Mons. Massimo Manservigi
(Appunti non rivisti)
14 marzo
Il buon Samaritano (Lc 10,29-37)
29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». 30Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto.31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: «Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno». 36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». 37Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
Dal gioco di domande tra Gesù e il dottore della legge viene fuori ad un tratto l’esempio raccontato da Gesù. La questione pareva conclusa («Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai»), ma si riapre sul tema della definizione del prossimo!
Alla domanda del dottore della legge («chi è il mio prossimo») corrisponde un’altra domanda di Gesù, al termine del racconto («chi ti sembra sia stato prossimo di colui…»): vi sembra la stessa domanda?
L’esempio di Gesù riguarda un samaritano: per i giudei i samaritani erano gentaglia disprezzata.
Le interpretazioni della parabola sono state svariate nella storia.
Dobbiamo interpretarla nel contesto in cui la mette Luca. Tenendo presente che le domande sul ‘prossimo’ non sono interne alla parabola, ma ne sono come la cornice.
La parabola non ha il linguaggio di Luca. È di origine antica, di area palestinese.
Perché si pone la domanda ‘chi è il mio prossimo’? Era un tema dibattuto ai tempi di Gesù. Ci si chiedeva come ci si doveva comportare con gli altri, e anche chi erano gli altri con cui rapportarsi secondo la legge.
Il ‘prossimo’ era colui che appartiene all’alleanza (giudeo e osserva la legge).
Come dire: tratto bene per strada quelli che osservano il codice della strada. Faccio il bene a chi fa il bene. Rispetto le regole con chi rispetta le regole.
Non erano compresi tutti gli altri: i pagani, i samaritani, i nemici personali…
Per alcune comunità particolari (ad esempio gli Esseni di Qumran) il prossimo erano i ‘figli della luce’.
C’era dunque un limite al numero delle persone da amare.
Se Gesù avesse fatto un elenco di categorie, avrebbe aderito al criterio usato.
Ma Gesù non fa mai elenchi di categorie, specialmente non usa il criterio di ‘fare per Dio’: non divide le persone tra chi fa qualcosa per Dio e chi non lo fa. Sarebbe una divisione molto pericolosa: chi pensa di poter fare qualcosa per Dio, deve scegliere dei compagni che dicano che cosa bisogna fare per Dio, e sono pronti a farlo. È una logica settaria, incomprensibile per Gesù.
Anche a noi, quando pensiamo di fare qualcosa che riteniamo indispensabile per il progetto di Dio, rischiamo di cadere nel settarismo…
Gesù non pone la domanda: che cosa posso fare per Dio?
Piuttosto, pone l’attenzione su quel che Dio fa per gli uomini! Il primo ‘fare’ è quello di Dio!
La Chiesa non è l’insieme delle persone che fanno le cose per Dio, ma delle persone che anzitutto contemplano quel che Dio fa per loro e poi si mettono alla sua sequela!
Lc 18,18-30: il giovane ricco fa la stessa domanda del dottore della legge (che cosa posso fare per avere la vita eterna?’).
La stessa domanda è all’inizio e alla fine del viaggio di Gesù: il viaggio è esperienza che approfondisce l’insegnamento del buon samaritano. E per fare quel che fa il samaritano bisogna lasciare tutto e seguire Gesù sulla croce!
Il brano è preceduto dalla parabola del pubblicano e del fariseo (18,9-14). Il fariseo presenta nella preghiera le cose che ha fatto per Dio, sentendosi superiore agli altri, visti quasi come dei nemici. Pensa di essere giusto davanti a Dio perché fa qualcosa per lui. E fare qualcosa per Dio porta ad arrogarsi il diritto di giudicare gli altri! È concentrato su di sè e non su Dio. La preghiera è un fatto commerciale. La misericordia non esiste.
Il pubblicano semplicemente si batte il petto e chiede perdono. Riconosce uno spazio in cui Dio può operare nella sua vita incasinata. Chiede a Dio di chinarsi verso di lui per cambiare la sua vita (‘Abbi pietà di me’). Sa che solo Dio può cambiare la sua vita! Permette a Dio di fare Dio!
Il buon samaritano
L’uomo incappato nei briganti è un uomo in urgente bisogno di aiuto: non è definito precisamente. Gesù conosceva quel percorso desertico di 27 km, con u migliaio di metri di dislivello… e forse ha raccontato la parabola proprio salendo a Gerusalemme.
Entrano in scena due personaggi, entrambi addetti al culto del tempio. Stavano tornando da Gerusalemme a Gerico (mentre Gesù sta salendo…), terminato il loro servizio al tempio. Hanno fatto il loro servizio e concepiscono il prossimo secondo le categorie di cui sopra. Non c’è unità in loro tra culto e vita.
Certamente sono figure che risultano negative. Non tanto perché sono cattive: piuttosto perché secondo il Talmud il sangue e la morte contaminavano e rendevano impuri. E loro erano appena stati a compiere il culto nel tempio! Non intervengono perché sarebbe stata compromessa la loro purità rituale.
Gesù non ce l’ha solo con i sacerdoti e i leviti: guarda negli occhi anche il dottore della legge con la sua mentalità legalista!
Probabilmente gli ascoltatori avrebbero apprezzato che Gesù tirasse fuori una terza categoria, contrapposta ai sacerdoti e leviti rappresentanti del potere: la categoria dei giovani osservanti laici, sui quali si riponeva speranza… Ma Gesù non lo fa! Mette in campo un personaggio completamente inatteso: l’ultimo personaggio è il samaritano! Il soggetto che Gesù mette al centro è chi è considerato un nemico! Il protagonista del problema sul prossimo è il nemico…
In questo modo scontenta tutti! Il dottore della legge, i discepoli, il popolo… Gesù è totalmente impopolare perché ammazza qualsiasi categorizzazione delle persone in gruppi pro e gruppi contro.
Tutto questo ha a che fare con l’esperienza della croce: che può fare un crocifisso per l’umanità?! Tanto è vero che storicamente se ne sono andati tutti… Gesù mette al centro l’antiaggregativo!
Punti
Normalmente, pensando alla mia vita, chi è il mio prossimo?
Quale rapporto sto vivendo tra la preghiera e la vita, tra il culto a Dio e i miei comportamenti verso gli altri?
Condivisione
Il Samaritano si è fermato perchè ha riconosciuto che chi era per terra era uno me lui, e valeva la pensa spendersi per lui…
Da Adamo nudo all’uomo rivestito… vedo il mio cammino di fede dietro a Gesù spogliato di tutto…
Solo stasera ho capito cosa vuol dire amare il prossimo, come il samaritano, che non solo fa qualcosa, ma coinvolge anche gli altri ed è disposto a fare di più.
Dio ama l’uomo così com’è, e questo mi consola…
Ho capito che sono io a dovermi fare vicino agli altri. Siamo noi il prossimo degli altri.
Ho provato a pensare come si è sentito il samaritano dopo che ha lasciato la locanda… non era più come prima. Anche noi, quando ci mettiamo in rapporto con qualcuno, non rimaniamo uguali a prima.
Qual è il confine tra il giusto coinvolgimento degli altri nel fare il bene e la delega?
Basterebbe così poco per farsi prossimo e smetterla di giudicare gli altri! Dio ci fa sentire sempre importanti.
L’eternità nell’oggi! Che cosa ‘rimane’ della giornata di oggi? Dobbiamo chiedercelo ogni sera nel nostro esame di coscienza.
Scegliere di entrare in relazione con qualcuno, disposti a sporcarci le mani, rischiando a livello personale: questo ci fa cambiare, ci dà la possibilità di scoprire noi stessi e l’altro, anche in proporzione a quello che noi siamo, alle nostre possibilità e ai nostri talenti.
‘Come te stesso’: bisogna anzitutto comprendere il valore che Dio dà alla nostra persona.