fede.

Crediamo, Signore, che la morte non ha potuto trattenere la tua persona immortale e che il terzo giorno sei risuscitato dai morti.

Crediamo che il nostro peccato non può fermare l’amore del Padre, e la sua vita che scorre abbondante in te, crocifisso e risorto.

Crediamo che la tua vita sta tenendo in vita noi e il mondo. Oggi.

Crediamo che tu hai stima di noi, ci aiuti a vivere con te le nostre gioie, ad offrire con te le nostre sofferenze.

Crediamo che possiamo anche noi, con te, seminare giustizia e misericordia.

Padre nostro… e Benedizione.